La strage nell’impianto Enel Green Power di Bargi e l’infortunio mortale plurimo nel cantiere Esselunga di Firenze hanno riproposto la doverosa attenzione al primario diritto dei lavoratori alla salute e alla sicurezza nel contesto del rapporto di lavoro. Le norme non mancano, si sono sedimentate nel tempo e sono state riunite in un poderoso testo unico nel 2008. Altre sono state aggiunte più recentemente e sono all’esame del Parlamento.
È sempre prevalso, nelle disposizioni e nella prassi ispettiva, un approccio sanzionatorio collegato a norme formali omologhe per tutti gli ambiti produttivi di beni e servizi. Dalla polveriera all’ufficio dell’avvocato. Eppure proprio i due recenti tragici episodi, che fanno riferimento a società presumibilmente attente alla loro reputazione, fanno riflettere circa i limiti di quella tradizionale impostazione.
Potrebbe essere infatti più efficace un approccio sostanzialista nella prevenzione, fatto di impiego delle tecnologie per la sicurezza più evolute (secondo le norme tecniche di enti internazionali accreditati), di imitazione delle buone prassi organizzative, di coinvolgimento e qualificazione dei lavoratori attraverso esperienza, formazione e addestramento verificabili negli esiti, di certificazione dei loro contratti. Inoltre, anche in ragione di lavori sempre più liberati dal vincolo di un solo luogo della prestazione, la sorveglianza sanitaria dei medici competenti potrebbe diventare olistica, ovvero riferita agli screening periodici, alla educazione agli stili di vita, alla prevenzione delle cronicità.
Ne dovrebbe conseguire una funzione ispettiva anche consulenziale, specie per le piccole imprese, una evidenza pubblica incentivante dei comportamenti virtuosi, la possibilità, in conseguenza a quest’ultimi, di rendere cedevoli molti adempimenti formali.
È necessario concentrare infatti imprese e lavoratori su tutto ciò che fa vera, sostanziale, adattiva, sicurezza nei diversi contesti. Non vorremmo constatare che le regole sono state perfettamente applicate ma i lavoratori sono morti.
Maurizio Sacconi