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Popolare Sondrio

Popolare Sondrio e Popolare Bari, come si muoveranno verso la trasformazione in spa

Come si muoveranno Popolare di Sondrio e Popolare di Bari verso la trasformazione in società per azioni? E’ quanto si chiedono in queste ore analisti, addetti ai lavori, investitori e azionisti delle due banche popolari che ancora non sono diventate società per azioni dopo la riforma Renzi-Boschi. Ma la domanda è ancora più attuale dopo…

Come si muoveranno Popolare di Sondrio e Popolare di Bari verso la trasformazione in società per azioni?

E’ quanto si chiedono in queste ore analisti, addetti ai lavori, investitori e azionisti delle due banche popolari che ancora non sono diventate società per azioni dopo la riforma Renzi-Boschi.

Ma la domanda è ancora più attuale dopo la sentenza della Corte costituzionale proprio sulla riforma in questione che ha riguardato le banche popolari.

IL COMMENTO DI ASSOPOPOLARI

“E’ noto – ha detto di recente Corrado Sforza Fogliani, presidente di Assopopolari, l’associazione che riunisce e rappresenta le banche del settore, prima della sentenza della Consulta – che la Popolare di Bari si è ormai rassegnata a diventare una spa e prevede di completare il percorso entro settembre od ottobre”.
“Ben diverso -secondo Sforza Fogliani – è il caso di quella di Sondrio, perché i suoi dirigenti per ora stanno alla finestra ad attendere il pronunciarsi del Consiglio di Stato, soprattutto riguardo alla questione delle norme di recesso”. “L’alternativa che si riserva Sondrio è quella della holding. Se le riuscisse, la banca valtellinese riuscirebbe a conservare le sue prerogative di popolare vicina al territorio”, ha aggiunto il presidente di Assopopolari.

CHE COSA DICE LA POPOLARE DI SONDRIO

La Popolare di Sondrio conferma l’intenzione di trasformarsi in Spa anche se, dall’assemblea sul bilancio che si è svolta negli scorsi giorni, come emerso da alcuni partecipanti ai lavori, non è emersa alcuna indicazione su tempi e modi con cui verrà dato l’addio alla forma cooperativa.
Commentando l’intervento di un socio, secondo cui l’efficienza di una banca non dipende dalla forma giuridica, il presidente della Sondrio, Francesco Venosta, si è limitato a dire che «comunque la si pensi è nostro dovere, ed è quello che accadrà, adeguarsi alle norme dell’ordinamento, piaccia o non piaccia».

L’INTERVISTA DI IACOBINI

Di tempistica verso la spa ha parlato di recente anche Marco Iacobini, numero uno della Popolare di Bari. Alla domanda della Gazzetta del Mezzogiorno “Quando si terrà l’assemblea che dovrà ratificare il passaggio alla spa?”, Iacobini ha risposto: “Ritengo non più tardi di settembre”.
“La filosofia della spa – ha aggiunto Iacobini – è radicalmente diversa dalla logica cooperativistica. La nostra storia parla da sola: esprime una visione cooperativistica, più congeniale alle attese e alle esigenze del territorio. Questo non vuol dire che la Banca Popolare di Bari in più di mezzo secolo di vita abbia trascurato la redditività. Anzi. Lo dimostra la crescita costante della nostra azienda di credito. Ma la spa è un’altra cosa: redditività e convenienza economica diventano un obiettivo esclusivo”, ha concluso il presidente della Popolare di Bari.

CHE COSA HA DECISO LA CORTE

Ma che cosa ha stabilito di preciso la Corte costituzionale? “I limiti al rimborso delle azioni sono imposti dalle regole europee”. E’ quanto in sostanza ha deciso la Consulta, in una sentenza relativa alla riforma della disciplina delle banche popolari, depositata negli scorsi giorni, con cui si spiegano le ragioni della decisione adottata e resa nota il 21 marzo scorso sulle questioni sollevate dal Consiglio di Stato.

IL PASSAGGIO SALIENTE

“Le regole prudenziali dell’Unione europea in materia bancaria (in particolare sulle condizioni per computare le azioni nel capitale primario delle banche) non lasciano al legislatore nazionale – sottolinea la Corte Costituzionale – alcuna facoltà di scelta tra le due presunte ‘opzioni’, ossia la limitazione quantitativa del rimborso del socio recedente e il suo rinvio, ma gli impongono di attribuire alla banca il potere di adottarle entrambe.
Solo così le azioni possono essere considerate strumenti del capitale primario di classe 1. Pertanto, la censura al decreto sulle banche di aver preferito la soluzione più onerosa per il socio recedente è infondata, dal momento che il legislatore non aveva margini di scelta”.

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