La ristrutturazione paga o no per Vivendi?
Il gruppo francese che fa capo alla famiglia Bolloré aveva prospettato agli azionisti che il valore intrinseco dei suoi asset distinti sarebbe stato meglio riconosciuto dal mercato, da qui la scissione con le nuove entità quotate tutte in Europa.
Lunedì il canale tv Canal+ ha fatto il suo debutto a Londra, mentre la società di comunicazione e marketing Havas ad Amsterdam e l’editore Louis Hachette Group (che comprende Hachette Livre, Relay e media come Europe 1, JDD, Voici e Ge’o) a Parigi nel comparto Euronext Growth.
L’emittente francese è crollata di oltre il 20% nel suo primo giorno di contrattazione sulla piazza londinese. La società è la più grande delle tre attività scorporate da Vivendi, la cui lamentela di lunga data secondo cui le divisioni erano sottovalutate come parte del conglomerato è quindi messa ora alla prova dagli spin-off.
Ma è davvero così? No, secondo il Sole 24 Ore: a “due sedute di distanza dal big bang, la somma delle quotate è inferiore a quanto la Borsa prezzasse l’intero gruppo venerdì scorso, ultimo giorno prima della scissione: all’appello mancano 350 milioni. La famiglia Bollorè però rafforza il controllo al 31% sulle società che si sono staccate (senza obbligo di Opa) e blinda Havas col voto maggiorato”.
Nel frattempo, sembra arrivato il momento anche di fare i conti con la presenza della media company nel nostro paese. Secondo Bloomberg, diversi fondi, tra cui Cvc Capital, Apax e Bain, sarebbero interessati a rilevare la sua partecipazione in Tim.
Tutti i dettagli.
LE PREVISIONI DI BOLLORÉ
Con una valutazione pre-fusione di 8,5 miliardi di euro, l’obiettivo del management di Vivendi era che il valore combinato delle quattro nuove entità superasse questa somma. Secondo le stime fornite da Yannick Bolloré, figlio di Vincent Bolloré e presidente del supervisory board di Vivendi, il valore totale era previsto a circa 16 miliardi di euro, suddivisi tra Canal+ (6,8 miliardi di euro), Havas (3,4 miliardi di euro), Louis Hachette Group (2,1 miliardi di euro) e Vivendi (4,5 miliardi di euro).
IL SOLE 24 ORE FA I CONTI IN TASCA A VIVENDI
E ora arriviamo ai conti elaborati dal quotidiano confindustriale: “A martedì sera, la somma delle capitalizzazioni di Vivendi, Hachette, Havas e Canal+ non arrivava a 8,2 miliardi. Canal +, quotata a Londra, ha perso oltre un quarto del suo valore iniziale (-27%) per una capitalizzazione scesa a 2,5 miliardi. Havas, che ad Amsterdam ha debuttato in leggero rialzo, ha invertito la rotta e salda i primi due giorni di quotazione con una performance negativa del 4,5% per una capitalizzazione di poco inferiore a 1,7 miliardi. Hachette, all’Euronext growth Parigi, in due giorni porta invece a casa una performance positiva del 23,5% con la capitalizzazione a 1,38 miliardi. Ma la vera sorpresa viene da Vivendi che, pur tenendo conto della correzione di ieri, vale in Borsa il 36,25% in più della chiusura pro-forma di venerdì.”
L’USCITA DI VIVENDI DAL CAC40
Inoltre, in seguito alla scissione di Canal+, Havas e Louis Hachette, Vivendi uscirà dal Cac 40, l’indice principale della Borsa di Parigi, a partire dal 23 dicembre. Lo ha reso noto in un comunicato pubblicato dopo la fine delle contrattazioni l’operatore Euronext, come riporta Radiocor. A prendere il posto di Vivendi sul Cac sarà il gruppo francese di ispezioni e certificazioni Bureau Veritas. Questa uscita era attesa, dato che la capitalizzazione della holding francese – privata dei suoi asset – è scesa sotto un livello minimo per poter restare nel principale indice borsistico parigino.
Secondo alcuni operatori, c’è anche attesa per le decisioni delle autorità di Borsa che potrebbero decidere già oggi l’uscita di Vivendi dall’indice Cac 40, data la riduzione automatica della sua capitalizzazione (ora attorno a 2,5 miliardi) in seguito alla scissione.
COSA È RIMASTO NELLA MEDIA COMPANY FRANCESE
Vivendi, che rimane quotata a Parigi, continuerà a gestire solo diverse partecipazioni di minoranza a parte il 100% dell’editore di videogiochi Gameloft.
Nel portafoglio di Vivendi resta infatti il 9,94% residuo della major Usa Universal music group, il 19,21% della casa di produzione televisiva Banijay, l’11,87% della casa editrice spagnola Prisa, l’1,04% di Telefonica, il 19,79% di Mfe (incluse le azioni da dismettere detenute da Simon Fiduciaria) e il 23,75% del capitale ordinario di Tim, ha ricordato L’Economia, l’inserto economico del lunedì del Corriere della Sera.
Ieri le sue azioni hanno chiuso in calo del 3,87% a 2,51 euro, mentre la sua capitalizzazione di mercato si attesta a 2,7 miliardi di euro, rispetto agli 8,55 miliardi di euro prima della scissione.
In particolare, nell’operatore tlc italiano, Vivendi è primo socio con il 23,75% del capitale. Ma potrebbero esserci novità in vista.
CALDO IL DOSSIER TIM
Il mercato sta valutando gli sviluppi su Tim dopo le indiscrezioni di Bloomberg secondo cui Vivendi sarebbe in trattative con Cvc Capital Partners per la cessione del suo 23,7% del capitale ordinario nella società italiana. Come ricorda Invest Securities, la quota di Vivendi (pari al 17% tenendo conto delle azioni di risparmio) ha attualmente un valore di 940 milioni di euro, il 40% della capitalizzazione di Vivendi.
Il Sole 24 Ore cita anche Apax come ulteriore fondo potenzialmente interessato alla quota, mentre il Messaggero fa il nome di Bain Capital, già presente in Italia con il 50% di Engineering, e di un terzo fondo non ancora identificato.
Tuttavia, come notano gli analisti di Intermonte, resta ampio il differenziale con il prezzo a cui Vivendi sarebbe disposto a vendere, con la holding francese che punta a ottenere almeno 1,5 miliardi di euro (0,41 euro per azione): Bolloré ha pagato per quel pacchetto 1,07 euro per azione, circa 3,9 miliardi.