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Marbles Retelit

Retelit e Mincione, tutte le anomalie in Borsa dopo il parere dell’avvocato Conte

  Nella sua informativa alla Camera il 5 novembre, Giuseppe Conte confidava di poter chiudere definitivamente il dibattito su un suo presunto conflitto di interessi nel caso Retelit-golden power. Sommessamente StartMagazine sottolineava che forse il presidente del Consiglio peccava in eccesso di ottimismo. E così pare. Tutto ruota intorno al parere fornito dall’avvocato Conte a…

 

Nella sua informativa alla Camera il 5 novembre, Giuseppe Conte confidava di poter chiudere definitivamente il dibattito su un suo presunto conflitto di interessi nel caso Retelit-golden power. Sommessamente StartMagazine sottolineava che forse il presidente del Consiglio peccava in eccesso di ottimismo. E così pare.

Tutto ruota intorno al parere fornito dall’avvocato Conte a metà maggio 2018 alla società Fiber 4.0 sulla possibilità che il governo esercitasse golden power su Retelit. Cosa che poi il governo di lì a poco da lui presieduto – anche se il premier era assente al Cdm che ha deliberato in materia – ha poi effettivamente fatto.

Gli azionisti di maggioranza di Retelit hanno presentato ricorso. Il 4 dicembre lo discuterà il Tar del Lazio. Come sottolinea il Corsera, “se cancellasse la golden power, in Borsa Retelit volerebbe (ha fatto già +17% nell’ultimo mese e ora vale 280 milioni) e si potrà venderla a prezzi più alti. Anche a soggetti esteri”.

La partita politica è ancora aperta. Rimangono parecchie domande. Alcune le aveva già sollevate quella sera del 5 novembre a Montecitorio il deputato leghista Giulio Centemero. A fondo di una è andata lunedì scorso Quarta Repubblica. La trasmissione di Rete 4 ha ricostruito la frenetica attività in Borsa dei giorni di maggio dei titoli della società delle Tlc. Evidenziando le coincidenze tra il crollo del titolo appena dopo il parere pro veritate scritto dall’avvocato Conte per la Fiber 4.0 di Raffaele Mincione interessato a conquistare la maggioranza societaria.

Andiamo per gradi. Il 16 maggio il titolo Retelit crolla in Borsa. Dal 16 al 21 maggio perde circa il 22% per un valore di circa 77 milioni di euro. Cosa ha scatenato queste perdite? “Qualcuno che deteneva quote, quindi voleva liberarsene. Magari aveva qualche notizia sul titolo” spiega a Quarta Repubblica Paolo Serafini, professional trader.

Il servizio di Rete 4 ricostruisce la mattina del 16 maggio: “Prima dell’apertura dei mercati qualcuno dà l’ordine di vendere quote importanti del titolo e lo avrebbe fatto in maniera da non attirare l’attenzione delle autorità di controllo ed evitare sospensioni suddividendo le vendite nell’arco della giornata”.

Strano? Dal 2017 il titolo Retelit in Borsa è stato perennemente in crescita, con un picco proprio tra aprile e maggio 2018. A quel punto nessuno può prevedere un crollo del genere. È documentato: l’11 maggio le stime sul trimestre sono positive. Eppure il 16 comincia la discesa.

Cosa succede in quei giorni?

Sul piano societario non ci sono stati stravolgimenti. Le trattative sulla formazione del governo gialloverde vanno avanti e anche lo spread, se pure in salita, è a 130 punti base. I Mercati non danno indicazioni particolari.

L’unico evento di rilievo pare proprio solamente la consegna del parere pro veritate firmato dall’avvocato Giuseppe Conte per Fiber 4.0 del finanziere Mincione. La consulenza verte sul punto: è possibile che il governo possa esercitare golden power su Retelit? Ovvero mettere un vincolo speciale su una società strategica nel settore comunicazioni e fibra ottica?

Per l’avvocato Conte la risposta è sì. Il documento porta la data del 14 maggio. Lo stesso giorno Il Fatto Quotidiano scrive che il nome di Conte è quello del candidato premier di Cinquestelle e Lega. Quindi colui che guiderà il nuovo governo chiamato a giudicare sul golden power.

Perché Mincione – che per l’affare in Retelit utilizzava i soldi del Vaticano – si muove? Riassume il Corsera: l’azienda era appena passata sotto il controllo di una cordata libico-tedesca, che lo aveva sconfitto. La questione: non era stato comunicato al governo che il controllo era passato alla società libica di Stato Lptic e ai tedeschi del fondo Axxion. Così il finanziere ad aprile 2018 presenta un esposto. E in maggio chiede due pareri. Uno allo studio Gianni Origoni Grippo Cappelli (Gop), il 9 maggio, e un altro a Conte che in passato aveva lavorato per Gop. Riporta il Corriere della Sera che “dallo studio Gop fanno sapere di non aver dato a Mincione alcun suggerimento sulla opportunità di rivolgersi ad altri avvocati”.

I pareri di Gop e Conte sono comunque simili. L’avvocato Conte aggiunge che si può annullare l’assemblea Retelit di aprile. È una buona carta da giocare per Mincione. L’incarico professionale – dirà Conte il 5 novembre alla Camera – era stato accettato in un “momento in cui io stesso non potevo immaginare che di lì a poco sarebbe nato un esecutivo da me presieduto, che poi sarebbe stato chiamato a decidere su Retelit”.

La domanda: il parere di Conte, datato 14 maggio e ufficialmente diffuso il 16, può avere scatenato la caduta del titolo Retelit? Per Centemero non ci sono dubbi: “Delle informazioni sensibili sono state diffuse e hanno potuto influenzarne l’andamento”. Il 16 i volumi scambiati si impennano, raggiungendo un picco a fine maggio e rimanendo sostenuti subito dopo l’incarico al primo ministro Conte.

Coincidenze?

Quarta Repubblica ha ricostruito gli eventi del 16 maggio. Alle 9,40 Fiber 4.0 invia una email alla presidenza del Consiglio, allegando il parere dell’avvocato Conte. È a quel punto che il documento inizia a girare negli ambienti della finanza. E Retelit comincia a scendere. Si vende.

Ma perché Retelit è scesa in Borsa dopo il parere dell’avvocato? Cioè: chi aveva interesse a vendere? E perché quella notizia – sul parere relativo al golden power – induceva a vendere o a far scendere il prezzo del titolo?

Una fonte finanziaria al corrente del dossier, risponde a Start: “Vende chi viene a conoscenza del parere”. Rivela: “Mincione il 15 lo spedì via mail al Cda Retelit e ad alcuni azionisti”. Chi vende “si spaventa del fatto che il prossimo probabile primo ministro (che ha anche firmato il parere) applicherà il golden power”. Le azioni di Retelit erano salite con l’acquisizione da parte dei soci libici (Lybian Post Technology Company), raggruppati nella lussemburghese Bousval Sca, e il fondo di investimento tedesco Axxion sotto il coordinamento di Shareholder Value Management (Svm). Spiega il professionista a StartMagazine: “Vende in parte chi poi, applicato il golden power, si vuole prendere tutta la società o la maggioranza della stessa a basso prezzo (con le vendite, il titolo ha perso valore); quindi una eventuale cordata Mincione”.

Nonostante nei mesi precedenti le vendite del titolo fossero affidate a intermediari come banche d’affari, in quei giorni di maggio i volumi di scambio avvengono tramite broker elettronici che permettono maggiore anonimato. Vendite partite come un orologio svizzero alle 9 del 16.

Chiedeva Centemero a Montecitorio: chi ha conferito formalmente l’incarico di redigere il parere al futuro premier? Conte ha dichiarato di non avere parlato direttamente con Mincione né con altri al vertice di Fiber. E allora con chi? Si domanda il leghista: “Non è strano che un ministro in pectore e docente universitario non conoscesse il committente di una consulenza per un nuovo cliente per cui ha redatto un solo parere?”.

E ancora, perché tanta enfasi sulla non partecipazione del premier al Consiglio dei ministri che ha deliberato sul golden power? Ok: non era presente al Cdm, ma nemmeno in una stanza attigua di Palazzo Chigi, bensì in volo per una missione all’estero.

Una settimana fa, in una intervista a La Verità, l’ex ministro Gian Marco Centinaio (Lega) ha rivelato che i ministri presenti al consiglio del 7 giugno che ha deciso sul caso Retelit non erano stati informati rispetto ad un possibile conflitto di interessi del premier. Conte scarica la responsabilità su Matteo Salvini che ha presieduto quel primo Cdm: “Tutte le decisioni e le valutazioni sul punto sono state affidate a lui”.

Riferendo a Montecitorio, Conte II ha ricordato di avere scritto una lettera il 6 giugno per fare presente che si astiene e si asterrà su provvedimenti riguardanti Retelit. Solo che quella lettera è spedita al segretario generale. E, stando a Centinaio, non sarebbe giunta a nessuno dei ministri. Spiega alla Verità: “Se Conte fosse stato presente, astenendosi, saremmo venuti a conoscenza del conflitto. Ma era in Canada. Una cosa era votare conoscendo l’esistenza del conflitto, altro senza saperlo”. La questione Retelit torna all’attenzione del Cdm anche ad agosto. Come ha illustrato alla Camera il presidente del Consiglio, anche in quella occasione aveva scritto al segretario generale dichiarando l’intenzione di astenersi da qualsiasi forma di trattazione, delegando il vice Salvini.

Centemero ricorda però che l’illustrazione del provvedimento golden power sarebbe stata propriamente della guida del Mise, all’epoca Luigi Di Maio. Il capo politico del premier. Incalza il deputato leghista: “Andrebbero analizzate la precedente istruttoria e la successiva esecuzione, contestualmente alle parti coinvolte”.

D’accordo: l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha riconosciuto che Conte non è incorso in conflitto di interessi. È un peccato che a sollecitare il parere dell’Authority ai tempi non sia stato il premier, ma il Partito democratico e poi il Codacons. Non sarebbe stato un gesto più elegante per il presidente del Consiglio chiedere di farsi valutare anziché aspettare le iniziative dell’allora opposizione e di un’associazione dei consumatori?

Anche perché le coincidenze sono, appunto, coincidenze. Di illegittimo c’è nulla. Eppure sono coincidenze evidenti.

Un piccolo, parziale riassunto, per metterle in fila.

27 febbraio 2018. Luigi Di Maio presenta l’avvocato Giuseppe Conte come candidato al ministero della Pubblica amministrazione in caso di vittoria alle elezioni del 4 marzo. Conte lo stesso giorno si dimette dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

Aprile 2018. Raffaele Mincione presenta un esposto. Si contesta la mancata comunicazione al governo che il controllo di Retelit è passato alla società libica di Stato Lptic e ai tedeschi del fondo Axxion.

9 maggio 2018. La Fiber 4.0 di Mincione chiede un parere allo studio Gianni Origoni Grippo Cappelli (Gop) e in seguito all’avvocato Giuseppe Conte, per valutare la possibilità che il governo possa mettere un vincolo speciale su una società strategica nel settore comunicazioni e fibra ottica. Cioè il golden power.

13 maggio 2018. Conte incontra in un albergo milanese Luigi Di Maio, Vincenzo Spadafora, Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini. I leader del nascente governo gli propongono il premierato. Un salto di qualità rispetto ad un semplice dicastero.

Per dirla con Manzoni: “Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi: ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente aveva già date tutte le disposizioni necessarie, e stabilito ciò che dovesse fare la mattina”. Chissà invece come ha passato la notte Conte tra il 13 e il 14 maggio in quell’albergo milanese. Dopo l’incontro coi leader pare si sia goduto una partita di calcio in tv. Avrà avuto pensieri. La proposta dei partiti di maggioranza di indicarlo premier è roba da far tremare i polsi e far perdere il sonno a chiunque, almeno per l’emozione. Comunque sia nelle ore successive Conte, da buon professionista, onora gli impegni e porta a termine la consulenza per Fiber.

14 maggio 2018. Conte invia il suo lavoro alla società che fa riferimento a Mincione. Lo stesso giorno trapela sulla stampa la notizia della sua promozione a premier in pectore per i gialloverdi.

16 maggio 2018. Comincia il frenetico scambio di azioni Retelit in Borsa. Durerà a lungo.

21 maggio 2018. M5s e Lega propongono Conte al presidente della Repubblica. Qualche giorno di travagli, e il 31 sale al Colle con la lista dei ministri. Sergio Mattarella lo nomina premier. Il 5 giugno giura al Quirinale e si presenta in Parlamento. Nemmeno il tempo di salutare tutto il personale di Palazzo Chigi e il nuovo premier si imbarca per il Canada dove è atteso al G7.

7 giugno 2018. Il primo Consiglio dei ministri si tiene senza Conte. Lo presiede il vice più anziano, ovvero Matteo Salvini. In quel primo Cdm si delibera il golden power Retelit.

4 dicembre 2019. Il Tar discuterà il ricorso contro la golden power.

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