skip to Main Content

Stimoli Fiscali

Ecco le differenze degli stimoli fiscali tra Usa e mondo. Analisi

L'analisi di Adrian Hilton, responsabile tassi globali e debito dei mercati emergenti, e Edward Al-Hussainy, analista senior tassi d’interesse e valute di Columbia Threadneedle Investments.

Sappiamo già che, nel corso di quest’anno, ci attende un aumento quantomeno temporaneo dell’inflazione. Lo sappiamo a causa degli effetti base e per come i prezzi dell’energia sono rimbalzati negli ultimi mesi, suggerendo che ci sarà una certa pressione sui prezzi. L’entità di tale fenomeno dipende tuttavia da alcuni fattori, ad esempio da quanto sarà incisivo lo stimolo fiscale negli Stati Uniti. Sappiamo che l’amministrazione Biden ha firmato un pacchetto di stimolo da 1.900 miliardi di dollari. Il grado e la misura in cui questo potrà rinvigorire la domanda interna degli Stati Uniti dipenderà in parte da quanto i moltiplicatori dello stimolo fiscale saranno determinati dalle restrizioni legate al COVID in vigore negli ultimi mesi, il che significa che i consumatori ne spenderanno una parte decisamente inferiore rispetto a quanto avrebbero fatto in un’altra situazione.

Un altro aspetto importante è il concetto di domanda repressa. Si sente molto parlare di eccesso di risparmio, in particolare negli Stati Uniti, dove i depositi bancari sono cresciuti di tremila miliardi di dollari dall’inizio della pandemia, e di questi circa duemila miliardi probabilmente rappresentano un risparmio in eccesso rispetto al normale andamento. Si è parlato molto di come questi risparmi alla fine, nel corso di quest’anno e del prossimo, saranno convertiti in domanda del settore privato. Ciò potrebbe avere senso, ma non dovremmo speculare troppo su quanta domanda repressa possa davvero rappresentare.

Per cominciare, in certi settori non c’è stata carenza di domanda: per esempio le auto usate negli Stati Uniti o i mobili per la casa. Gli acquisti e i consumi di beni sono stati elevati, a scapito dell’acquisto di servizi, la cui fruizione da parte dei consumatori non è stata possibile. Inoltre, quando le economie finalmente riapriranno, il numero di servizi fruibili sarà limitato. Ad esempio, a lockdown finito ci sarà un limite al numero di volte in cui potremo farci tagliare i capelli o al numero di volte in cui mangeremo al ristorante. Ed è un limite non trascurabile, legato a quanti pasti al ristorante potremo consumare nelle prossime settimane.

E c’è anche la questione relativa a come sono stati distribuiti i risparmi nel Regno Unito. Un’indagine condotta dalla Bank of England ha evidenziato che quasi tutto l’eccesso di risparmio nel Regno Unito riguarda la fascia superiore in cui si concentra il 40% del reddito, e chi appartiene a questa fascia è molto più propenso a considerare i risparmi come patrimonio piuttosto che come reddito. E poiché la gente spende il proprio patrimonio meno volentieri del proprio reddito, anche l’aspetto relativo alla distribuzione del reddito è piuttosto importante.

Non da ultimo, uno degli effetti a lungo termine della pandemia potrebbe essere che in futuro i tassi di risparmio saranno più elevati, perché le persone decideranno di risparmiare una quota maggiore del loro reddito per proteggersi da eventi inaspettati. Per concludere, dunque, la modalità di reazione della Fed è piuttosto importante. Abbiamo prima accennato a come è probabile che la Fed reagisca alle pressioni dell’inflazione nel breve termine. Se la Fed è pronta a ignorarle come sostiene, allora probabilmente si getteranno basi più solide per un’inflazione più sostenuta in futuro. Se, invece, deciderà di adottare una politica più rigida, allora i rischi di soffocare la ripresa sono decisamente maggiori.

CRESCITA DELL’INFLAZIONE NEGLI STATI UNITI: QUALE EFFETTO NEL RESTO DEL MONDO?

Il notevole divario creatosi tra gli Stati Uniti e il resto del mondo sta diventando evidente. Innanzitutto, negli Stati Uniti lo stimolo fiscale è stato decisamente più ampio rispetto a quanto avvenuto nella maggior parte degli altri Paesi sviluppati, in particolare in Europa, e ora iniziamo a coglierne gli effetti. In secondo luogo, nel caso della Cina e dei mercati emergenti le dinamiche alla base dell’inflazione sono molto diverse.

Per fare un esempio, la Cina non ha come obiettivo l’inflazione: in Cina non esiste una banca centrale indipendente, l’economia viene gestita attraverso il credito e lo scorso anno lo stimolo al credito è stato elevato. Ora però assistiamo a un ridimensionamento, con la Cina che riduce lo stimolo proprio mentre gli Stati Uniti lo stanno incrementando. Ciò significa che la traiettoria della politica è piuttosto differente ed è probabile che nel corso dei prossimi 12-18 mesi diverga ulteriormente. Anche se la BCE continua ad adottare numerose misure di accomodamento e il mese scorso ha nuovamente intensificato il QE, non è riuscita a stimolare l’inflazione. Inoltre, alcuni dei fattori strutturali di cui abbiamo parlato, come la demografia, la tecnologia ecc., sembrano produrre maggiori effetti in Europa che non negli Stati Uniti.

L’altro aspetto da considerare è che, all’interno dell’Unione Europea, è probabile che ci sia una maggiore divergenza nell’inflazione realizzata dei vari paesi. Se si considerano, ad esempio, nazioni come la Germania, dove la ripresa è in anticipo rispetto al resto del continente, è probabile che l’inflazione riprenda a crescere più rapidamente. Nel caso invece di altri paesi, in particolare quelli dell’Europa meridionale la cui economia dipende dal turismo, come ad esempio Spagna e Portogallo, l’inflazione rimane piuttosto bassa. Quindi, dato che le azioni di accomodamento della BCE proseguiranno per tutto il 2021/2022, questa divergenza è destinata ad aumentare e inevitabilmente provocherà alcune tensioni al suo interno.

Back To Top