È finita la pacchia della pubblicità legale per l’editoria di carta. Il “regalo di Stato” da 45 milioni di euro all’anno ai giornali cartacei è stato finalmente abolito dal governo. Ecco come e perché.
CHE COSA HA DECISO IL GOVERNO SULLA PUBBLICITÀ LEGALE AI GIORNALI DI CARTA
Il governo ha confermato il no alla proroga della “pubblicità legale” (bandi per gare d’appalto delle pubbliche amministrazioni) sui giornali. Nel testo del decreto legge Milleproroghe approvato dal consiglio dei ministri e attualmente all’esame delle commissioni competenti della Camera non è prevista la proroga per il 2024 dell’obbligo per le stazioni appaltanti di pubblicare gli estratti dei bandi di gara sui quotidiani (due nazionali, uno locale).
Una norma che, prorogata di anno in anno, assicura certamente una boccata d’ossigeno ai conti del settore dell’editoria che sta attraversando una fase delicata di trasformazione (circa 45 milioni di euro nel 2023, pari al 12% degli introiti pubblicitari, secondo la Federazione dei concessionari di pubblicità) ma che, sottolinea la Fieg, risponde anche a una funzione sociale, sottolinea oggi il Corriere della sera.
LE LAMENTELE E LE RICHIESTE DELLA FEDERAZIONE DEI GIORNALI
«Non pubblicare più i bandi degli appalti sui giornali significherebbe impedire ai cittadini la possibilità di controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche. Qualora il governo e le forze politiche — si legge nella nota della Federazione di qualche giorno fa — non dessero seguito alla proposta di diversi parlamentari di Fratelli d’Italia e di Forza Italia di prorogare l’obbligo di pubblicazione sulla stampa dei bandi di gara assisteremmo ad una vittoria di coloro che vogliono ridurre la trasparenza sugli appalti; nella poca trasparenza crescono e si moltiplicano inefficienza e malaffare».
LA MOSSA DI MELONI E SALVINI
Aspettative deluse da parte del governo. Infatti nella riunione di maggioranza dove sono state esaminate le proposte di modifica al Milleproroghe il ministero delle Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini, ha dato parere negativo sugli emendamenti di proroga della pubblicità legale, e sulla stessa posizione si è allineata anche la presidenza del Consiglio. Motivo: la riforma del codice degli appalti, voluta dallo stesso Salvini, prevede che dal primo gennaio 2024 i bandi vadano obbligatoriamente inseriti in una Banca dati nazionale dei contratti pubblici gestita dall’Anac, l’autorità anticorruzione.
IL RUOLO DELL’ANAC E GLI STREPITII DI MILANO FINANZA (GRUPPO CLASS EDITORI)
Ma proprio sull’Anac si iniziano ad appuntare le attenzioni dei giornali che vedono sfumare il salutare regalo di Stato che per anni è stata una panacea per i bilanci asfittici dell’editoria di carta. Guarda caso oggi il quotidiano Mf/Milano Finanza (del gruppo Class editori con i conti molti in bilico e tenuti a galla grazie anche ai mutui delle grandi banche) si è speso in una sottolinea critica alla mossa del governo. Emblematico – da pelo nell’uovo, vista la novità appena introdotta – la titolazione di un articolo del quotidiano fondato da Paolo Panerai e diretto da Roberto Sommella: “Anac, il sito degli appalti funziona male: la pagina che ospita i bandi dà problemi. Il presidente Busia ammette le molte difficoltà di accesso alla documentazione sulla piattaforma per la pubblicità legale che sostituisce quella sui giornali: link scaduti, niente collegamenti, lungaggini”.
D’altronde, i quotidiani economico-finanziari saranno i più colpiti dalla decisione del governo. Per questo al quotidiano confindustriale Il Sole 24 Ore diretto da Fabio Tamburini (nella foto) sono molto preoccupati e si stanno facendo già le prime stime dell’impatto.
L’APPELLO DELLA FIEG IN UNA PUBBLICITÀ OVVIAMENTE SUI GIORNALI DI CARTA
La Fieg ha optato per un appello pubblicato, ovviamente, sui quotidiani di carta: