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Risalita Pil

Perché non va cestinato del tutto il lavoro da remoto

L’analisi di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente il Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio

 

Di fronte al rapporto sulle previsioni economiche di Confindustria presentato la settimana scorsa, le riflessioni si affastellano incessantemente, perché le manifestazioni di questi giorni contro (pretestuosamente) il green pass sono anacronistiche e fuori da ogni logica di buonsenso.

Reputo fondamentale iniziare dalle scuole medie: inserire nei moduli didattici anche l’educazione finanziaria ed economica per crescere una generazione di cittadine e cittadini consapevoli di cosa significa, studiando, la situazione economica e politica del nostro paese.

Il tifone Sars-Cov-2 alita ancora tenace dopo due anni di marosi incessanti, ma anche se faticosamente le istituzioni hanno retto, le imprese hanno avuto la forza di ripartire, le famiglie sono sopravvissute e ora i ciarlatani vogliono compromettere lo stato di diritto, la ripresa economica, la pace sociale con questa idiozia della “dittatura sanitaria”.

Draghi e il suo governo tengono la posizione per la tutela di quella stragrande maggioranza di cittadini che si è vaccinata, pagando consapevolmente il rallentamento e spesso il blocco di diverse attività e degli approvvigionamenti proprio mentre la nostra economia rialza la testa e ci sono le risorse europee da spendere.

Oggi ratifichiamo anche il progressivo allontanamento della cittadinanza con l’astensione dal voto sia nel primo turno sia — peggiorato — nel secondo, dalla politica e dalle istituzioni logora irrimediabilmente le forme di autorità, rappresentanza, sapere, competenza. Le rappresaglie terroristiche e disfattiste le contromanifestazioni mascherate dalla lotta di classe o da stampella elettorale danneggiano gravemente il nostro paese che non poco faticosamente tenta di riprendere per i capelli lo sviluppo necessario.

La risalita del Pil italiano è più forte delle attese: Confindustria nel rapporto presentato prevede un +6,1% nel 2021, 2 punti in più rispetto alle stime di aprile, seguito da un ulteriore +4,1% nel 2022. Questa robusta ripartenza del Pil, pari a oltre +10% nel biennio, dopo il quasi -9% del 2020, riporterebbe la nostra economia sopra i livelli pre-crisi nella prima metà del 2022, in anticipo rispetto alle attese iniziali.

Sebbene il recupero stia procedendo più spedito che altrove, il gap rispetto al pre-pandemia è, al momento, ancora più ampio di quello degli altri principali partner perché la caduta del 2020 in Italia è stata maggiore. E allora applicare subito un metodo di analisi — necessario per poter programmare una resilienza e un rilancio maggiormente tenace — ci offrirebbe l’occasione di impostare le priorità delle politiche attive territoriali.

Bene la legge sulla parità salariale e retributiva che viaggia spedita in parlamento anche se in un paese moderno pare ancora anacronistico dovere difendere gli uguali diritti delle lavoratrici e lavoratori con una massa di norme a partire dalla Costituzione che ne prevedono già il rispetto. E ancora più anacronistico dover impiegare risorse per una certificazione di parità di genere da misurare ed eventualmente addirittura premiare per le aziende cd virtuose. È fondamentale e subito non solo monitorare ma misurare rigorosamente a livello nazionale le dinamiche retributive, sistemi di incentivazione, politiche di inserimento dei neolaureati, indicatori dei premi variabili collettivi, diffusione delle misure di welfare aziendale, le differenze nelle strategie adottate riconducibili alle caratteristiche dell’impresa (dimensione e settore) più che alla sua localizzazione geografica.

Viceversa, la specificità territoriale influisce su due aspetti, come emerge da uno studio confindustriale: il ricorso al lavoro da remoto (le differenze possono essere molto accentuate, ad esempio, tra aziende localizzate in aree metropolitane piuttosto che in aree isolate di piccole province) e i livelli retributivi per profilo professionale (la concentrazione di determinate lavorazioni in un’area circoscritta può alimentare politiche di attrazione per determinate figure e surriscaldare stipendi e salari). Su questi due ambiti, quindi, registrare i risultati relativi al territorio diventa uno strumento di politiche attive formidabile.

Bisogna far emergere novità di rilievo, come sottolinea un report di Assolombarda: la prima è una diretta conseguenza della situazione eccezionale creata dall’emergenza, che ovviamente ha influito su orari e assenze dal lavoro. Perché le circostanze uniche (misure di chiusura molto differenziate per settore e territorio, eccezionale ricorso agli ammortizzatori sociali, ecc.) hanno necessariamente complicato informazioni senza realistiche possibilità di confronto tanto con il passato quanto, in prospettiva, con il futuro. E l’approfondimento sul ricorso allo smart working (una modalità organizzativa che le straordinarie circostanze che si sono venute a creare hanno posto al centro del dibattito) da un punto di vista che solo l’indagine retributiva, raccogliendo informazioni individuali, rende possibile, ci pone una domanda a cui dare subito una risposta: quali mansioni si prestano maggiormente ad essere svolte da remoto?

E l’altra grande e importante questione è quella della diversity e inclusione, di crescente attualità e della quale dobbiamo aver compiuta governance della diffusione tra le imprese e ovviamente dedicare molta attenzione e modalità organizzative adeguate da applicare.

Infine dobbiamo cominciare ad essere autonomi e non dipendere solo dagli studi e organismi esteri per informazioni di confronto internazionale, a supporto soprattutto delle aziende che presentano un elevato grado di apertura internazionale e devono disporre di informazioni sia sul mercato del lavoro locale che su quello di altri Paesi.

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