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quota 100

Qual è lo stato di salute dei fondi pensione

L’analisi di Giuliano Cazzola

 

E’ stata presentata nei giorni scorsi la relazione per il 2020 della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione). Come è noto, dopo la riforma del 2007, il trattamento di fine rapporto è stata individuato come principale fonte di finanziamento delle forme pensionistiche private e a capitalizzazione.

L’operazione è destinata al raggiungimento dei seguenti obiettivi: la possibilità dei lavoratori dipendenti  di potersi avvalere di un risorsa disponibile e congrua  (essendo pari a quasi il 7% della retribuzione) ai fini della determinazione del montante  contributivo individuale dei lavoratori aderenti; per quanto riguarda i datori di lavoro l’allocazione del TFR non comporta un incremento del costo del lavoro, ma solo un’anticipazione della messa a disposizione  dei dipendenti di una somma che normalmente viene erogata, in quota cassa, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro. Il fatto è che lo Stato ci ha infilato lo zampino, nel senso che anche al TFR – non optato nelle aziende da 50 dipendenti in su – è stato applicato il criterio del finanziamento a ripartizione.

COSA PREVEDE LA NORMATIVA

La normativa in vigore prevede che il lavoratore dipendente del settore privato disponga di diverse opzioni riguardo alla destinazione delle quote maturande di Trattamento di Fine Rapporto (TFR):

− far confluire il TFR a una forma di previdenza complementare con modalità tacita: se entro sei mesi dalla prima assunzione il lavoratore non ha effettuato alcuna scelta con riguardo al proprio TFR, il datore di lavoro fa confluire il TFR maturando alla forma previdenziale collettiva di riferimento per il lavoratore o, in mancanza di questa, al fondo COMETA a seguito del decreto ministeriale di soppressione di FONDINPS entrato in vigore nell’agosto del 2020;

− far confluire il TFR a una forma di previdenza complementare con modalità esplicita: il lavoratore può decidere di versare il proprio TFR alla forma previdenziale da lui stesso designata investendo, oltre al TFR maturando, anche una quota di contribuzione aggiuntiva (propria ed eventualmente del datore di lavoro) che sarà interamente deducibile dal reddito complessivo entro la soglia annua di 5.164,57 euro;

− mantenere il regime del TFR di cui all’art. 2120 c.c. con modalità esplicita: accantonandolo presso l’azienda di appartenenza nel caso quest’ultima abbia meno di 50 dipendenti ovvero, nell’ipotesi di un numero di dipendenti pari o superiore a 50, destinandolo al Fondo di Tesoreria, gestito dall’INPS, il quale – ecco il nuovo criterio di finanziamento che abbiamo definito a ripartizione – incassa le risorse anno per anno e fa fronte ai relativi pagamenti; l’avanzo è destinato  alla spesa corrente dello Stato. Osserviamo allora l’effettiva allocazione nel Fondo Tesoro dell’ammontare di un rateo annuo di TFR.

I DATI

Il flusso complessivo di TFR che nel 2020 è stato generato nel sistema produttivo può essere stimato in circa 27,2 miliardi di euro; di questi, 14,7 miliardi sono rimasti accantonati presso le aziende, 6,5 miliardi versati alle forme di previdenza complementare e 5,9 miliardi destinati al Fondo di Tesoreria.

Dall’avvio della riforma, su 348,4 miliardi di TFR, 192,9 miliardi (il 55,4 per cento del totale) sono rimasti in azienda; 80,3 miliardi (il 23 per cento del totale) è confluito nel Fondo di Tesoreria. La parte destinata alla previdenza complementare è stata di 75,2 miliardi di euro, il 21,6 per cento del totale.

TFR generato nel sistema produttivo – Modalità di utilizzo

(flussi annuali; importi in milioni di euro)    2016 2017 2018 2019 2020 Totale

2007-2020

Previdenza complementare 5.674 5.832 6.016 6.322 6.538 75.166
Fondo di Tesoreria 5.784 5.845 5.891 6.059 5.941 80.289
Acc.to in azienda 13.550 14.379 15.047 15.349 14.671 192.946
Totale generale 25.008 26.056 26.954 27.730 27.150 348.401

Fonte: Covip

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