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Poste

Perché il Tar delude Poste sulle raccomandate criticate dal Garante

Il Tar Lazio ha confermato la sanzione di 5 milioni di euro inflitta dall'Antitrust a Poste Italiane per la vicenda relativa al servizio raccomandate. Tutti i dettagli

Ricorso infondato: il Tar del Lazio ha detto no a Poste Italiane e ha confermato la sanzione pari a 5 milioni di euro irrogata lo scorso settembre dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’accusa nei confronti della società guidata dall’amministratore delegato Matteo Del Fante era quella di attuare una pratica commerciale scorretta in relazione al servizio di recapito delle raccomandate e del servizio di ritiro digitale.

LA SANZIONE DELL’ANTITRUST A POSTE

Lo scorso settembre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva irrogato a Poste Italiane una sanzione di 5 milioni di euro, il massimo consentito dalla legge, per aver violato il Codice del Consumo. Secondo Piazza Verdi il gruppo di proprietà di Cdp e Tesoro promuoveva in modo ingannevole le caratteristiche del servizio di recapito delle raccomandate e del servizio di Ritiro Digitale delle raccomandate.

In particolare, l’Antitrust aveva accertato che il tentativo di recapito delle raccomandate non veniva sempre “esperito con la tempistica e la certezza enfatizzate nei messaggi pubblicitari, venendo, peraltro, frequentemente effettuato con modalità diverse da quelle prescritte dalla legge. Nella nota che accompagnava il provvedimento, l’Authority evidenziava come a volte la società utilizzasse “per comodità il deposito dell’avviso di giacenza della raccomandata nella cassetta postale anche quando sarebbe stato possibile consegnarla nelle mani del destinatario” e si contavano “numerosissimi reclami dei consumatori” che lamentavano “il mancato tentativo di consegna delle raccomandate, anche quando avevano la certezza di essere stati presenti nella propria abitazione”.

Secondo l’Autorità presieduta da Roberto Rustichelli questi comportamenti provocavano “un inammissibile onere a carico dei consumatori costretti a lunghe perdite di tempo e di denaro per poter ritirare le raccomandate non diligentemente consegnate”. Inoltre, si notava “la sussistenza di omissioni informative anche nei messaggi pubblicitari di promozione del servizio di ritiro digitale delle raccomandate” perché non veniva chiarito che “tale servizio è utilizzabile per i soli invii originati digitalmente”.

Un altro elemento sottolineato dall’Agcm riguarda il fatto che questa condotta provocava “gravi danni al sistema giustizia del Paese per i ritardi dovuti ad errate notifiche nell’espletamento dei processi, soprattutto quelli penali, con conseguente prescrizione di numerosi reati, come più volte affermato nelle Relazioni Annuali sullo stato della giustizia”. citate nel provvedimento.

COS’HA DECISO IL TAR LAZIO SULLE RACCOMANDATE DI POSTE

Rigettando il ricorso di Poste Italiane il Tribunale ha chiarito che “attraverso un adeguato supporto probatorio” l’Autorità “ha dimostrato che esisteva ed era particolarmente diffuso il fenomeno del mancato esperimento del tentativo di consegna, fenomeno che era confermato dagli stessi report dei reclami predisposti dal professionista”. Peraltro l’Agcm nel provvedimento ha riportato “numerose evidenze atte a dimostrare come Poste fosse consapevole della significativa diffusione del fenomeno del mancato esperimento del tentativo di consegna da parte dei postini che lasciano nella cassetta domiciliare avvisi di giacenza senza suonare il campanello. Rispetto ai disservizi segnalati, Poste non ha fornito adeguate reazioni, limitandosi alla sensibilizzazione degli operatori a porre ‘la massima attenzione durante l’espletamento del servizio’, senza attivare reali misure correttive”.

Il Tar del Lazio critica – riguardo al servizio di “ritiro digitale” – il fatto che Poste ha omesso di chiarire che la possibilità “era subordinata alla presenza di condizioni certamente significative e la cui conoscenza non era immediatamente percepibile al consumatore, se non in un momento successivo”. Bocciata anche la contestazione dell’importo della sanzione perché l’Antitrust ha “del tutto ragionevolmente applicato il massimo edittale tenuto conto: della dimensione economica del professionista, che rappresenta il principale operatore attivo nell’erogazione dei servizi postali; del tipo di prodotto sul quale incide la pratica commerciale scorretta, rientrante in parte nel servizio postale universale; della pluralità di condotte con cui la pratica è stata realizzata, della sua particolare ampiezza e diffusione (anche tramite il mezzo internet) e della lunga durata”.

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