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Leonardo Fincantieri

Che cosa succede fra governo, Leonardo e Fincantieri?

Il ministro Giorgetti rilancia il tema di un polo militare italiano, Profumo (Leonardo) esclude una possibile aggregazione con Fincantieri, il nuovo vertice di Fincantieri non parla del tema a differenza di alcuni analisti finanziari... Fatti e approfondimenti

 

Come un tormentone estivo, è ricorrente il tema di una fusione tra Leonardo (ex Finmeccanica) e Fincantieri.

E quando il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, durante una visita presso Fincantieri, ha parlato dell’ipotesi di “un polo militare italiano” subito si è pensato alla fusione Leonardo-Fincantieri.

Il governo è azionista di riferimento sia di Leonardo (partecipata dal Mef al 30%) che di Fincantieri  (controllata da Cdp Industria con il 71,32%).

Ma a rispondere indirettamente alle parole di Giorgetti ci ha pensato lo stesso amministratore di Leonardo, Alessandro Profumo.

Il numero uno dell’ex Finmeccanica non vede possibile infatti una aggregazione con Fincantieri. “Mi sembrerebbe un uso sbagliato del tempo”, ha sottolineato Profumo oggi in un’intervista a La Repubblica a proposito di una possibile fusione con il gruppo di cantieristica navale. L’ad di Leonardo ritiene che non ci siano sinergie tra i due gruppi.

Inoltre, “il mercato non apprezzerebbe una fusione tra Leonardo e Fincantieri, per più di un motivo secondo Banca Akros” rileva MF/Milano finanza.

E in effetti le azioni Leonardo (+0,9%) sono fin da questa mattina tra le migliori di Piazza Affari in controtendenza rispetto al segno negativo del Ftse Mib (-0,8%). “Il supporto al titolo arriva, secondo le case di investimento, sia dalle nuove commesse per gli elicotteri sia dalla conferma da parte del ceo Alessandro Profumo che l’aggregazione con Fincantieri non è all’ordine del giorno perché non ci sono sinergie significative” rimarca Radiocor.

Tutti i dettagli.

LE PAROLE DI GIORGETTI

La domanda di difesa in Europa è in crescita e l’Italia deve farsi trovare pronta. Lo ha detto ieri il ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, a margine della visita allo stabilimento Fincantieri di Monfalcone, rispondendo a una domanda sull’asse Fincantieri-Leonardo per la realizzazione di un polo tutto italiano della difesa. Secondo il ministro, la questione è al momento oggetto di discussione con i colleghi della Difesa, Lorenzo Guerini, e dell’Economia, Daniele Franco. “Sarebbe ingenuo pensare che un polo militare italiano possa essere competitivo da solo, però è chiaro che quando andiamo a discutere di industria della difesa europea dobbiamo presentarci al meglio delle nostre possibilità e giocare le nostre carte. Abbiamo eccellenze, qualità e competenza, dobbiamo sicuramente farlo”, ha detto Giorgetti. “L’evoluzione della domanda di difesa in Europa sarà particolarmente cospicua e accelerata nei prossimi anni e noi dobbiamo essere all’altezza della situazione”.

L’INTERVISTA DI PROFUMO

Ma esclude l’ipotesi di un’aggregazione con Fincantieri l’amministratore delegato Leonardo che non vede sinergie tra il gruppo aerospaziale e della difesa e il costruttore navale Fincantieri.

Nell’intervista a La Repubblica Profumo difende il progetto dei grandi poli dell’industria della difesa europea “in modo da spendere meglio i soldi dei cittadini”. E candida Leonardo come capofila per l’elettronica di sicurezza. Ma si schiera contro l’aggregazione con Fincantieri. “Va detto che la collaborazione tra le due società c’è sempre stata. Sono anche convinto che vada rafforzata, per esempio quando andiamo a cercare commesse all’estero possiamo muoverci in maniera ancora più coordinata. Noi facciamo la parte elettronica, loro fanno la parte navale. Dobbiamo continuare a lavorare insieme: la Marina Militare, in questo caso, è il ‘cliente’ e questo obbliga a essere coordinati e sincronizzati”, evidenzia l’ad di Leonardo.

Interpellato sulla possibilità che qualcuno stia lavorando all’aggregazione tra i due gruppi, Profumo risponde: “Francamente mi sembrerebbe un uso sbagliato del tempo. Prendiamo Fincantieri: fanno navi per i settori civile e militare. Tra di loro ci sono sinergie. Mentre non mi pare che ci siano tra chi fa elettronica per la difesa e chi costruisce scafi. Puntare sulle reciproche peculiarità, in chiave di sistema Paese, mi sembra la soluzione migliore per valorizzare le rispettive competenze anche in funzione del cliente finale”.

LE PRIME PAROLE DEL NUOVO AD DI FINCANTIERI

E il dossier fusione tra i due colossi nazionali non c’è nemmeno nell’orizzonte del nuovo amministratore delegato di Fincantieri Pierroberto Folgiero, subentrato qualche giorno fa a Giuseppe Bono.

Prima la cantieristica e poi le infrastrutture. Per Folgiero l’attenzione nel prossimo futuro sarà concentrata sul core business e solo successivamente su altri progetti, a partire dalla ricostruzione del ponte Morandi che la vede protagonista nella cordata con Salini Impregilo e Italferr, segnala AgenziaNova. A margine della visita di questa mattina del ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, nello stabilimento di Monfalcone, Folgiero si è detto convinto che “la forza di un’azienda con 250 anni di storia stia nel suo core business. Le adiacenze vanno sviluppate quando il core business ti dà una competenza distintiva. Se c’è un’opportunità di diversificare su qualcosa di laterale, ma adiacente al nostro core business, si tratta di opportunità di crescita che vanno perseguite”.

Dunque niente ipotesi di aggregazione con l’altro campione nazionale della difesa sul tavolo del neo ad di Fincantieri.

I REPORT DEGLI ANALISTI

Infine, contro l’ipotesi fusione Leonardo-Fincantieri si schierano anche gli analisti suggerendo che il mercato non apprezzerebbe.

“Le dichiarazioni di Profumo relative a Fincantieri ribadiscono quanto detto in passato per cui riteniamo resti uno scenario improbabile anche se su decisioni di questo tipo pesa la volontà politica”, ha commentato Equita Sim.

“Più netta Banca Akros — rimarca MF — che non crede che il mercato finanziario apprezzerebbe un “riavvicinamento” tra Leonardo e Fincantieri per più di un motivo. Primo, nascerebbe un conglomerato penalizzato da uno sconto; secondo, all’assemblea si rischia di non avere abbastanza voti per approvare il merger; terzo, si può migliorare la cooperazione senza un coinvolgimento azionario. Quarto, periodo di riflessione per il nuovo ad di Fincantieri sul modello di business”.

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