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Popolare Sondrio e Popolare Bari, ecco come si eviterà il baratro

Tutti i consigli per le Popolari (non solo Popolare di Bari e Popolare di Sondrio) da parte dell'ex alto dirigente della Banca d'Italia, Angelo De Mattia, ora editorialista

 

È ancora al centro delle discussioni il futuro delle banche popolari, prevalentemente di quelle insediate nel Mezzogiorno, anche in relazione alla pendente pronuncia del Consiglio di Stato su alcuni aspetti dell’applicazione della legge di riforma, a sua volta dipendente dal parere della Corte europea di giustizia che non sarà rilasciato a breve, per cui il legislatore ha prorogato alla fine del prossimo mese di dicembre l’ottemperanza dell’obbligo di trasformazione in Spa per le due Popolari che ancora non vi hanno provveduto: la «Bari» e la «Sondrio».

Tuttavia, per le difficoltà, da un lato, di raccogliere, in questa fase, capitali e per le necessarie operazioni, dall’altro, di ripulitura dei bilanci dai crediti deteriorati, nonché di razionalizzazione e di miglioramento della redditività (fondamentale per la stabilità aziendale) si pone l’esigenza di valutare una possibile gamma di ipotesi di aggregazione. Potrebbe essere prioritaria la ripulitura anzidetta. Ciò, tuttavia, richiede un rafforzamento patrimoniale che non è facile conseguire per l’attuale situazione del mercato dei capitali e per la forma giuridica degli istituti (cooperativa di credito).

Occorre valutare, a questo punto, quale futuro indicare per le Popolari soprattutto della fascia medio-piccola. Dopo la sistemazione dei prestiti deteriorati, sempreché essa sia possibile, oppure, per evidenti ragioni di rapidità, senza passare per questa fase in presenza di difficoltà, dovrebbe essere tempestivamente considerata la possibilità di fare ricorso ad accordi e convergenze che vanno da intese istituzionali del tipo «Ips» concernenti il reciproco sostegno, tra Popolari aderenti all’accordo, in materia di liquidità e di patrimonio, a ipotesi aggregative più avanzate con la costituzione di holding cooperative che esercitano particolari forme creditizie e spa bancarie alle quali spetterebbe la parte più corposa delle attività. Queste ultime, in quanto spa, si aprirebbero più agevolmente all’apporto di capitali.

Si porranno, certamente, diversi problemi, non solo tecnici, concernenti la configurazione della holding, il rapporto tra questa e la Spa e, soprattutto, il numero e la disponibilità delle cooperative partecipanti all’aggregazione, il peso che esercitano le spinte localistiche ed esclusiviste. Queste ultime sono superabili solo se si arriva alla convinzione che, non prendendo parte a questa ipotesi di evoluzione, si rischierà in futuro di rimanere esposti a problemi non semplici sul versante della stabilità, mentre aderendo si potranno perseguire meglio, direttamente o indirettamente, le finalità tipiche della cooperazione di credito. D’altro canto, un disegno di rivisitazione ben strutturato verrebbe a dotare soprattutto l’area meridionale di una maggiore forza bancaria.

Sarebbe coerente una soluzione di quest’ultimo tipo con la legge di riforma? Ovviamente, per la certezza assoluta, occorrerà attendere il responso del Consiglio di Stato il quale, a sua volta, aspetta di ricevere il parere della Corte di giustizia. Ma non dovrebbero sussistere soverchi dubbi sul rispetto sostanziale della nuova disciplina anche adottando il modulo holding-spa. La trasformazione in società per azioni per le banche che non l’hanno ancora deliberata si verrebbe in ogni caso a realizzare.

La scelta del modello di alleanza o aggregativo spetta alle Popolari interessate, ma certamente esse non potranno non tenere nel dovuto conto gli indirizzi che impartirà la Vigilanza che è molto impegnata nel portare a termine questo processo evolutivo. I tempi non possono che essere brevi, senza peraltro che essi inducano a escludere questa o quella Popolare da un’iniziativa del tipo descritto. Prima si pone mano a questa specie di riforma bis o mini-riforma, meglio sarà per tutti, a cominciare dai risparmiatori e dai prenditori di credito.

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