Paolo Gentiloni, Commissario UE agli affari economici in scadenza di mandato, aveva tanti modi per comunicare che è pronto a rientrare nella contesa politica nazionale. Ha scelto quello più abrasivo nei confronti di Giuseppe Conte, rovinandogli il mito, in verità parecchio sbiadito, della pioggia di miliardi che il leader M5S ha fatto cadere sull’Italia, negoziando il Recovery Fund.
Una scoperta dell’acqua calda che oggi viene presentata come una “rivelazione” nell’intervista apparsa ieri sul Corriere della Sera. In cui, Paolo Valentino, intervista Gentiloni e lancia il suo libro in uscita “Nelle vene di Bruxelles. Storie e segreti della capitale d’Europa”.
Dopo qualche volo pindarico, non banale ma nemmeno nuovo, sui massimi sistemi della UE, Gentiloni va al punto. A proposito del Next Generation UE, rileva che è stata un’occasione persa perché non ha finanziato alcun progetto comune alla UE. Solo spese nazionali entro i limiti massimi assegnati a ciascuno Stato “in base a un algoritmo”. Infatti i sussidi “non sono stati negoziati dai capi di governo. Sono stati ricavati da un algoritmo che è stato tra l’altro ideato e definito da due direttori generali (entrambi olandesi). C’è un po’ di retorica italiana sul fatto che abbiamo conquistato un sacco di soldi. Non è vero. L’Italia è il settimo Paese in termini di rapporto tra soldi ricevuti e Pil. Ci sono altri che in termini relativi hanno portato a casa molto di più, dalla Spagna alla Croazia. Sempre grazie all’algoritmo”.
Una verità storica che è scritta nella Gazzetta Ufficiale della UE dal 18 febbraio 2021, negli allegati I, II e III del regolamento 241 del 12 febbraio 2021, istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza (in sigla RRF, il fulcro del Next Generation UE).
I 337 miliardi di sussidi (a prezzi correnti, erano 312,5 a prezzi 2018 usati per il negoziato) furono attribuiti per il 70% con una formula che teneva conto dell’inverso del Pil nominale procapite, della popolazione, dello scostamento della disoccupazione(periodo 2015-2019) rispetto alla media UE; il restante 30% fu attribuito, eliminando il tasso di disoccupazione, e inserendo nella formula la caduta del PIL nel 2020 e nel biennio 2020-2021 rispetto al 2019, sempre tenendo fermo il parametro della popolazione e dell’inverso del Pil pro-capite.
In sostanza, per il 70%, minore era il PIL procapite, maggiore era la disoccupazione e la popolazione e tanto più grande era la somma assegnata a uno Stato membro. Per il 30% residuo, la somma dipendeva da quanto più basso era il PIL procapite, alta la popolazione e elevato era il calo del PIL del 2020-2021.
Gentiloni però non la dice tutta. Come tutti gli “algoritmi” (ma qui, più banalmente, si tratta di una formuletta alla portata di uno studente del liceo scientifico), sono scritti dall’uomo e non promanano da qualche entità ultraterrena. Riesce quindi difficile immaginare che quella formuletta non sia stata fatta “girare” tante volte fino a quando il risultato non fosse di gradimento di tutti. I burocrati della Commissione l’avranno pure concepita, ma non può che essere stato squisitamente politico lo scontro su come pesare i diversi parametri.
Poi dimentica che il RRF è composto di sussidi (312,5 miliardi) e prestiti (360 miliardi) e questi ultimi sono rimasti inutilizzati per oltre la metà. Sempre ammesso e non concesso che i sussidi riescano ad essere tutti erogati entro il 2026.
Ma, quando si è in campagna elettorale, tutto fa brodo, anche vecchie minestre riscaldate.