skip to Main Content

Vivendi

Rete Tim, ecco l’ultima mossa di Vivendi in cda contro Mef e Kkr

Vivendi ha inviato ai membri del cda di Tim i pareri tecnici richiesti a cinque legali. Ecco le tesi salienti delle osservazioni dei giuristi

Mossa di Vivendi in cda di Tim contro la vendita della rete al fondo americano Kkr.

Il gruppo francese, principale investitore dell’operatore italiano, ha inviato a tutti i membri del cda dell’ex Telecom i pareri richiesti lo scorso ottobre a cinque giuristi che gli confermavano che serviva un’assemblea straordinaria e che serviva passare dal comitato parti correlate per realizzare l’operazione.

Il conglomerato dei media francese, di proprietà della famiglia Bolloré, detiene una quota del 23,75% e oltre il 17% dei diritti di voto di Telecom Italia. La società guidata da Arnaud de Puyfontaine (nella foto)  sta contestando in tribunale la vendita della rete fissa al fondo statunitense Kkr, un’operazione dal valore fino a 22 miliardi di euro, sostenendo che la vendita modifichi l’oggetto sociale e lo statuto di Tim.

A metà dicembre il socio francese ha infatti presentato un ricorso al Tribunale di Milano contro la società guidata da Pietro Labriola, senza però richiedere la sospensiva d’urgenza dell’operazione di cessione della rete.

Dopodiché a gennaio Vivendi ha richiamato l’attenzione di Bruxelles sull’operazione citando il ruolo del Tesoro, primo azionista di Cdp, a sua volta socio rilevante di Tim (con quasi il 10%), decidendo in solitaria e senza effettuare il passaggio dell’operazione dal comitato Parti correlate.

La cessione dell’asset è sostenuta dal governo italiano, che ha autorizzato il Mef ad assumere una partecipazione fino al 20% nella società della rete nell’ambito di un accordo con Kkr. Tim prevede di finalizzare l’accordo, che richiede l’approvazione dell’antitrust Ue, entro la metà dell’anno.

E ora, in vista della riunione del cda del 14 febbraio, Vivendi ha inviato ai membri del board la lettera del 24 ottobre in cui ha raccolto i pareri tecnici sull’offerta di Kkr.

Nello specifico, i pareri resi a Vivendi, sono firmati rispettivamente, dal professor Mario Notari, dal professor Vincenzo Pinto, dallo Studio Chiomenti (professor Marco Maugeri e avvocato Filippo Modulo), dai professori Giuseppe Ferri e Giuseppe Guizzi e dal professor Paolo Montalenti.

Tutti i dettagli.

VIVENDI INVIA AL CDA I CINQUE PARERI PRO VERITATE

“Cinque pareri pro veritate per far mettere agli atti le basi della contrarietà di Vivendi su metodo (oltre che sul merito) della vendita della rete Tim a Kkr. E cioè, in estrema sintesi, che si tratti di una decisione illegittima mancando il vaglio dell’assemblea straordinaria con «conseguente insorgenza del diritto di recesso» e l’esposizione degli amministratori a «responsabilità risarcitoria». Indice puntato anche sulla assenza di attivazione del meccanismo di parti correlate”, ha riassunto il Sole 24 Ore.

Alla fine della sua missiva, Vivendi ha allegato anche il parere richiesto a Luca Enriques, ex commissario Consob, per passare al setaccio quanto prevedono i principi contabili internazionali in materia di parti correlate.

Ma che cosa si legge nei pareri che Start Magazine ha letto?

IL PARERE DEL PROF MARIO NOTARI

Secondo il prof Mario Notari, ordinario di diritto commerciale nell’Università Bocconi di Milano, “l’Operazione di dismissione della rete di Tim costituisce un atto di gestione che si pone in contrasto con l’attuale regola statutaria dell’oggetto sociale, la quale rende necessario e imprescindibile l’esercizio congiunto delle due attività di gestione della rete e di servizi di comunicazioni”.

Di conseguenza, — conclude il giurista — essa può essere legittimamente decisa ed eseguita dagli amministratori di Tim solo previa modifica dell’oggetto sociale, con deliberazione dell’assemblea straordinaria assunta con le maggioranze di legge e di statuto, e con riconoscimento del diritto di recesso agli azionisti che non votino a favore della deliberazione stessa”.

COSA SCRIVE IL PROF VINCENZO PINTO

Anche per Vincenzo Pinto, docente ordinario di Diritto Commerciale presso l’Università di Pisa, “l’Operazione determina l’effetto, significativo e permanente, di deviare, in senso regressivo, l’attività di Tim rispetto al programma di attività delineato dall’art. 3 dello statuto, e, di conseguenza, integra una modifica di fatto dell’oggetto sociale di Tim vietata dall’art. 2361, comma 1, c.c.”.

Secondo Pinto “l’Operazione, per essere legittimamente compiuta, presuppone che siano state rispettate le tutele previste dall’ordinamento per gli azionisti dinanzi alle modifiche formali dell’oggetto sociale, e segnatamente la competenza deliberativa dell’assemblea straordinaria per la previa necessaria modifica dell’art. 3 dello statuto con il riconoscimento, in tale sede, del diritto di recesso dei soci non consenzienti (art. 2437, comma 1, lett. a, c.c.)”.

SCATTATO IL DIRITTO DEGLI AZIONISTI DI IMPUGNARE L’OPERAZIONE

Inoltre, per il professore di Pisa “la decisione degli amministratori assunta in violazione del divieto stabilito dall’art. 2361, comma 1, c.c. – oltre a far scattare gli ordinari rimedi contro gli illeciti gestori – avrebbe una portata lesiva plurima dei diritti degli azionisti, con conseguente diritto dei soci di impugnarla ai sensi dell’art. 2388, comma 4, secondo periodo, c.c. (così come sarebbe non conforme alla legge, e dunque impugnabile ex art. 2377 c.c., una deliberazione dell’assemblea ordinaria che approvasse l’Operazione in difetto della previa, necessaria modificazione dell’art. 3 dello statuto)”.

COSA SCRIVE PAOLO MONTALENTI

Dello stesso avviso anche Paolo Montalenti, professore emerito di diritto commerciale presso l’Università degli Studi di Torino, ritenendo che “l’Operazione sia contraria all’oggetto sociale, in violazione dello Statuto e che pertanto la deliberazione del Consiglio di amministrazione di approvazione dell’Operazione possa essere legittimamente assunta soltanto successivamente e conseguentemente ad appropriata modifica dell’art. 3 dello Statuto di TIM deliberata dall’assemblea straordinaria con le modalità e i requisiti di legge e il riconoscimento del diritto di recesso ex art. 2437, comma 1, lett. a) cod. civ. 13.2.”

COSA SCRIVANO I PROFESSORI FERRI E GUIZZI

Nel parere siglato da Giuseppe Ferri, ordinario di Diritto Commerciale dell’Università La Sapienza, e da Giuseppe Guizzi, ordinario di Diritto Commerciale dell’Università Tor Vergata, si legge che “l’Operazione, lungi dall’attuare l’oggetto sociale, come risulta definito dalla corrispondente clausola statutaria, non si limita a risultare, come detto, ad esso non conforme, ma finisce, piuttosto, per precluderne l’attuazione: in altri termini, al fine di attuare l’oggetto sociale come in concreto definito dallo Statuto (o, meglio, di continuare a farlo) risulterebbe «necessario» non già porre in essere l’operazione di dismissione ma, tutto al contrario, astenersi dall’eseguirla, dal momento che la sua esecuzione finirebbe secondo una convincente ipotesi ricostruttiva avanzata in un recente contributo dottrinale, quello di Bernardo Massella Ducci Teri pubblicato sulla Rivista del diritto commerciale del 2023, dal titolo Il problema degli interessi primordiali dei soci: dalle competenze implicite alla modificazione dell’oggetto sociale (I, pp. 133 ss.) – addirittura per integrare la causa di scioglimento di cui all’art 2484, comma 1, n. 2, c.c. 6.”

IL PARERE DELLO STUDIO LEGALE CHIOMENTI

Infine, concordano con i precedenti pareri anche i Prof. Marco Maugeri e Avv. Filippo Modulo dello studio legale Chiomenti, mettendo nero su bianco che “avuto riguardo all’evidente “significatività” della rete, una sua eventuale cessione configura una sostanziale e rilevante modificazione (limitazione) dell’attività esercitata da Tim: in quanto tale, essa esige una preventiva modificazione dell’oggetto sociale da devolvere alla competenza dell’assemblea straordinaria di Tim, con conseguente insorgenza del diritto di recesso in capo agli azionisti che non abbiano concorso alla assunzione della relativa deliberazione”.

Pertanto, “Anche a prescindere dalla (indubbia) spettanza del diritto di recesso e dalla sussistenza di un (indubbio) nesso funzionale tra la rete e la piena realizzazione dell’oggetto sociale sociale di Tim, la rilevanza economica, patrimoniale e reddituale del bene ceduto e l’incidenza dell’Operazione sui diritti patrimoniali dei soci impongono di affermare in ogni caso una competenza non scritta dell’Assemblea Straordinaria, secondo i modelli noti ai più avanzati ordinamenti giuridici”.

“Qualora il Consiglio obliterasse la competenza dell’Assemblea Straordinaria e violasse il diritto di recesso dei soci, la decisione sarebbe manifestamente illegittima e impugnabile ai sensi dell’art. 2388, comma 4, c.c., mentre la sua esecuzione esporrebbe gli Amministratori a responsabilità risarcitoria e a revoca per giusta causa” concludono i legali.

Back To Top