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Popolare Bari, tutte le novità (su Jacobini, commissari e Mcc)

Che cosa sta succedendo alla Banca Popolare di Bari? Fatti, nomi e approfondimenti tra piano industriale, ricapitalizzazione e inchiesta giudiziaria

Nonostante l’emergenza coronavirus proseguono le attività per costruire il futuro di Popolare di Bari. E anche per indagare il suo recente passato. In parallelo stanno lavorando sia i commissari Antonio Blandini ed Enrico Ajello sul piano industriale da 1,4 miliardi in vista dell’assemblea – in programma a giugno – chiamata a dare il via libera alla trasformazione in spa, sia i pm della procura di Bari secondo i quali Marco e Gianluca Jacobini avrebbero sottratto 900 milioni destinati ad investimenti. Padre e figlio sono già agli arresti domiciliari con l’ipotesi di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia.

LE PREVISIONI DEI COMMISSARI

Va avanti il lavoro dei commissari, come dicevamo, che hanno preparato, insieme al consulente Oliver Wyman, un piano industriale da 1,4 miliardi: l’obiettivo è quello di tornare all’utile nel 2022. Come deciso dall’assemblea che ha varato la ricapitalizzazione, l’accordo quadro con Mediocredito centrale (Invitalia) e con il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) prevede un esborso da parte del Fitd di 700 milioni – di cui 310 milioni già versati – e di altri 700 milioni da parte di Mediocredito Centrale dopo che Popolare Bari sarà stata trasformata in spa (con relativo placet del nuovo statuto) e che saranno giunte le approvazioni delle varie Autorità tra cui quella – che sarà piuttosto dibattuta a causa dell’impiego di risorse pubbliche – della DgComp di Bruxelles.

Per quanto riguarda i tempi, se l’emergenza coronavirus non si frapporrà, l’assemblea della banca per la trasformazione in Spa – secondo le indicazioni dell’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri – dovrebbe svolgersi entro giugno. A settembre o comunque entro  il 2020 è prevista l’entrata in scena definitiva di Mcc.

LE INDAGINI SU MARCO E GIANLUCA JACOBINI

Nel frattempo prosegue il lavoro dei pm della Procura di Bari che ipotizzano che l’ex patron di Popolare di Bari, Marco Jacobini, e suo figlio Gianluca abbiano sottratto 900 milioni destinati ad investimenti. Ieri è arrivato un provvedimento del Tribunale del Riesame che ha confermato l’accusa ai due che sono ancora agli arresti domiciliari con l’ipotesi di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia.

Nelle motivazioni – secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore – si chiarisce che il presunto “modus operandi” di Jacobini padre potrebbe proseguire ancora e infiltrarsi nelle attività odierne dell’istituto; per questo giudicano rischiosa la revoca della misura cautelare. Per il Riesame è “assai ragionevole ritenere che” i due indagati “possano esercitare con probabilità prossima alla certezza un condizionamento sui responsabili della filiera del credito aziendali” perché all’interno della banca avrebbero realizzato “una organizzazione di mezzi e di persone la cui rete è a tutt’oggi ancora in essere”.

Peraltro, sottolineano, il timore che Marco Jacobini continui a influenzare l’andamento dell’istituto di credito è dimostrato dalla gestione delle sue dimissioni, la scorsa primavera: il 10 maggio ha mandato una email “riservata” all’ex capo dipartimento della Vigilanza della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, “con cui – scrivono i giudici del Riesame – informa di aver convocato il Cda nel quale avrebbe formalizzato le sue dimissioni da presidente e membro del Cda della Banca” ma “una volta rassegnate le dimissioni dalla carica di presidente del Cda, l’istituto di credito ha avuto un nuovo presidente nella persona di Gianvito Giannelli”. Una nomina, secondo il Tribunale del Riesame, “evidentemente da utilizzare (unitamente ai soggetti a lui fedeli) per riprendere o meglio per proseguire il controllo della banca”.

LE LAMENTELE DEI SINDACATI NELL’EMERGENZA CORONAVIRUS

Come se non bastasse, a funestare il presente della Popolare di Bari ci pensa pure il coronavirus con i sindacati che chiedono maggiore protezione per i dipendenti. “Ancora oggi i dispositivi di protezione individuale sono a disposizione della totalità dei dipendenti – denunciano le segreterie di coordinamento di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin della Popolare di Bari – che, in molti casi, hanno dovuto provvedere personalmente”. Da parte dell’azienda, rilevano le organizzazioni sindacali, soltanto azioni “tardive, confuse, lacunose ed incomplete”.

LA QUESTIONE DELL’INTERVENTO PUBBLICO

Spunti interessanti su quello che potrebbe essere l’atteggiamento da parte della Dg Comp della Commissione europea vengono da Filippo Fiordiponti che ne ha scritto su www.fchub.it.

Fiordiponti ricorda che “con il d.l. 16 dicembre 2019, n. 142, convertito nella l. 7 febbraio 2020, n, 5, si è disposto il rafforzamento patrimoniale di Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale (Mcc) per novecento milioni di euro, perché possa operare come banca d’investimento in favore delle imprese nel Mezzogiorno, da realizzarsi anche attraverso il ricorso all’acquisizione di partecipazioni al capitale di banche e società finanziarie operanti in quel territorio”. Le risorse mobilitate dallo Stato, per il tramite del Mcc, e dal sistema creditizio, attraverso il Fitd, “sono destinate al recupero dell’equilibrio economico patrimoniale dell’Istituto in amministrazione, ma secondo valutazioni che obbediscono alle regole di mercato. L’intervento di capitalizzazione porterà la banca sotto il controllo pubblico, anche se, in attesa della conclusione delle attività di verifica, non è ancora definito l’effettivo fabbisogno. Il riferimento alle condizioni di mercato, per valutare l’investimento, è un sostanziale rinvio ai criteri utilizzati da investitori privati, con lo scopo di evitare effetti distorsivi della concorrenza”.

In merito al discorso dell’intervento pubblico occorre ricordare che “se il Fondo Interbancario aveva incontrato il diniego della Commissione Ue per l’intervento proposto in favore di Tercas, ora torna in campo e questa volta al fianco di un socio di natura pubblica. La vicenda della piccola banca teramana, in amministrazione straordinaria, si riassume nella decisione della Commissione che ha valutato come aiuto di Stato, indiretto, il sostegno del Fondo, perché non sarebbe il risultato di un’autonoma scelta, bensì la conseguenza delle indicazioni della Vigilanza”.

Peraltro, ricorda Fiordiponti, la Corte di Giustizia, con sentenza 19 marzo 2019, “ha annullato la decisione della Commissione, negando che le misure a favore di Tercas presupponessero l’uso di risorse statali e fossero imputabili allo Stato. È pendente appello della Commissione. Il Fitd è certamente soggetto di natura privata, ma per la Popolare di Bari è disposto l’intervento con prevalenti risorse pubbliche”.

Per quanto riguarda il futuro dell’istituto di credito pugliese di Bari, “l’acquisizione della banca ne modifica il regime proprietario e si qualifica come intervento pubblico, svolto sulla base di un esame nel merito delle condizioni d’intervento, perciò con valutazione di mercato, secondo un itinerario che, con evidenza, tende ad inserirsi nel solco del precedente tedesco (nello stesso senso va ricordata anche la decisione presa per la portoghese Caixa Geral de Depósitos, 4 gennaio 2017)”. La posizione che la Commissione ha assunto nei casi descritti, rileva, “indica consenso per l’intervento dello Stato, in qualità di operatore economico, aprendo all’aiuto pubblico con il solo limite delle condizioni di mercato. Il quadro dei fatti è oggi di nuovo in imprevedibile e drammatico movimento e nuove regole saranno ancora adottate. L’economia è materia in costante evoluzione, sensibile al mutare degli eventi, che il diritto regola, ma sempre guidato dai principi accolti nella Carte fondanti del Paese ed il mercato, in questa prospettiva, è strumento, non scopo”.

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