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Scazzi Generali con Meloni e Fazzolari sul ddl Capitali. Che cosa ha detto Donnet

Ecco come il ceo di Generali, Donnet, ha criticato il ddl Capitali. Fatti e approfondimenti

Il capo azienda di Generali, Philippe Donnet, strapazza il governo sul ddl Capitali. Ecco tutti i dettagli.

CHE COSA HA DETTO DONNET DEL DDL CAPITALI

«Vedo tante criticità e mi auguro che il governo possa usare la delega per riscrivere nel modo giusto l’articolo 12 che non porterebbe nessun vantaggio a questo Paese e invece potrebbe creare grandi problemi». Lo ha affermato Philippe Donnet, ad di Generali, intervenendo a un evento all’Università Bocconi. «Le grandi istituzioni che rappresentano il mercato si sono già espresse in modo molto negativo e non è banale. Non è banale che noi Generali, primo investitore italiano, esprimiamo tante perplessità».

LE ANOMALIE DEL DDL CAPITALI SECONDO IL CAPO DI GENERALI

Secondo il top manager del Leone con questa norma «un piccolo socio, grazie al Ddl come è fatto oggi, potrebbe addirittura avere il 20% dei posti in cda, cosa che potrebbe danneggiare la qualità della governance della società. Altra criticità è il secondo voto nominale (in assemblea, ndr) che in una società vigilata potrebbe creare grande confusione. Aggiungo che il potere dato alle minoranze apre le porte agli attivisti e questo è pericoloso per le aziende italiane; potrebbero avere un potere smisurato contrario alla stragrande maggioranza del capitale».

LE CRITICHE DI DONNET

Secondo Donnet «non si capisce l’obiettivo di questo articolo e non si vede il beneficio atteso. Invece possiamo capire quali sono i rischi e i problemi che potrebbe creare. In questo mondo delle istituzioni finanziarie che sia in Europa che nel mondo anglosassone prevale un sistema che consente a un cda uscente di proporre ai soci i successori quando è in scadenza; quindi un cda che fa selezione dei candidati sulla base dell’indipendenza e della competenza. Poi votano i soci facendo un bilancio tra continuità e giusto rinnovamento. Questo funziona bene. È chiaro che l’articolo 12 mette a rischio questa best practice internazionale perché la rende impraticabile».

QUAL E’ IL NODO DEL CONTENDERE

Dopo le critiche del Financial Times, di alcuni fondi e quelle del proxy advisor Iss, una ramanzina è arrivata anche dal proxy advisor Glass Lewis. Che nelle ultime ore ha squadernato la sua contrarietà a uno degli innesti più controversi: i paletti alla presentazione della lista del cda, ha rimarcato Repubblica: “Nel mirino sono finiti l’introduzione del quorum (2/3 dei componenti del board uscente) e la previsione di una lista extra- large, con un numero di candidati superiore ai posti disponibili. Le norme – è la critica di Glass Lewis – «sembrano complicare ulteriormente il voto per gli investitori»”.

Ma qual è il nodo del contendere che vede in Italia contrapposte una parte della finanza e in particolare, nei casi Generali e Mediobanca, i soci Caltagirone e Delfin con i vertici appunto di Generali e Mediobanca?

Oggi è lo stesso consiglio di amministrazione uscente a proporre all’assemblea dei soci i propri successori. Con le nuove regole la lista del cda dovrà essere proposta con il voto favorevole di due terzi dei consiglieri (unico caso di maggioranza qualificata nella votazione del cda, a parte il diritto di veto delle minoranze sulle questioni relative alle parti correlate), deve contenere un numero di candidati pari al numero di candidati pari al numero da eleggere maggiorato di un terzo. “Si tratta di un impianto molto dissuasivo dell’uso di liste del consiglio, soprattutto grazie alla norma che dà maggiore spazio in cda alle liste di minoranza nel caso in cui la lista del consiglio risulti la più votata”, ha notato nei giorni scorsi la giornalista esperta di finanza, Camilla Conti, sul quotidiano La Verità: “Il ddl capitali prevede la distribuzione proporzionale dei posti in consiglio in base ai voti ricevuti. Se una lista di minoranza prende il 20% dei voti ha diritto al 20% dei posti, oggi il vincitore prende tutto anche se ha pochi voti di scarto rispetto alla lista arrivata seconda). Quanto al super premio alle minoranze (il 49% dei posti in cda per la lista che raccoglie più del 20% dei voti in assemblea) previsto inizialmente, ha lasciato posto a parametri più morbidi: alla lista di minoranza che prenderà più del 20% dei voti spetterà un numero di posti definiti con il metodo proporzionale. Non è però chiaro come verrà data questa proporzionalità. E per un fondo azionista si tratta di un dettaglio determinante per scegliere il campo in cui giocare calibrando la strategia sul margine ipotizzabile che potrebbe cambiare gli equilibri nella governance a fine partita. Se la progressività si ferma al 33% è un conto, se consente di arrivare quasi alla soglia del 49 un altro”.

LE PAROLE DI DONNET NON SOLO SUL DDL CAPITALI

Ma il capo azienda di Generali non ha parlato solo di ddl Capitali. «Abbiamo creato tanto valore per i nostri soci ma c’è ancora un upside perché il management è focalizzato sul raggiungimento dei risultati del piano attuale, sulla preparazione del piano futuro che sarà molto ambizioso, e sulla creazione di tanto valore per soci e per tutti stakeholders. Sappiamo che, nonostante un altro contesto sfidante, saremo in grado di raggiungere gli obiettivi», ha affermato il ceo di Generali. Secondo il top manager sull’azione Generali «c’è ancora molto upside. Sono soddisfatto dell’andamento degli ultimi 10 anni. Il titolo ha un buon futuro».

«Nel piano 2019-2021 abbiamo distribuito 4,5 miliardi di dividendi e nel piano attuale confermiamo che distribuiremo tra 5,2 e 5,6 miliardi. Inoltre, nel prossimo piano potremo aumentare la cedola e valutare il buy back su base annuale», ha aggiunto Donnet, sempre nel corso di un evento in Bocconi. «Abbiamo raggiunto un’ottima generazione operativa di cassa, abbiamo una posizione patrimoniale molto forte e la leva finanziaria più bassa del settore. Siamo in una buona posizione per una gestione più efficace della riallocazione del capitale attraverso le cedole che sono in crescita».

«Ad aprile quando avremo completato il closing di Conning avremo 160 miliardi di asset in più, arrivando quindi a 800 miliardi», ha affermato il ceo di Generali. Sul fronte della sostenibilità il top manager sostiene che «tutto il sistema finanziario deve essere sostenibile. Deve essere una leva importante per stimolare l’economia reale a trasformarsi in sistemi di business sempre più inclusivi e green. Ci siamo già impegnati anni fa in questo senso, la sostenibilità è al centro della nostra strategia. Abbiamo integrato i criteri Esg nelle nostre attività di investimento», ha concluso.

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