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Ripresa

Ecco come Usa e Cina riprendono a correre. Report Prometeia-Assolombarda

Numeri e scenari sull'economia mondiale in uno studio Prometeia-Assolombarda

 

Un anno fa, in pieno lockdown, cercavamo di capire le implicazioni economiche di un fatto mai verificatosi nel passato e si prospettava la “peggiore recessione in tempi di pace”, ma anche la più singolare se consideriamo le sue specificità.

PIL ITALIA +4,7% NEL 2021, +4,2% NEL 2022

Nel 2020, l’Italia ha avuto una caduta del -8,9% del PIL, derivante da profonde oscillazioni: dal -13% del secondo trimestre dovuto alle restrizioni di movimento e al lockdown pieno, cui è seguito un altrettanto forte rimbalzo (+15,9%), e poi la nuova “gelata” autunnale (-1,9%).

In un anno abbiamo perso 150 miliardi di euro di PIL, 108 miliardi di consumi, 435 mila occupati, e l’indebitamento della Pubblica Amministrazione è passato dai 27,9 miliardi a cui era sceso nel 2019 a 156,3 miliardi.

La dimensione degli impulsi fiscali per l’Italia è stata significativa in prospettiva storica: dopo il 6,6% di Pil di politiche espansive del 2020 (108 miliardi), il 2021 si sta avviando verso un nuovo impulso di poco inferiore, pari al 5% (85 miliardi stanziati cui vanno aggiunti i 10 in arrivo con il NGEU nella seconda metà dell’anno).

In questa prima parte dell’anno la terza ondata della pandemia sta frenando il ritorno alla normalità, nonostante la disponibilità (un po’ incerta) dei vaccini e una profonda crisi politica superata con il conferimento dell’incarico a Mario Draghi. In questo contesto, Prometeia conferma un’ulteriore, seppur modesta, caduta di attività economica anche nel primo trimestre del -0,4%.

Nel complesso del 2021, per l’Italia si prevede un aumento del PIL pari al +4,7% (dovuto in parte anche a un effetto trascinamento dello scorso anno quantificabile in un +2,3% ‘acquisito’), e per il 2022 un’ulteriore crescita del +4,2%.

CINA E USA RIPRENDONO A CORRERE

Nel 2020 Stati Uniti e Cina hanno sperimentato un andamento dell’attività economica migliore (rispettivamente -3,5%, +2,2%) rispetto all’area euro (-6,8%). Una tendenza confermata anche nel 2021: le stime indicano infatti una crescita del +6,2% negli USA, un +8,6% in Cina e solo un +4,2% nell’Eurozona, complici i ritardi nella campagna vaccinale e gli stimoli fiscali più contenuti. Importante è anche rilevare che il quadro per l’anno in corso è in deciso miglioramento rispetto alle proiezioni formulate a fine anno scorso sia per l’Eurozona (appunto al +4,2% nel 2021 dal +3,9% previsto a dicembre) sia soprattutto per gli USA (al +6,2% dal +3,7%).

In Cina, i dati del 2021 sono per ora di difficile interpretazione poiché si confrontano con l’inizio dei lockdown nel 2020: le principali variabili (produzione industriale, investimenti fissi lordi e vendite al dettaglio) sono infatti oltre il 33% più elevate in termini tendenziali.

Gli investimenti e la produzione industriale si concentrano soprattutto sul settore auto e su quello elettronico, settori per i quali è importante l’espansione delle linee produttive in risposta a una forte domanda mondiale che anticipa il sentiero tracciato dalle linee guida del piano quinquennale. Il piano persegue anche una crescita guidata dalla domanda interna, soprattutto consumi delle famiglie, con una minore ricerca di elevate performance delle esportazioni. In assenza di nuove recrudescenze di COVID, assumendo un rientro della politica fiscale e monetaria straordinarie, i consumi saranno il motore principale della crescita.

Negli Usa i 2.800 miliardi di dollari che l’amministrazione sta impegnando nel biennio 2021-2022 rappresentano un’opportunità di crescita per l’economia mondiale, cui tuttavia si accompagnano rischi non trascurabili connessi all’evoluzione pandemica e al cambiamento politico.

Il rischio principale per l’economia americana è che si inneschi una spirale inflazionistica. Un aumento dei prezzi è fisiologico in vista della riduzione dell’emergenza pandemica, ma anche imputabile ad una probabile temporanea inadeguatezza dell’offerta, oltre che per la possibilità che vengano aumentati i prezzi di vendita per ampliare i margini di profitto dopo un anno deludente come il 2020. Si ritiene probabile che quest’anno l’inflazione USA (e mondiale) aumenterà in misura significativa anche per un effetto base sulla componente dell’energia e delle commodity in generale.

I PREZZI DELLE MATERIE PRIME

Il 2021 si è aperto all’insegna dei rialzi sui mercati delle materie prime prolungando al primo trimestre dell’anno un trend espansivo in atto, senza soluzione di continuità, da ormai otto mesi.

La maggior parte di esse (metalli, ma anche agricoli) si colloca attualmente su livelli molto più elevati a quelli osservati prima dello scoppio della pandemia.

L’Indice Prometeia dei Prezzi delle Commodity, sintesi dei costi di approvvigionamento delle imprese manifatturiere italiane, ha chiuso febbraio ai massimi da metà 2018 (rispettivamente +30% e +45%, in euro e in dollari, dai minimi di maggio 2020).

Le attese per il 2021 sono orientate in direzione di un apprezzamento dell’Indice Prometeia del +20% circa: si tratta di una variazione in larga parte già acquisita nei livelli attuali, e destinata a lasciar spazio a una riduzione visibile, in media annua, a partire dal 2022.

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