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Quota 100

Sblocco selettivo dei licenziamenti. Ipotesi e dibattito

La proposta dell'economista Leonardi si basa su uno sblocco prioritario dell'industria e costruzioni, settori che oltre ad essere settori tornati, in media, alla normalità sono comunque dotati di 52 settimane della propria cig ordinaria e non hanno bisogno di ricorrere a cig-covid. L'opinione di Giuliano Cazzola

 

Uno dei primi nodi che il governo Draghi dovrà sciogliere è quello del blocco dei licenziamenti. Le organizzazioni sindacali hanno chiesto un’ulteriore proroga (che peraltro l’ex ministro Nunzia Catalfo aveva promesso addirittura senza prevedere una scadenza).

È fin troppo evidente che alla fine di marzo non ci sarà una fine traumatica del blocco, ma sarebbe irresponsabile non impostare una exit strategy che – come ha affermato Mario Draghi nel discorso sulla fiducia – tuteli i lavoratori, ma – aggiungiamo noi – eviti di lasciare alle imprese che hanno bisogno di ristrutturarsi e di adeguare i loro volumi produttivi alle dimensioni dei mercati, di portarsi appresso posti di lavoro finti, che tali resteranno anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria.

Il giro di ministri in posizioni-chiave (come il Lavoro e il Mef) sta comportando un passaggio di consegne che riguarda le soluzioni a cui gli uffici stavano lavorando e che erano circolate nelle indiscrezioni a livello degli sherpa ministeriali.

Un particolare interesse avevano suscitato le ipotesi formulate da un consigliere del ministro Roberto Gualtieri – l’economista Marco Leonardi – che già si era occupato di dossier delicati ed importanti per incarico del precedente governo e ancor prima degli esecutivi della XVII Legislatura.

La sua è una proposta articolata che si basa su di uno sblocco prioritario dell’industria e costruzioni, settori che oltre ad essere settori tornati, in media, alla normalità sono comunque dotati di 52 settimane della propria cig ordinaria e non hanno bisogno di ricorrere a cig-covid.  Poi (a giugno/luglio) sarebbe possibile sbloccare i licenziamenti nei servizi e nel frattempo prorogare la cig-covid fino a fine 2021.

Ciò dovrebbe ridurre al minimo la necessità di licenziare (come in altri paesi, se le aziende dispongono della cig evitano di licenziare perché il licenziamento comunque è costoso e, in prevalenza dei casi, è impugnabile per via giudiziaria) come è avvenuto durante la crisi del 2008-2009 quando fu proprio la massiccia erogazione della cig in deroga a salvare, secondo stime di allora, almeno 700mila posti di lavoro.

Leonardi, poi, compie un’operazione di onestà intellettuale smentendo gli annunci terroristici di milioni di posti di lavoro in pericolo se fosse ripristinata l’ordinaria disciplina del licenziamento individuale e collettivo per riduzione di personale (si veda la tabella che mette a confronto i licenziamenti avvenuti nel 2019 con quelli del 2020, in regime di blocco).

Per quanto riguarda il periodo agosto-dicembre nel 2019 i licenziamenti economici sono stati 224.000. Ipotizzando per il periodo agosto-dicembre 2020 una contrazione attorno al 50-60% si verrebbe a determinare un ulteriore accumulo di circa 120.000 licenziamenti “mancanti”.

In totale quindi si potrebbe essere arrivati a fine anno con una “riserva” (rispetto alla “fisiologia” del mercato del lavoro negli ultimi anni) di licenziamenti economici “bloccati” attorno alle 200.000-250.000 unità. Un dato che sarebbe sbagliato sottovalutare per la sua gravità, ma che potrebbe essere gestibile attraverso l’uso della cig e di altri ammortizzatori sociali: a) un allungamento di 2 mesi della naspi per chi la termina nei mesi di gennaio-marzo con argomentazione che assunzioni sono ancora rallentate.

Potrebbe essere utile allentare i requisiti di ingresso nella naspi nel 2021 per i giovani molti dei quali hanno perso contratti a termine scaduti (anche se i costi sarebbero elevati); b) contratto espansione: per chi è 5 anni dalla pensione, tutte le aziende con più di 250 dipendenti possono pagare 3 anni di buonuscita e lo Stato ci aggiunge 2 anni di naspi; è l’unico “scivolo aziendale” generalizzato che potrebbe essere previsto per evitare i licenziamenti di lavoratori anziani e favorire il ricambio.

Durante il corso del 2021 va anche affrontato – ricorda Leonardi – il problema della fine di quota 100; a riguardo si sono stimate alcune ipotesi ragionevoli di uscita, ma più funzioneranno gli scivoli aziendali meno si sarà bisogno di rassicurare le persone dopo la fine di quota 100; c) impulso alle politiche attive con il rafforzamento dell’assegno di ricollocazione; d) utilizzo delle  risorse del NGEU (che non finanzia politiche passive ma solo attive) con lo stanziamento di 3,5mld per le politiche attive (sostanzialmente per l’assegno di ricollocazione) e  di 3mld per la formazione di occupati e disoccupati. A proposito di quest’ultima voce nei giorni scorsi si è parlato di un impegno immediato di 1,5mld.

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