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Pubblica amministrazione, quanto costerà la Grande Infornata?

Il commento di Luigi Oliveri, uscito sul blog Phastidio.net curato da Mario Seminerio, su progetti e annunci del governo per la Pubblica amministrazione

La legge “concretezza” di riforma della Pubblica Amministrazione, della quale i media cominciano a fornire alcune indiscrezioni potremmo anche ridenominarla “aridaje col concorsone”.

Sì, perché l’intento pare consistere, tra gli altri, nello sbloccare generalmente il turn over per il 100% ed anticipare nel 2019 un piano di assunzioni per 450.000 dipendenti pubblici, destinati a compensare l’esodo di quasi altrettanti dipendenti che a partire dal prossimo e per i prossimi tre anni andranno in pensione.

Ecco cosa afferma su twitter in merito l’Inquilina di Palazzo Vidoni:

Ineccepibile. In effetti sono passati anni ed anni a parlare solo di fannulloni, visite fiscali e blocco del turn over, senza che un piano concreto ed efficace di miglioramento dei servizi della PA sia mai stato avviato.

Persino il professor Sabino Cassese, nell’intervista rilasciata il 21 agosto 2018 a Il Sole 24 Ore evidenzia, a proposito di ventilate “nazionalizzazioni” delle strade:

«Ben venga lo Stato. Ma prima bisogna metterlo in grado di funzionare (…) Uno Stato senza tecnici, come può gestire autostrade? Quindi, prima una cura di vent’anni, per riportare nello Stato capacità, per premiare dipendenti maltrattati dallo “spoils system“, per incentivare i migliori»

Insomma, qualcuno pare essersi reso conto che tra la giusta battaglia (dalle armi leggermente spuntate, almeno finora) contro i fannulloni, con annessi lustri di blocco delle assunzioni, blocco dei contratti, e il rilancio della Pubblica Amministrazione, con annessi sistemi informativi finalmente efficaci e funzionanti in comunicazione tra loro e connessi investimenti, occorre un necessario periodo di decantazione. Il prof. Cassese parla di un ventennio. Ed invita, saggiamente, a rinunciare a strumenti come lo spoils system, utili sono per la politicizzazione della PA, senza nessuna garanzia di maggior efficacia della sua azione.

Troppo pessimista il prof. Cassese? Dovremo aspettare i fatti, prima di lanciarci in simile giudizio. Sta di fatto che pensare di assumere davvero 450.000 dipendenti nel solo 2019 (per quanto auspicabile o opportuno), simmetricamente potrebbe considerarsi obiettivo fin troppo ottimista. Mentre si può essere abbastanza certi che pensare che tutto d’un colpo 450.000 dipendenti si mettano a gestire, operare e funzionare perfettamente,  con competenza ed efficacia (per altro, senza nemmeno poter contare sul “passaggio delle consegne”) sia una professione di fede non poco ferrea.

Staremo a vedere. Che il Governo intenda anche sul piano della gestione del personale pubblico una rottura col passato non stupisce: il tratto distintivo è certo la discontinuità, per quanto del “concorsone” il precedente governo ne avesse discusso e discettato poco prima delle elezioni (una captatio benevolentiae per i dipendenti pubblici prima del voto non fa mai male).

Resta, però, sempre fermo il solito noioso punto dei costi. Assumere 450.000 dipendenti significa una spesa stimabile tra i 15 e i 17 miliardi di euro.

La spesa complessiva del lavoro pubblico è passata da un picco di circa 170 miliardi nel 2009 ai 157 miliardi del 2017 (si veda qui, tratto dal Conto economico la tabella 5.1). Un risparmio di 13 miliardi che, come contropartita, ha avuto il blocco delle assunzioni e della contrattazione e l’invecchiamento del personale, oltre che una poca attrattività soprattutto per i ruoli tecnici

Secondo il Def 2018, tuttavia, la spesa per il personale tornerà a circa 170 miliardi a partire dal 2019. Sostanzialmente, è bastato rinnovare i Ccnl scaduti dal 2009 per tornare al livello della spesa complessiva proprio del 2009. Il Def, è giusto sottolinearlo, per gli anni fino al 2021 continua a prevedere una spesa complessiva per il personale costante intorno ai 170 miliardi.

È lecito chiedersi se queste stime siano state predisposte considerando che lo stock del personale sarebbe rimasto invariato sui circa 3.100.000 dipendenti in servizio nel 2017, grazie appunto al “concorsone”, ma senza rinnovi contrattuali; o se i nuovi costi dei Ccnl (circa 1,5-2 mliardi) sarebbero stati assorbiti da un turn over solo parziale.

Sta di fatto che se il “concorsone -2” immaginato dalla riforma della PA dovrebbe essere parallelo all’apertura della nuova stagione contrattuale della PA.

Quindi, il tentativo di non ridurre drasticamente il numero dei dipendenti pubblici e contemporaneamente di attivare la nuova contrattazione comporterebbe la rinuncia ad un possibile risparmio di spesa corrente tra i 15 ed i 17 miliardi ed un maggior costo stimabile tra 1,5 e 2 miliardi.

L’autunno rivelerà le fonti di finanziamento di un piano di intervento sulla PA particolarmente vasto ed oneroso, come quello che si profila. Sarà fondamentale verificare se accanto ad esso, vi saranno i necessari investimenti, ricordati prima, in informatica, logistica, organizzazione e valutazione. Altrimenti, evitare che si svuotino caselle delle dotazioni organiche potrebbe rivelarsi sterile.

(Estratto di un articolo pubblicato su Phastidio.net)

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