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Bnl

Ecco come i sindacati rumoreggiano nella Bnl di Goitini

Tutti i motivi delle proteste delle organizzazioni sindacali contro Bnl del gruppo francese Bnp Paribas. L’articolo di Emanuela Rossi.

Ancora fibrillazioni in casa Bnl.

Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin, che giovedì hanno manifestato a Roma davanti alla sede della direzione generale, puntano il dito soprattutto contro l’esternalizzazione del 10% della forza lavoro, avvenuta senza accordo con le sigle di settore. Sotto la lente delle organizzazioni sindacali, però, ci sono anche i sistemi incentivanti, le assunzioni, i carichi di lavoro e l’aumento dei costi dei prodotti e dei servizi nonostante una riduzione del numero di dipendenti. Senza dimenticare l’annosa questione delle pressioni commerciali che riguarda diversi istituti di credito.

LA DENUNCIA DEI SINDACATI

In una recente nota, i sindacati del credito evidenziano “quanto sta accadendo, ormai da quasi 2 anni, in una delle più importanti aziende italiane di credito”. Si comincia con gli stipendi che sono “legati ad un incentivante schizofrenico e con indici immisurabili a detta della stessa direzione” e si passa a “una conciliazione vita/lavoro che è sempre più una ibridazione vita/lavoro con fortissime ricadute in termine di stress lavoro correlato”.

Male anche il dialogo sociale che è “ridotto a proclami senza diritto di replica fatti da un palcoscenico con domande scelte e interlocutori lasciati soli nell’immensa platea” e male anche le “procedure di riorganizzazione aperte e chiuse senza fornire alcuna specifica ai sindacati”. In Bnl anche altre cose sembrano non funzionare come i “milioni di euro spesi in formazione (presi da fondi cofinanziati) continuando a sostenere che il personale necessita di reskilling”, le “assunzioni latitanti” e il “ricambio generazionale inesistente” per non parlare della Banca Digitale che è “sviluppata attorno a procedure e processi studiati per la Banca Tradizionale” e che vede un “passaggio forzato di conti dopo una valutazione unilaterale fatta sul ‘target redditività’ e non sul ‘target cliente’”.

In sostanza, è il j’accuse dei sindacati, “la realtà che tutti i giorni le colleghe e i colleghi vivono è esattamente condensata nell’edificio che dal 2017 ospita la sede legale della Banca di proprietà francese: da fuori gli specchi, puliti da arditi lavoratori, riflettono un cielo nitido e luminoso; da dentro le pellicole applicate ai vetri a specchio rendono il cielo cupo e vacuo. Non è tutto oro quello che luccica”.

LA MANIFESTAZIONE A ROMA CONTRO BNL

Stante questa situazione le organizzazioni sindacali del Gruppo Bnl si sono date appuntamento giovedì mattina davanti alla sede della Direzione Generale della banca, a Roma, per un sit-in.

“A distanza di un anno dalla procedura di riorganizzazione che ha portato all’esternalizzazione del 10% della forza lavoro – si legge nel comunicato stampa di presentazione dell’iniziativa -, conclusasi senza accordo sindacale, la banca impone una nuova riorganizzazione impattante su 2.000 dei 3.600 lavoratori di direzione generale, anch’essa non condivisa con le organizzazioni sindacali alle quali sono state negate le informazioni necessarie e previste dal Ccnl per una corretta valutazione delle ricadute”. Al sit-in hanno partecipato oltre 100 tra rappresentanti della Fabi e delle altre sigle.

IL PROBLEMA DELLE PRESSIONI COMMERCIALI

Come si diceva, sullo sfondo rimane l’altra questione che causa non poche difficoltà ai bancari, le pressioni commerciali su cui nel 2017, per la prima volta, l’Abi e i sindacati hanno sottoscritto un Accordo sebbene “i risultati stentino ad arrivare” come ha detto a giugno scorso Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi, durante l’audizione in commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario.

In quell’occasione Sileoni ha presentato ai parlamentari un dossier in cui si ripercorrono molti casi di pressioni commerciali e si ricordano ad esempio “le pesantissime sanzioni – complessivamente oltre 20 mln – dell’Antitrust (AGCM) comminate a Unicredit, Intesa, Ubi e BNL” a marzo 2020 “per aver condotto pratiche commerciali aggressive” in relazione alla vendita abbinata di polizze e di finanziamenti.

In seguito sull’argomento è tornato pure il coordinamento di gruppo dell’Unisin. “È da tempo che la banca ha preso una piega strana, inconcepibile per quelli che hanno le mani in pasta tutti i giorni a contatto con la clientela, inconcepibile per tutti i ruoli commerciali perché si lavora al ritmo del tutto e subito” è l’esordio della nota in cui si punta il dito contro “le continue pressioni ricevute, le mail sui prodotti da vendere, quelle sui contest da cogliere al volo, quelle sui budget da chiudere, quelle raccapriccianti sui più bravi e meno bravi. Non si leggono mai invece mail sul miglioramento dei sistemi informatici, sulla risoluzione di problematiche oramai radicate nei programmi in uso, nessuno che si renda conto delle difficoltà del lavorare col pubblico con continui intoppi al pc”.

A tal proposito il sindacato menziona “i mezzi che possiamo utilizzare per far valere i nostri diritti o meglio per non vederli calpestati” a partire dal Protocollo sulle politiche commerciali del 2016, che istituisce proprio “in considerazione dell’importanza e delicatezza del tema”, una Commissione paritetica per approfondire e valutare fenomeni non coerenti con il sistema dei valori e le indicazioni condivise dal Protocollo, lesivi della dignità delle persone e della loro professionalità.

C’è poi il Regolamento della Commissione Nazionale su Politiche Commerciali e Organizzazione del Lavoro, siglato in Abi, che rientra nell’Accordo del 2017 e che disciplina la gestione delle segnalazioni di “significative questioni riferite a fattispecie di rilievo, di carattere generale” che possono essere fatte alla Commissione nazionale da parte delle Commissioni aziendali o di gruppo previste dagli accordi aziendali, dai referenti di parte aziendale o dagli stessi organismi aziendali o di gruppo.

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