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Conto Terzi

Quanto vale il conto terzi in Italia?

Non è casuale la scelta di piazzare un iceberg nell’immagine di copertina del report che Farmindustria ha commissionato a Fondazione Symbola per provare a comprendere quanto valga il conto terzi nel Paese. Siamo infatti di fronte a numeri inattesi. Del conto terzi, ovvero della filiera produttiva composta da piccole e medie realtà che con il…

Non è casuale la scelta di piazzare un iceberg nell’immagine di copertina del report che Farmindustria ha commissionato a Fondazione Symbola per provare a comprendere quanto valga il conto terzi nel Paese. Siamo infatti di fronte a numeri inattesi. Del conto terzi, ovvero della filiera produttiva composta da piccole e medie realtà che con il loro lavoro silenzioso contribuiscono ai grandi marchi di ogni settore di arrivare sul mercato, se ne parla infatti pochissimo, ed è solo la punta del proverbiale iceberg, perché il comparto permette al mercato non solo di stare in piedi ma anche di prosperare e di essere competitivo nei riguardi dei competitor europei e internazionali.

IL CONTO TERZI IN NUMERI

Secondo il report presentato a Milano, nel nostro Paese sono ormai 108 mila le imprese della manifattura che hanno prodotto almeno una volta conto terzi. Siamo dunque di fronte a una percentuale che sfiora il 27% del totale. L’indotto complessivo si aggira attorno ai 56 miliardi di euro, pari al 6,3% del fatturato totale del settore manifatturiero. Si avvale soprattutto del conto terzi l’automazione (43,5%), seguita da abbigliamento (8,2%), arredamento (5,4%) alimentare (3%) e farmaceutica 2,9%). L’altro 27% è legato invece a comparti con quote minori, come gomma, plastica, elettronica e prodotti petroliferi.

LE IMPRESE CHE SI AFFIDANO AL CONTO TERZI PER STARE SUL MERCATO

Riducendo il perimetro (realtà per le quali il fatturato conto terzi è maggiore del 50% rispetto al totale), troviamo 69 mila imprese e un fatturato che si aggira attorno ai 50 miliardi di euro (per la precisione 47 miliardi). L’open innovation – il continuo e ininterrotto dialogo tra le grandi imprese e il mondo del contoterzismo – contribuisce a far sì che siano realtà particolarmente giovani e dinamiche, particolarmente attente al ricambio dei macchinari e alla formazione. Ma soprattutto sono entità che esportano: il 17,5% della meccanica, il 15% nell’arredamento, il 14% nell’abbigliamento, il 12% del fatturato nel settore alimentare. Ma leader in tal senso è la farmaceutica che raggiunge e supera il 67,7%. Numeri incoraggianti, insomma, e un modello che funziona.

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