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Banca Popolare di Sondrio e Popolare Bari, ecco le motivazioni della sentenza della Consulta sulla riforma delle Popolari

Le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale sulla riforma delle banche popolari, i passaggi essenziali, gli effetti per le banche in attesa (Popolare di Sondrio e Popolare di Bari) e i primi commenti degli avvocati “I limiti al rimborso delle azioni sono imposti dalle regole europee”. Lo ha deciso la Consulta, in una sentenza relativa…

“I limiti al rimborso delle azioni sono imposti dalle regole europee”. Lo ha deciso la Consulta, in una sentenza relativa alla riforma della disciplina delle banche popolari, depositata ieri, con cui si spiegano le ragioni della decisione adottata e resa nota il 21 marzo scorso sulle questioni sollevate dal Consiglio di Stato.

IL PASSAGGIO SALIENTE

“Le regole prudenziali dell’Unione europea in materia bancaria (in particolare sulle condizioni per computare le azioni nel capitale primario delle banche) non lasciano al legislatore nazionale – sottolinea la Corte Costituzionale – alcuna facoltà di scelta tra le due presunte ‘opzioni’, ossia la limitazione quantitativa del rimborso del socio recedente e il suo rinvio, ma gli impongono di attribuire alla banca il potere di adottarle entrambe.
Solo così le azioni possono essere considerate strumenti del capitale primario di classe 1. Pertanto, la censura al decreto sulle banche di aver preferito la soluzione più onerosa per il socio recedente è infondata, dal momento che il legislatore non aveva margini di scelta”.

I NUMERI DELLA SENTENZA

È uno dei passaggi della sentenza n. 99/2018 sulla riforma delle banche popolari (decreto legge 24 gennaio 2015 n. 3 convertito nella legge n. 33/2015), depositata oggi in cancelleria (relatrice Daria de Pretis), con cui la Corte costituzionale ha spiegato le ragioni della decisione presa il 21 marzo scorso (e anticipata con un comunicato stampa) sulle questioni sollevate dal Consiglio di Stato.

CHE COSA HA DECISO LA CORTE

Dopo aver riconosciuto la sussistenza dei presupposti per la decretazione d’urgenza, in linea con quanto già affermato nel 2016 su un ricorso della Regione Lombardia, la Corte ha affrontato le altre questioni sottoposte al suo esame, riguardanti principalmente la legittimità delle limitazioni del rimborso dei soci recedenti e i poteri della Banca d’Italia di definirne le modalità.

IL PRIMO PUNTO

Quanto al primo punto, la Consulta ha rilevato anzitutto che “le limitazioni previste costituiscono un ragionevole bilanciamento fra la tutela dei diritti del socio recedente e l’interesse generale alla stabilita’ del sistema finanziario”. Esse sono inoltre “strettamente collegate alla situazione prudenziale della banca”, nel senso che il rimborso può essere limitato dalla banca solo nella misura e nello stretto tempo in cui ciò sia necessario per soddisfare le esigenze prudenziali.
Qualora “la banca assuma misure limitative del rimborso del socio recedente, spetta agli amministratori verificare periodicamente la situazione prudenziale della banca, nonché la permanenza delle condizioni che ne hanno imposto l’adozione, e prendere i provvedimenti conseguenti, ove esse siano venute meno.

DOSSIER RIMBORSO

In tal caso, se il rimborso è stato differito, il credito del recedente deve considerarsi esigibile; se è stato ridotto quantitativamente, le azioni non rimborsate sono restituite al recedente”. Per la Corte “è quindi scongiurato, anche con riferimento alla tutela fornita dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, l’effetto espropriativo temuto dal rimettente”.

QUESTIONE BANCA D’ITALIA

Quanto al secondo punto, la Corte costituzionale ha escluso che il potere della Banca d’Italia di disciplinare le modalità delle limitazioni del rimborso delle azioni, in caso di recesso a seguito di trasformazione della società, “contrasti con i parametri costituzionali”. Contrariamente a quanto ritenuto dal Consiglio di Stato, “la norma contestata non e’ una previsione di delegificazione, perché non attribuisce all’Istituto di vigilanza la facoltà di adottare una disciplina ‘sostitutiva’ di quella dettata dalla legge ne’ fa derivare dall’entrata in vigore della fonte secondaria la cessazione di efficacia di disposizioni delegificate”.
Considerato inoltre che, nella definizione della disciplina ad essa affidata, alla Banca d’Italia non spetta alcuna valutazione politico-discrezionale sugli interessi in gioco e che il suo potere e’ fortemente circoscritto dai regolamenti europei, secondo la Corte “non sussiste nemmeno violazione del principio di legalità sostanziale”.

IL COMMENTO DELL’AVVOCATO

Secondo l’avvocato Francesco Saverio Marini, uno dei legali che ha sollevato la questione di incostituzionalità, «c’è un passaggio eloquente della sentenza in cui si chiarisce che l’azzeramento del rimborso (attuato da alcune banche popolari, ndr), previsto dalla Banca d’Italia con il rinvio sine die non è contemplato. E questo può aprire a una parziale illegittimità della circolare di Bankitalia che dovrà eventualmente stabilire il Consiglio di Stato quando si esprimerà di nuovo sul merito», si legge nell’articolo odierno sul Sole 24 Ore.
LO SCENARIO PER BARI E SONDRIO
 
La sentenza della Corte riapre di fatto la porta alla trasformazione in Spa delle ultime due banche che ancora mancavano all’appello, ovvero Banca Popolare di Sondrio e Banca Popolare di Bari. I due istituti di credito ora dovranno adeguarsi in tempi stretti alle indicazioni della Corte, non appena saranno recepite dal Consiglio di Stato. Per Sondrio e Bari si riparte da dove ci si era fermate, ovvero da quel 27 dicembre 2016, data a partire dalla quale erano state congelate le assemblee di trasformazione previste entro la fine 2016. Stop che era arrivato per decisione del Consiglio di Stato, che aveva rimandato la decisione alla Consulta.
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