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Siti in abbonamento, come vanno? Il caso Huffington Post Italia

Come stanno andando i siti che hanno lanciato abbonamenti per essere letti? Ci sono i primi dati sulla bontà o meno di questo nuovo corso per alcuni giornali web intrapreso di recente anche da Milano Finanza. Il caso Huffington Post Italia diretto da Mattia Feltri non è un buon segnale. Fatti, numeri e confronti

 

Nessuno sembra ancora riuscito a trovare la quadra per far fruttare l’editoria sul web. Perché Internet, da quando è nato, ha instillato nella mente dell’utente l’equazione che le notizie debbano essere per forza gratuite. Difficile, di colpo, iniziare a farle pagare, con la conseguenza a dir poco assurda che per diversi anni le testate che esistevano simultaneamente all’edicola e sulla Rete si sono di fatto fatte concorrenza da sole, pubblicando circa le stesse cose sia a pagamento sia gratis.

COME VA HUFFINGTON POST ITALIA DIRETTO DA MATTIA FELTRI

Dodici mesi fa aveva abbracciato in pompa magna la strategia dell’abbonamento Huffington Post Italia, che dopo un avvio dai sapori trionfali sottolineati da Prima Comunicazione (“l’obiettivo è arrivare a 5mila abbonamenti entro l’anno, aveva detto Mattia Feltri al lancio, il 19 gennaio, della versione pay dell’HuffPost ma il quotidiano online di Gedi ha bruciato i tempi, raggiungendo questo traguardo già il 30 giugno”) non ha più comunicato altri dati.

LA TABELLA DEL POST CON DATI E CONFRONTI

Charlie, newsletter tematica del Post, ha elaborato nella tabella sottostante gli ultimi dati Audiweb di gennaio, isolando quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”.

Fonte: Charlie – Post

Per alcune delle testate nelle prime posizioni, ricordano da Charlie, bisogna considerare che i numeri possono essere adulterati con l’inclusione di vere e proprie “sottotestate” con una propria autonomia: il notissimo sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla che ci aiuta sempre quando ci ‘sparisce Google’ o dimentichiamo il pin dello smartphone, per esempio, aveva circa 300mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero, mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito ma possono riferirsi alle testate dello stesso editore come Oggi, Amica e IoDonna.

IL CALO CLAMOROSO DI HUFFINGTON POST ITALIA

La tabella pubblicata nella newsletter del Post è utile per riprendere le fila del discorso iniziato da Mattia Feltri nel luglio ’22 e vedere se, a fine anno, i numeri gli hanno dato ragione. No. Si vede infatti che l’Huffington Post Italia ha patito un tracollo di oltre il 70% rispetto all’anno precedente. Risultato tutt’altro che positivo, che anzi pone il sito del Gruppo Gedi tra quelli che hanno perso più utenza.

NUMERI A CONFRONTO

Certo, sono dati incompleti: persi i lettori “disinteressati”, potrebbe averne trovato un numero ridotto che però finanzia la testata con convinzione. Difficile saperlo senza numeri sugli introiti dell’abbonamento. Sempre su Prima veniva riportato che il traffico fosse già diminuito nei primi sei mesi di circa il 40%, conservando tra i 300mila e i 400mila utenti al giorno, un calo  – diceva Feltri – che però non aveva avuto ripercussioni sulla raccolta pubblicitaria, anzi: la concessionaria Manzoni quantificava in oltre il 20% la crescita di fatturato nei primi sei mesi di quest’anno. Allargando lo zoom si vede che l’intera area Gedi ha perso sull’anno circa il 60% (-57,1).

IL CALO DEL SOLE 24 ORE

Lo stesso Post – che pure riscuote grande successo in via del tutto eccezionale pure tra i Millennial anche grazie alle testate tematiche, ad argomenti molto pop e ai podcast – deve fare i conti con un 30% circa di pubblico migrato altrove negli ultimi dodici mesi (per la precisione -28,7%). Vanno male anche Il Sole, che perde oltre il 26% in un anno. E forse non è un caso se il dato positivo più grande viene presentato da RaiNews, circa 97% sull’anno, dato che lì tutto è gratis e disponibile senza paywall.

PESSIMO SEGNALE PER MILANO FINANZA?

Un pessimo segnale per chi, come il sito Milano Finanza del gruppo Class editori, sta spingendo molto nel rendere a pagamento molti degli articoli pubblicati sul sito, come fa da tempo anche Il Sole 24 Ore con una congerie di forme di abbonamento da mandare in confusione molti utenti.

LUCIA ANNUNZIATA GONGOLA?…

Un numero, quello di Huffington Post Italia del gruppo Gedi, ben lontano dai numeri che erano stati raggiunti dalla direzione (senza abbonamenti) di Lucia Annunziata e che ribadisce concetti già noti: occorre ormai compiere un discrimine tra il grande pubblico, che vuole semplicemente informarsi anche attraverso agenzie di stampa o poco più, possibilmente gratuitamente, e quello invece in cerca di approfondimenti ragionati ed è disposto a pagare un abbonamento. Con quest’ultima platea, che chiede tematiche verticali, settorializzate, difficile raggiungere grandi numeri. Ma si potranno ottenere grandi introiti?

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