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Conti Banche

Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bnl, Mps e non solo. Tutte le pressioni commerciali

Che cosa è emerso dall’audizione del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, in Parlamento È un tema sempre attuale che coinvolge molti lavoratori del credito e su cui i sindacati si battono da anni. Le pressioni commerciali sono ora anche all’attenzione della commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario che nei giorni scorsi ha audito…

È un tema sempre attuale che coinvolge molti lavoratori del credito e su cui i sindacati si battono da anni. Le pressioni commerciali sono ora anche all’attenzione della commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario che nei giorni scorsi ha audito varie organizzazioni sindacali di settore fra cui Fabi, First Cisl e Uilca.

PERCHE’ VIENE DISATTESO L’ACCORDO DEL 2017 TRA ABI E SINDACATI

Il primo ad essere ascoltato è stato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il quale ha ricordato che nel 2017, per la prima volta, Abi e sindacati hanno sottoscritto un accordo sulle indebite pressioni commerciali. “I risultati stentano ad arrivare e la ragione principale è una – ha detto ai parlamentari -: la maggior parte degli accordi sottoscritti all’interno dei gruppi, per migliorare e adattare l’accordo nazionale alle singole realtà aziendali, è stata più volte disattesa dalle stesse banche, dalle stesse aziende che, in taluni casi, hanno rifiutato di garantire l’anonimato alle segnalazioni dei loro dipendenti”.

A detta di Sileoni, “politicamente le banche hanno sempre contrastato questo accordo perché non vogliono controlli da parte dei sindacati interni. In molti casi, sarebbe sufficiente intervenire tempestivamente sui territori al primo accenno di indebite pressioni commerciali per risolvere almeno la metà delle situazioni. Questo non avviene”. Inoltre, ha evidenziato il segretario generale della Fabi, “nelle recenti fusioni bancarie l’effettiva integrazione tra dirigenti provenienti da gruppi bancari diversi fa nascere un individualismo sfrenato per interessi professionali e di carriera, creando difficili e incomprensibili problemi di comunicazione, di prevaricazione e di rispetto verso tutto il personale”. Senza dimenticare, ha osservato, “un altro elemento sottovalutato da molti” ossia “l’ossessiva competizione che contraddistingue i rapporti fra gli stessi gruppi bancari”.

GLI ESEMPI PIU’ CLAMOROSI

Sileoni, che ha consegnato alla commissione un dossier “di centinaia di pagine, in base alle dimensioni di ogni gruppo, contenente tutte le denunce, le segnalazioni ‘unitarie’ delle rappresentanze sindacali di base”, durante l’audizione ha elencato i casi “più clamorosi di indebite pressioni commerciali che, voglio sottolinearlo, hanno spesso costretto le lavoratrici e i lavoratori bancari a fare uso di farmaci oppure a ricorrere all’assistenza di psicologi e psichiatri. I casi sono numerosissimi e diffusissimi e vengono sistematicamente negati da alcuni responsabili commerciali di gruppi bancari” ha detto ancora il segretario del maggior sindacato dei bancari.

Tra gli esempi citati: vengono assegnati budget di difficile realizzazione, con ritorsioni professionali e personali in caso di mancato raggiungimento (umiliazioni verbali, minacce di trasferimento o minacce di revoca delle ferie o del part-time); i dipendenti vengono sollecitati più volte a inviare i report di vendita (giornalieri e settimanali) e vengono richieste previsioni di vendita futura sui vari prodotti; vengono monitorati gli appuntamenti e l’agenda con la clientela, attraverso la intranet aziendale, e i dipendenti vengono obbligati a indicare, ad inizio giornata, gli obiettivi di vendita, con successiva verifica a fine giornata; vengono inseriti nuovi appuntamenti con i clienti all’insaputa del lavoratore; vengono inviati continuamente messaggi e-mail, sms e WhatsApp, anche con linguaggio duro e non rispettoso delle persone; vengono creati gruppi o chat, da parte della direzione commerciale, con il solo fine di monitorare i risultati, per spingere ulteriormente le vendite; viene fatta la rilevazione periodica e sistematica dei dati di vendita, non solo per monitorare l’andamento commerciale della banca, ma per controllare i singoli risultati con conseguente lesione della dignità personale delle lavoratrici e dei lavoratori; vengono organizzati “tornei”, gare o sfide tra aree territoriali o filiali che si concludono con la pubblicazione di classifiche e pubblicazione dei dati di vendita, anche con l’indicazione dei nomi delle persone, delle filiali e delle aree di appartenenza, per mettere a confronto i risultati dei dipendenti.

LE BANCHE COINVOLTE

Nel dossier presentato ai parlamentari dalla Fabi si ripercorrono molti casi di pressioni commerciali. Si ricordano, ad esempio, “le pesantissime sanzioni – complessivamente oltre 20 mln – dell’Antitrust (AGCM) comminate a Unicredit, Intesa, Ubi e BNL” a marzo 2020 “per aver condotto pratiche commerciali aggressive” in relazione alla vendita abbinata di polizze e finanziamenti. E ancora: l’Accordo in materia di “Politiche Commerciali e Organizzazione del Lavoro” del Gruppo Banco BPM, firmato a dicembre 2018, e le successive richieste di dati previsionali e di compilazione di file o tabelle prodotti da parte di Aree o Direzioni Territoriali “non in linea con quanto firmato da Azienda e Sindacati”.

A settembre 2021 Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin hanno invece redatto un “Vademecum per la sopravvivenza del bancario ISP” mentre lo scorso marzo le stesse sigle hanno evidenziato “le tante carenze e contraddizioni di un sistema che ritengono essere, come per gli anni precedenti, discrezionale, iniquo, poco trasparente e divisivo” relativamente al sistema incentivante MBO 2022 di Bper.

Nel dossier anche la nota sull’incontro – a luglio 2021 – tra i coordinatori delle organizzazioni sindacali del Gruppo Bper e i membri sindacali della Commissione Politiche Commerciali e quella sulla riunione di gennaio 2018 fra sindacati e Unicredit in merito a Mifid 2, pressioni commerciali e UniDirect.

I due istituti più citati – come atteso – sono anche quelli di maggiori dimensioni, con più filiali e dipendenti, ovvero Intesa Sanpaolo e Unicredit.

QUALCHE NUMERO DALL’ARBITRO PER LE CONTROVERSIE FINANZIARIE

Durante l’audizione nella commissione bicamerale presieduta da Carla Ruocco (M5S) Riccardo Colombani, segretario generale First Cisl, ha evidenziato come “l’implicito, gigantesco e sottaciuto conflitto di interessi che muove le banche a realizzare continue campagne commerciali, stressanti per chi lavora e aggressive per chi risparmia, è testimoniato dall’elevato numero delle piccole e grandi controversie gestite dall’Arbitro per le Controversie Finanziarie”. L’ACF, istituito dalla Consob con la delibera n. 19602 del 4 maggio 2016, è uno strumento di risoluzione delle controversie tra investitori retail e intermediari per la violazione degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza che gli intermediari devono rispettare quando prestano servizi di investimento o il servizio di gestione collettiva del risparmio.

“Ricordiamo – ha spiegato Colombani – che solo i risparmiatori possono fare ricorso all’ACF, per richieste di risarcimento danni non superiori a 500.000 euro, e che esso è uno strumento che consente all’investitore di ottenere una decisione sulla controversia in tempi rapidi, senza costi e senza obbligo di assistenza legale”. Scorrendo la pagina dell’“elenco degli intermediari inadempienti”, presente sul sito web di ACF, “sono ben 38 le imprese presenti in archivio, per un totale di 1.915 controversie oggetto di lodo non ottemperato e dunque, presumibilmente, approdate in un’aula di tribunale – ha aggiunto -. Dalla Relazione annuale dell’ACF per l’anno 2021 apprendiamo che ben 8.695 sono i ricorsi presentati dalla clientela, con una percentuale di accoglimento degli stessi molto elevata, pari al 69% e risarcimenti riconosciuti ai risparmiatori per 123,6 milioni di euro. Non si tratta solo di soldi, si tratta di fiducia tradita e di reputazione persa, e che va urgentemente recuperata adottando modelli distributivi e prassi commerciali rispettose della normativa MiFID (la direttiva europea a tutela degli investitori, ndr) e delle persone”.

LE PROPOSTE DEI SINDACATI

Di sicuro si capisce che molto rimane da fare per arginare il problema. Secondo Fulvio Furlan, segretario generale Uilca, “le pressioni commerciali non sono un problema che riguarda solo lavoratrici e lavoratori e aziende, ma anche le istituzioni politiche, nazionali e locali, e la società civile”. Per questo, in audizione in commissione banche, ha sottolineato come occorra “recuperare un ruolo sociale delle aziende. In quest’ottica, è il momento di inserire il tema nell’ambito di un dibattito più ampio, che coinvolga più soggetti; consenta nuove prospettive e, per quanto ci riguarda, rafforzi il valore della rivendicazione delle lavoratrici e dei lavoratori all’interno delle aziende e del settore, partendo dalla necessità di allargare la discussione al benessere lavorativo e a profili di salute e sicurezza”.

Per First Cisl, invece, “in primo luogo occorre che il regolatore e/o il legislatore, mettendo a frutto la consultazione delle parti sociali, introduca un presidio di norme giuridiche, una sorta di ‘statuto del consulente in materia finanziaria’ che, sancendo un manipolo di diritti e prerogative del consulente e di limiti per i datori di lavoro, garantisca in ogni banca la necessaria indipendenza dei lavoratori dalle sollecitazioni commerciali alla vendita di determinati prodotti finanziari”. Inoltre bisogna “promuovere e implementare nel settore bancario una alternativa alla consulenza su base non indipendente, alternativa oggi completamente trascurata”. Altra proposta riguarda la necessità di una “certificazione del rischio associato agli strumenti/prodotti finanziari” e quella di “rendere effettiva ed efficace la presenza nelle banche della nuova figura del Responsabile unico sulla salvaguardia dei beni dei clienti, introdotta dalla Banca d’Italia all’art. 29 del Regolamento di attuazione degli articoli 4-undecies e 6, comma 1, lettere b) e c-bis), del TUF”.

La Fabi pone l’accento sul fatto che “i risultati commerciali condensati nel breve termine vanno invece allungati nel medio-lungo termine” e che “sulla “condivisione dei sistemi incentivanti vanno coinvolti i sindacati nazionali, aziendali e di gruppo. Per il sindacato guidato da Sileoni occorre poi garantire “una seria e vera formazione di tutto il personale”, calibrare “le politiche di vendita sulla effettiva caratteristica dei clienti”, “prevedere norme di legge che consentano di controllare e sanzionare le banche inadempienti, anche quelle che non rispettano gli accordi sottoscritti con i sindacati”.

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