“Lo Spazio è un settore che continua a crescere secondo le stime internazionali, in particolare per quanto riguarda il segmento satellitare”. Le parole del capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, trovano conferma nelle ricerche della Space Foundation secondo la quale il valore della space economy è in costante e continuo aumento. Nel 2023 la space economy è arrivata a valere 580 miliardi di dollari, in crescita del 30% rispetto al 2020. Ed è una crescita che non si ferma. Nel 2027, secondo le stime della Space Foundation, la space economy raggiungerà il valore di circa 800 miliardi di dollari segnando un +40% rispetto al 2023. “Il settore ha un elevato potenziale, alcuni dei trend di sviluppo riguardano il trasporto spaziale, la earth observation, la lunar economy”, continua De Felice, “e può avere ricadute positive su tutto il sistema economico. Numerosi sono gli spinoff e gli effetti su altri settori economici”.
NEL 2023 LANCIATI 2.800 SATELLITI
Lasciamo parlare i numeri. Dal 1957 fino alla fine del 2023 sono stati lanciati oltre 17.400 satelliti, con un incremento significativo negli ultimi anni. Nel solo 2023 sono stati lanciati in orbita oltre 2.800 satelliti, raggiungendo un nuovo record storico. La corsa allo spazio coinvolge più di metà dei Paesi del mondo: circa 100 Stati hanno almeno un satellite in orbita. La parte del leone la giocano gli Stati Uniti d’America che nel 2023 hanno lanciato oltre il 70% dei satelliti. L’Italia, dal canto suo, guadagna un più che onorevole quinto posto, posizionandosi dietro i giganti Usa e Cina, e le grandi potenze Regno Unito e Russia. Negli ultimi anni si è registrato anche un rinnovato interesse per le missioni sul nostro satellite, la Luna. Se fino agli anni Settanta le missioni sulla Luna sono state un derby che ha coinvolto solo Russia e Usa, negli anni Novanta si è affacciato sulla scena il Giappone, nei primi anni 2000 anche l’Europa, la Cina e l’India sono entrate nel club lunare. Negli ultimi quattro anni le missioni hanno portato sulla Luna le bandiere di Cina, Giappone, India, Italia, Corea, Stati Uniti, Russia.
Allargare i propri orizzonti all’esplorazione dello spazio è una grande opportunità per le imprese. “Lo Spazio offre nuove e molteplici opportunità per le imprese anche per settori non strettamente legati alla space economy”, spiega De Felice, “anche dal punto di vista degli end-user le opportunità sono molteplici: l’utilizzo di dati satellitari può essere un elemento di sviluppo per gli attori di tutto il sistema economico. I numeri a disposizione aggiornati al 2022, mostrano ancora una diffusione limitata di dati satellitari per la data analysis all’interno delle aziende”. Questo significa che ci sono margini di miglioramento da sfruttare. Secondo i report della Nasa disponibili dal 2011, sono stati circa 500 gli spin-off nati dalle attività legate allo spazio, con impatti positivi su diversi settori. Le ricadute più significative hanno riguardato il settore industriale per lo sviluppo di nuovi materiali, strumenti, nuovi processi e i settori dell’energia, dell’ambiente e dell’ICT.
LA CONDIVISIONE DEL KNOW HOW
Un più potente sviluppo della space economy può avere ricadute positive in ambiti diversi. Pensiamo al trasporto spaziale e ai servizi in orbita, attività che avranno bisogno del potenziamento dei lanciatori, dello sviluppo di nuovi sistemi per permettere il riutilizzo delle strutture e della costruzione di laboratori orbitanti per esperimenti in microgravità. I settori potenzialmente coinvolti vanno dall’industria aerospaziale, con la fabbricazione velivoli e mezzi spaziali, alle manifatture (elettronica, lavorazioni meccaniche, nuovi materiali solo per citarne alcune), ai servizi di trasporto/servizi di logistica. Anche l’osservazione e il monitoraggio della Terra dallo spazio con tecnologie satellitari (Earth Observation) tocca numerosi ambiti: l’industria satellitare e delle telecomunicazioni, le manifatture elettronica, di sensori, dei sistemi di monitoraggio, e lo sviluppo di software e analisi dei dati. Infine, immaginando di riuscire ad andare sulla Luna per restarci, la cosiddetta lunar economy, può portare benefici economici ai settori delle infrastrutture e delle costruzioni, per la creazione di insediamenti, dell’energia, poiché ci sarà bisogno di sistemi per creare e stoccare energia, dell’agricoltura, perché saranno necessari nuovi sistemi di coltivazione e, chiaramente, delle telecomunicazioni.
L’esplorazione dello spazio, quindi, offre grandi potenzialità alle imprese ma richiede che queste imparino a fare sistema, perché mai come in questo caso la collaborazione e lo scambio di informazione e tecnologie è vitale per il successo.“Le opportunità sono tante ma occorre fare sistema: la partecipazione ai programmi spaziali delle grandi imprese deve essere occasione per coinvolgere anche tutti i player più piccoli, ampliando la platea a soggetti non-space”, continua De Felice.
ITALIA, IL SUCCESSO DI UNA FILIERA DIVERSIFICATA
Ma, nel complesso, il nostro paese come si posiziona rispetto alla space economy? La risposta non è scontata ed è, allo stesso tempo sorprendente. “L’Italia conferma un buon posizionamento competitivo a livello internazionale, i dati più aggiornati sul commercio mondiale e l’attività brevettuale mostrano come il nostro Paese sia tra i leader del settore, occupando il sesto posto nel ranking internazionale. L’Italia partecipa a diverse iniziative e programmi internazionali per l’esplorazione dello spazio, tra cui la Missione Artemis della Nasa, che ha l’obiettivo di tornare sulla Luna per restarci”. Secondo i dati di UnComtrade l’Italia, nella classifica mondiale, si posiziona al sesto posto tra i paesi esportatori nel settore dello spazio nel periodo 2015-2022 garantendo il 4,2% dell’export mondiale.
Occupa la stessa posizione anche per quello che riguarda la registrazione di brevetti: il nostro paese è responsabile del 3,2% dei brevetti in ambito spaziale. Non sono risultati di poco conto, sopratutto se consideriamo che davanti a noi ci sono giganti del settore come Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito, Russia, Cina e Israele.
I risultati raggiunti dall’Italia si fondano si una filiera diversificata sia in termini settoriali che dimensionali, basti pensare che otre la metà delle aziende del settore ha un fatturato inferiore a due milioni di euro e che, all’interno dei diversi settori (software, metalmeccanica, aerei e veicoli spaziali, solo per citarne alcuni) che collaborano nel macro settore della space economy le aziende godono di un altissimo contenuto tecnologico. “I buoni risultati raggiunti dal nostro Paese sono legati anche alla presenza di una filiera articolata e diversificata (sia in termini settoriali che dimensionali) e grazie anche crescenti investimenti in R&S (sia pubblica che privata)”, riprende De Felice. Negli ultimi 15 anni la spesa governativa in R&S allocata ai programmi spaziali e delle imprese nel settore aerospaziale ha beneficiato di un andamento tendenzialmente positivo, con flessioni, in entrambi gli ambiti, legate alle contingenze della pandemia da Covid19.
Come abbiamo detto nel nostro paese la filiera è diversificata, con grandi e piccoli player, specializzati in settori ad alto contenuto tecnologico. È indispensabile fare sistema: la partecipazione ai programmi spaziali delle grandi imprese deve essere occasione per coinvolgere anche i player più piccoli, ampliando la platea a soggetti non-space. “Occorre favorire il trasferimento tecnologico tra i diversi attori, e sostenere lo scambio di know-how tra il mondo della ricerca e l’industria, supportando un ecosistema dell’innovazione”, conclude De Felice.
INNOVAZIONE TECNOLOGICA, COMPETENZE E CONDIVISIONE
L’ampliamento della competizione internazionale a nuovi attori, con una sempre più intensa concorrenza dei paesi emergenti come Cina e India, è una delle più grandi sfide della space economy per i prossimi decenni. In questo contesto mutevole l’industria spaziale europea deve riuscire a ritagliarsi uno spazio vitale. Lo stesso deve fare il nostro paese. L’Italia deve sfruttare a proprio vantaggio il caleidoscopio di competenze di cui dispone e che è stata in grado di far convergere nel settore, superando i limiti legati alle dimensioni delle imprese coinvolte. La soluzione è nella condivisione del know-how e nella capacità di fare sistema. E poi c’è il tema, centrale soprattutto per l’Unione europea, della sostenibilità ambientale cui anche lo sviluppo dell’economia spaziale deve adeguarsi. La politica di Net Zero non ammette sconti.
In definitiva, saranno le competenze, gli investimenti in tecnologia e la condivisione del know-how a guidare verso il successo i Paesi, le aziende e i soggetti internazionali che sapranno cogliere la sfida dello spazio senza farsi fermare dalle vertigini.
(L’articolo è stato pubblicato sull’ultimo numero del quadrimestrale di Start Magazine)