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Messico

Quanto costa la “tassa mar Rosso” in Italia ed Europa?

La crisi nel mar Rosso provocata dagli attacchi dei ribelli Houthi sta provocando rincari in quasi tutti i settori. In Italia si teme per quello alimentare, nel Regno Unito cresce l'inflazione nel settore manifatturiero e Germania e Francia si scontrano con tempi di consegna sempre più lunghi. Fatti, numeri e commenti

 

Gli attacchi degli Houthi (il gruppo ribelle yemenita sostenuto dall’Iran), che hanno spinto prima Stati Uniti e Regno Unito e poi anche l’Unione europea a presidiare il mar Rosso per difendere le navi commerciali che lo attraversano, per il momento non sembrano avere fine.

Questo impone cambi di rotta molto costosi, rallentamenti nelle catene di approvvigionamento e rincari su praticamente tutti i prodotti. E le conseguenze valgono per tutte le maggiori economie europee e non solo.

“Siamo molto preoccupati che gli attacchi alle spedizioni marittime del mar Rosso stiano aggiungendo tensioni al commercio globale, esacerbando le perturbazioni già esistenti dovute alla geopolitica e ai cambiamenti climatici”, ha detto Jan Hoffman, capo della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), spiegando che negli ultimi due mesi il volume del traffico commerciale che passa attraverso il Canale di Suez è diminuito di oltre il 40%.

IN ITALIA SI TEME PER I RINCARI ALIMENTARI

Il nostro Paese, dove già un mese fa si temevano i rincari per l’import-export, si dice preoccupato in vari settori. Primo tra tutti quello alimentare, come confermato al Messaggero da Giacomo Calef, country manager Italia di Ns Partners, a cui si unisce Coldiretti, ricordando che “l’export agroalimentare made in Italy in Asia vale 5,5 miliardi nel 2023, del quale quasi il 90% raggiunge i Paesi di destinazione per via marittima e si scontra con le difficoltà alla navigazione provocate dagli attacchi degli Houthi contro le navi nel Mar Rosso”.

Inoltre, tra i prodotti che esportiamo ci sono anche quelli freschi che non possono sostenere un viaggio troppo lungo. Adesso infatti, per non passare davanti allo Yemen, le navi commerciali percorrono la traiettoria dal Capo di Buona Speranza, il che significa viaggi circa 15 giorni più lunghi e un maggior costo in termini di carburante e polizze assicurative.

STIME SU RINCARI E SPRECHI

Per Alessandro Squeri, direttore generale della società di produzione di polpa di pomodoro Steriltom, “se la situazione non si risolve rischiamo aumenti di prezzo importanti per le eccellenze del made in Italy nei prossimi mesi, fino al 10% sul prodotto finito”.

“Per la frutta fresca – aggiunge sempre sul Messaggero Michele Ponso, presidente della federazione frutticoltura di Confagricoltura – il pericolo è un aumento del 6-7% tra primavera ed estate: per la campagna in corso lavoriamo sulle vecchie scorte, abbiamo i frigoriferi che possono far mantenere i prodotti per altri 15-20 giorni e ci possiamo spostare sul mercato Ue, ma se ci vorranno ancora 50 giorni di viaggio per le spedizioni, prodotti come le susine in India non li potremo più inviare”.

IL GNL (PER ORA) REGGE

Almeno dal punto di vista dell’energia, in Italia, per ora sembra non esserci un’emergenza grazie a stoccaggi molto elevati. Ma dal canale di Suez transita il gas naturale liquefatto (Gnl) del Qatar, che corrisponde a circa il 10% del gas consumato nel nostro Paese e che, stando alle stime dell’Ispi, a gennaio si potrebbe verificare una riduzione delle consegne del 70% rispetto alla media del 2023.

TRASPORTI SEMPRE PIÙ CARI

Pure Confindustria Moda è in allarme per gli attacchi degli Houthi nel mar Rosso perché ha sottolineato che sia da sia verso l’Asia i prezzi dei trasporti sono saliti alle stelle. Secondo il World Container Index, da Shanghai a Genova sono quasi triplicati (da 1.373 a 5.213 dollari) ed è successo quasi altrettanto a quelli per Rotterdam (da 1.171 a 4.406 dollari).

Per l’Ispi sono addirittura più che quadruplicati nel giro di un mese e mezzo (+350%) e “per ora, la crisi è più regionale che globale” dato che, per esempio, “nello stesso intervallo di tempo, infatti, i costi di trasporto da Shanghai a Los Angeles sono aumentati ‘solo’ del 95%”.

In merito all’export, il il World Container Index afferma che la spedizione di un container dai porti di Napoli, Genova e Trieste verso Shanghai è più cara del 231% rispetto ai primi di gennaio e, secondo l’Ispi, i traffici dei primi sei porti italiani (Genova, Venezia, Trieste, Gioia Tauro, Augusta e Livorno) si sono ridotti di oltre il 20%.

E sempre l’Istituto di politica internazionale stima che i maggiori costi di trasporto “potrebbero far aumentare i prezzi generali in Europa del +1,8% entro 12 mesi, e l’inflazione ‘core’ del +0,7%, rispetto a uno scenario senza crisi”.

LA CRISI PIEGA ANCHE LE ECONOMIE DI REGNO UNITO, GERMANIA E FRANCIA

Ma l’aumento dei costi di trasporto ha contribuito a spingere l’inflazione nel settore manifatturiero al livello più alto da marzo e a far allungare i tempi di consegna dei fornitori per la prima volta in 12 mesi anche in Gran Bretagna, scrive Bloomberg. “L’inflazione è destinata a rimanere ostinatamente più alta, nell’intervallo del 3-4%, nel prossimo futuro”, ha dichiarato Chris Williamson, Chief Business Economist di S&P Global Market Intelligence.

E in Germania, dove il settore privato si è contratto per il settimo mese consecutivo, aggiunge la testata britannica, il tasso di diminuzione dei costi dei fattori produttivi è stato il più debole degli ultimi 9 mesi, mentre in Francia tempi di consegna hanno raggiunto il valore più basso dell’ultimo anno.

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