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Fincantieri

Polo italiano per la difesa, Fincantieri verso Leonardo?

Dopo il segnale lanciato dal ministro Giorgetti la scorsa settimana, si torna a parlare di un polo militare con Fincantieri e Leonardo. Ecco come, ma non tutti sono d'accordo, anzi...

Fincantieri vira verso Leonardo?

Il tema del polo italiano per la difesa intorno a Leonardo e Fincantieri torna ad occupare le pagine di giornali.

Dopo l’uscita della scorsa settimana del ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti a proposito di “un polo militare italiano”, tutti hanno pensato alla fusione Leonardo-Fincantieri.

A frenare gli entusiasmi ci aveva pensato l’ad di Leonardo, Alessandro Profumo, dichiarando che non vede sinergie tra il gruppo aerospaziale e della difesa e il costruttore navale Fincantieri.

Ma questa settimana sono proprio i nuovi vertici del gruppo navale di Trieste ad aprire all’ipotesi di un’aggregazione con il colosso della difesa e aerospazio.

Se gli studi mostreranno “vantaggi a lungo termine commerciali, produttivi e occupazioni”, una chiara creazione di valore, “ci sarà anche l’operazione” ha dichiarato l’ad di Fincantieri, Pierroberto Folgiero, a margine del varo della Explora I il 30 maggio. “L’Italia ha grandi eccellenze industriali e soprattutto nel settore delle difesa e della sicurezza – ha commentato sullo stesso argomento il presidente Claudio Graziano -. E un mondo – ha specificato – in cui cresce la competizione e la sfida. È chiaro che bisogna fare anche business in un modo più efficace”.

E dalla politica a lanciare un segnale forte e chiaro in questa direzione è stata Roberta Pinotti, senatrice Pd, già ministra della Difesa e oggi presidente della commissione Difesa del Senato, che in un’intervista a Repubblica ha rimarcato la necessità che l’Italia abbia una maggior forza e capacità militare. “Ed è giusto evitare concorrenze interne, con i nostri gruppi che si presentano in gara con gli stessi prodotti negli stessi Paesi”, ha detto.

“L’impressione è che il disegno non dispiaccia a Cdp, azionista di riferimento di Fincantieri attraverso Cdp Equity, e al Mef, primo azionista di Leonardo” segnala Repubblica.

Ma il mercato non apprezzerebbe una fusione tra Leonardo e Fincantieri, per più di un motivo, sosteneva già la settimana scorsa Akros.

Tutti i dettagli.

L’APERTURA DI FOLGIERO PER UN POLO ITALIANO DELLA DIFESA

Il neo ad di Fincantieri, Folgiero, ha aperto all’ipotesi di un polo militare italiano con Leonardo.

“Noi chiaramente come manager siamo concentrati sullo studio dei vantaggi industriali delle sinergie. Quindi a me interessa moltissimo la creazione di valore, perché se c’è questa, poi c’è anche l’operazione. Noi siamo concentrati sugli aspetti iniziali, sullo studio delle sinergie, dei vantaggi a lungo termine, commerciali, produttivi, occupazionali” ha affermato Folgiero sulla prospettiva di un polo militare.

PASSA LA PALLA AGLI AZIONISTI

“Sicuramente questi temi societari sono per definizione appannaggio dell’azionista, che sta sviluppando una visione industriale e di lungo periodo” ha sottolineato l’ad di Fincantieri.

Ovvero Cdp e il Tesoro. Infatti il governo è azionista di riferimento sia di Leonardo (partecipata dal Mef al 30%) che di Fincantieri (controllata da Cdp Industria con il 71,32%).

LA POSIZIONE DEL PRESIDENTE DI FINCANTIERI

Anche il presidente di Fincantieri Claudio Graziano guarda in questa direzione. “Fincantieri in questo è un’eccellenza e io credo che il richiamo a una sinergia crescente e ad una maggiore collaborazione per diventare sempre più forti come paese e poi confrontarci meglio all’estero sia estremamente importante, mantenendo evidentemente le nostre peculiarità. Noi – ha concluso Graziano – come ho detto siamo tecnici, siamo amministratori e dobbiamo tutelare l’azienda e tutelare la società e portare il nostro contributo di idee in uno sviluppo che sicuramente richiede maggiore forza e quindi maggiore coesione”.

SPINGE LA SENATRICE PINOTTI

Nel frattempo, a rinvigorire l’ipotesi di un polo militare italiano è stata la senatrice Roberta Pinotti (ex ministro della Difesa) in un’intervista a Repubblica.

C’è bisogno di più sinergie fra i due gruppi e la scatola, lo strumento su cui ragionare di coproduzione navale esiste già, “si chiama Orizzonte Sistemi Navali (51% Fincantieri, 49 Leonardo ndr). Questa società ha già dato grandi risultati, ad esempio con le Fremm e quindi se vogliamo cercare una maggior sinergia fra i due gruppi, sfruttiamola, rafforzandone le competenze”, ha spiegato Roberta Pinotti, parlando di tempi “immediati, perché altrimenti osserveremo fibrillazioni sempre più evidenti fra il management, ma anche fra i sindacati. L’Italia deve muoversi in uno scenario globale ma deve farlo in un’ottica europea”.

IL FRENO DI PROFUMO

Eppure Leonardo non sembra intenzionato a perseguire questa traiettoria.

Il numero uno dell’ex Finmeccanica non vede possibile infatti una aggregazione con Fincantieri. “Mi sembrerebbe un uso sbagliato del tempo”, aveva sottolineato Profumo in un’intervista a La Repubblica a proposito di una possibile fusione con il gruppo di cantieristica navale. L’ad di Leonardo ritiene che non ci siano sinergie tra i due gruppi.

IL COMMENTO DI EQUITA SIM

“È, però, un dato di fatto, come ha osservato oggi Equita Sim ripresa da MF, che nelle ultime settimane le dichiarazioni da parte di esponenti politici in merito a una possibile fusione o al rafforzamento di collaborazioni tra Leonardo e Fincantieri si stanno moltiplicando, inducendo a pensare che qualcosa si stia effettivamente muovendo in questa direzione. Resterebbero, comunque, da chiarire le sinergie e le modalità di realizzazione”.

“Assumendo una semplice fusione ai prezzi attuali, la quota di controllo dello Stato andrebbe intorno al 36% e il rapporto debito netto/ebitda 2022 sarebbe nel range 2/2,4 volte a seconda del metodo di calcolo del debito di Fincantieri, un livello che richiederebbe un’attenta valutazione”, ha concluso Equita Sim.

L’ANALISI DI BANCA AKROS

“Più netta Banca Akros — rimarca MF — che non crede che il mercato finanziario apprezzerebbe un “riavvicinamento” tra Leonardo e Fincantieri per più di un motivo. Primo, nascerebbe un conglomerato penalizzato da uno sconto; secondo, all’assemblea si rischia di non avere abbastanza voti per approvare il merger; terzo, si può migliorare la cooperazione senza un coinvolgimento azionario. Quarto, periodo di riflessione per il nuovo ad di Fincantieri sul modello di business”.

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