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Banche Centrali

Perché i timori di recessione limiteranno l’inasprimento della Fed

Che cosa farà la Fed. Il commento di Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments

 

La reazione aggressiva della Fed all’inflazione elevata sta rafforzando le preoccupazioni circa le prospettive dell’economia statunitense. Il mercato del lavoro è in buonissime condizioni, con il tasso di disoccupazione (3,6%) quasi tornato ai minimi pre-COVID e gli utili delle imprese sono solidi. Tuttavia, il deterioramento degli indicatori di fiducia segnalano crescenti timori di una recessione. Questi timori sono inoltre rafforzati dall’appiattimento e inversione parziale della curva dei rendimenti, che però si è leggermente irripidita la settimana scorsa.

L’esperienza passata mostra infatti che un rialzo rapido e sostenuto dei tassi potrebbe limitare le possibilità di un “atterraggio morbido”. Ciò è aggravato dal minor stimolo fiscale e dai prezzi elevati dell’energia, che intaccano il potere d’acquisto. Inoltre, l’offerta di credito si è indebolita poiché le banche hanno iniziato ad inasprire i propri standard sui prestiti. I bilanci del settore privato sono diventati meno vulnerabili all’aumento dei tassi di interesse, grazie all’aumento delle riserve di liquidità, ma l’elevato debito delle imprese può diventare un problema.

La Fed deve chiaramente agire in modo rapido e coraggioso per mantenere ancorate le aspettative di inflazione, e l’attuale stato di salute dell’economia offre ampie possibilità per questo. Eppure, nel tempo, il rischio di danni all’economia diventerà più evidente. Prevediamo quindi una stretta più anticipata con un aumento di 50 pb in ciascuno dei prossimi due incontri della banca centrale. Ma a questo potrebbe seguire una posizione meno aggressiva, con il tasso dei Fed fund che raggiungerà un picco leggermente superiore al 2,5% entro la primavera del prossimo anno, inferiore alle attuali aspettative del mercato del 3%.

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