Il Consiglio Affari Energia dell’Ue ha raggiunto ieri un accordo per una posizione comune sulla proposta di legge europea per il ripristino degli ecosistemi, la Nature Restoration Law. Tuttavia, l’Italia – insieme ad altri 5 Paesi – ha votato contro.
Ecco perché e cosa prevede la proposta.
GLI IMPIETOSI DATI SULLA BIODIVERSITÀ EUROPEA
Stando ai dati dell’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), la natura del nostro continente è in declino, con l’81% degli habitat in cattivo o pessimo stato e solo il 15% in buone condizioni.
In particolare, secondo un’analisi del Consiglio dell’Ue, le torbiere e le dune sono le più colpite.
Il 38% delle popolazioni ittiche è in cattive condizioni e solo il 9% degli habitat e il 6% delle specie in cattivo o pessimo stato mostrano una tendenza al miglioramento.
Anche api e farfalle, che sono tra gli impollinatori più comuni e a cui possono essere attribuiti quasi 5 miliardi di euro della produzione agricola annuale dell’Ue, sono in pessime condizioni. Una specie su tre è in declino e una su dieci è a rischio estinzione.
GLI OBIETTIVI DELLA PROPOSTA DI LEGGE
La proposta, spiega il Consiglio, mira a mettere in atto misure di recupero che copriranno almeno il 20% delle aree terrestri e il 20% delle aree marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050.
COSA C’È NELLA LEGGE UE PER L’AMBIENTE
Il testo della proposta di legge europea per il ripristino degli ecosistemi, che è una base per i negoziati con il Parlamento europeo, prevede che ogni Stato membro metta in atto misure di ripristino per almeno il 30% degli habitat minacciati negli ecosistemi terrestri, costieri, d’acqua dolce e marini entro il 2030. Questa percentuale poi aumenterà al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050.
FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI
Hanno votato a favore della proposta di legge 20 Paesi. Contrari, invece, Italia, Finlandia, Polonia, Paesi Bassi e Svezia – che tra l’altro è alla guida semestrale dell’Ue. Austria e Belgio si sono astenuti.
Nonostante non ci sia stata l’unanimità, il provvedimento ha ottenuto il via libera verso il Parlamento europeo perché era sufficiente raggiungere la maggioranza qualificata, ovvero quando il 55% degli Stati membri (15 Paesi su 27) vota a favore e rappresenta almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue.
Ovviamente a sostegno della proposta le associazioni ambientaliste che, tuttavia, ritengono che le modifiche fatte al testo affinché venisse approvato lo abbiano “annacquato”.
Adesso la parola spetta alla Commissione Ambiente del Parlamento europeo che voterà la sua posizione il 27 giugno, prima che l’intero Parlamento europeo voti a luglio. Una volta raggiunta una posizione, la legge entrerà nei colloqui finali con i Paesi membri e la Commissione europea.
PERCHÉ L’ITALIA DICE NO
“Inapplicabile e non sostenibile” per alcune categorie la definisce il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), rappresentato a Lussemburgo dal ministro Gilberto Pichetto Fratin.
La proposta di regolamento per il ripristino della natura “non assicura un adeguato bilanciamento tra obiettivi, fattibilità e rischi: non possiamo permetterci che non sia applicabile, efficace e sostenibile da tutte le categorie interessate, tra cui agricoltura e pesca”, ha spiegato.
“Anche l’Italia – ha aggiunto Pichetto – ritiene il regolamento uno strumento cruciale per arrestare la perdita di biodiversità e affrontare il cambiamento climatico con il suo impatto su società ed economia”.
Tuttavia, pur sottolineando alcune modifiche migliorative, il ministro ha chiarito i motivi per cui il testo non può essere considerato soddisfacente dall’Italia. Tra queste, “le deroghe sulle energie rinnovabili”, “gli obiettivi di ripopolamento dell’avifauna”, “il tema delle risorse finanziarie, che devono essere chiarite e rese disponibili prima dell’entrata in vigore”.
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VERSIONI UFFICIALI E UFFICIOSE DEL PERCHÉ IL PPE FA LA LOTTA DURA
La maggiore opposizione è stata fatta dal blocco di centrodestra rappresentato dal Partito popolare europeo (Ppe), che è anche la più grande formazione dell’emiciclo. Come dichiarato da Pichetto, anche il Ppe sostiene che gli obiettivi della proposta minacceranno i mezzi di sussistenza degli agricoltori e dei pescatori europei, interromperanno le catene di approvvigionamento, diminuiranno la produzione alimentare e faranno salire i prezzi.
Ma, alla versione ufficiale, si oppongono quelle ufficiose riportate da Eunews, secondo cui per alcuni si tratterebbe di “una mossa politica in vista delle elezioni europee del 2024, per trovare consenso nell’elettorato agricolo”. E, “per altri, un tentativo di delegittimare l’attuale presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che fa parte della famiglia politica del Ppe e potrebbe ricandidarsi per un secondo mandato ed è la principale artefice del Patto verde per l’Europa, cardine della sua legislatura”.
Secondo il quotidiano La Verità fondato e diretto da Maurizio Belpietro, “i target della Commissione europea sono ritenuti dall’Italia molto ambiziosi e fortemente ideologizzati. Sostanzialmente, c’è la totale mancanza di un approccio pragmatico alla questione”.
UNA BATTAGLIA POLITICA
Frans Timmermans, vicepresidente per il Green Deal, rivolgendosi agli eurodeputati, e in particolare al Ppe, si è detto triste al pensiero “che alcuni stiano cercando di ridurre la politica climatica a una guerra culturale”, con il rischio che una volta entrati “in un’opposizione tribale, i fatti smettono di contare”, mentre la crisi climatica deve “trascendere le divergenze politiche, la lotta al cambiamento climatico non è una battaglia di ‘destra’ o di ‘sinistra’ ma deve essere panpolitica”.
We must #RestoreNature to tackle the #climatecrisis
Nature restoration is crucial to our wellbeing, our economies, and to fulfill the commitments we all made at #COP15
Very important that the @EUCouncil has come to an agreement, paving the way to negotiations with @Europarl_EN https://t.co/Wggqexp4XN
— Frans Timmermans (@TimmermansEU) June 20, 2023