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Affitti brevi airbnb new york

Perché la Procura di Milano stanga Airbnb

Continua l'odissea di carte bollate sul pagamento della cedolare secca per gli affitti brevi delle piattaforme di hosting: la Gdf di Milano ha sequestrato oltre 779 milioni di euro ad Airbnb Ireland Unlimited Company. Per il gip: “Evasione è consapevole scelta imprenditoriale” su 3,7 miliardi di incassi in Italia

Era solo questione di tempo. Perché dopo la sentenza 9188/2023, con la quale la IV quarta sezione del Consiglio di Stato ha stabilito l’obbligo per Airbnb di riscuotere e versare la ritenuta sugli affitti brevi era quasi scontato attendersi strascichi penali, ovvero la contestazione di evasione fiscale per omessa dichiarazione dei redditi.

COS’È SUCCESSO FIN QUI

Airbnb ha sempre sostenuto di non essere tra i soggetti tenuti a versare allo Stato, come sostituto d’imposta, la cosiddetta “cedolare secca”, pari al 21%, mentre l’Italia ha invece chiesto ulteriori interpretazioni sul decreto del 2017. Sono seguite le sentenze della Corte di giustizia europea e quella del Consiglio di Stato italiano che hanno funto da base per l’azione della Procura.

ANCHE PRIMA DELLA SENTENZA, AIRBNB SAPEVA?

Per i pm Giovanni Polizzi, Cristiana Roveda e Giancarla Serafini, nonostante la parola “fine” sia giunta pochi giorni fa, messa nero su bianco dalla magistratura amministrativa, Airbnb «ormai da anni» avrebbe avuto «piena consapevolezza degli oneri dichiarativi e contributivi introdotti dal legislatore italiano fin dal 2017». Nonostante questo, è l’analisi dell’elemento soggettivo del reato operata dalla Procura meneghina, Airbnb «ha assunto la deliberata opzione aziendale di non conformarvisi, con il fine precipuo di non rischiare la perdita di fette di mercato in favore della concorrenza, tenendo un comportamento apertamente ostruzionistico verso l’amministrazione finanziaria italiana».

COSA SI CONTESTA

Il periodo della presunta condotta penalmente rilevante va dal 2017 al 2021 e la giudice delle indagini preliminari Angela Minerva ha già disposto il sequestro preventivo a fini di confisca di 779 milioni e 453.000 euro a carico della società di diritto irlandese Airbnb Ireland Unlimited Company e di tre manager che hanno ricoperto cariche di amministrazione nel gruppo.

I GUADAGNI E L’IMPORTO EVASO

Per la Guardia di Finanza nel periodo di tempo preso in considerazione dalla magistratura inquirente gli affitti brevi avrebbero fruttato complessivamente 3,7 miliardi di euro (per la precisione 3.711.685.297 euro), da qui il calcolo del tributo che in base alla legge del 2017 Airbnb avrebbe dovuto versare al Fisco italiano nelle dichiarazioni dei redditi «tra il 30 gennaio 2019 e il 30 gennaio 2023», e che invece avrebbe evaso: quei 779 milioni già sequestrati per il pericolo che si aggravino le conseguenze del reato. Anche perché il danno sarebbe stato duplice: in primis per l’erario, in secundis per gli altri operatori del settore «che ottemperano al ruolo di sostituto d’imposta». In questo caso si parlerebbe dunque di concorrenza sleale, dato che, non pagando quelle tasse, teoricamente l’ex startup aveva modo di investire i soldi altrimenti: prezzi concorrenziali, pubblicità e marketing, ecc…

LA POSIZIONE DI AIRBNB

Se per il gip sono anni che la multinazionale ha deliberatamente scelto di evadere creando danni alla concorrenza, facendo valere «una serie di criteri valutativi disancorati da qualsiasi fondamento normativo, volti ad ampliare a dismisura il novero degli host da qualificare come imprenditori», la posizione di Airbnb invece è nota, esplicitata in tutti i contenziosi che si sono susseguiti nel tempo (il gruppo – il cui business in Europa è affidato a Airbnb Ireland Unlimited company e ha una sede legale anche a Milano – aveva già impugnato al Tar due provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate del 2017: il ricorso era stato respinto così come quello al Consiglio di Stato): i proprietari degli immobili (host) avrebbero – è la tesi difensiva – caratteristiche non riconducibili ai «privati» ma agli «imprenditori», ai quali non si applicherebbero le norme del 2017.

LA DIFESA

La società sostiene che bisognerebbe vagliare «caso per caso» per comprendere se l’attività di locazione «rientri nell’esercizio dell’attività d’impresa e, quindi, se l’host sia soggetto o meno alla cedolare secca».

Insomma si dovrebbero estrapolare, dal totale degli affitti (ovvero dai 3,7 miliardi calcolati dalle Fiamme Gialle), i «soggetti che appaiono essere professionali». Una difesa ritenuta però dai Pm slegata dal dettato normativo e dunque un modo di calciare la palla lontano e di aumentare il numero degli host imprenditori al solo fine di diminuire la somma contestata.

Tutto tace, al momento, nell’area dedicata alla stampa della piattaforma. Anche il legale ha scelto di non commentare. Solo una breve nota sul sequestro concordato dalla Gip: «Airbnb Ireland ha in corso una discussione con l’Agenzia delle Entrate dal giugno 2023 per risolvere questa questione. Siamo sorpresi e amareggiati dall’azione annunciata dal procuratore della Repubblica lunedì. Siamo fiduciosi di aver agito nel pieno rispetto della legge e intendiamo esercitare i nostri diritti in merito alla vicenda».

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