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Fallimenti

Perché gli indici di fiducia si stanno stabilizzando

Il commento di Paolo Mameli, senior economist della direzione studi e ricerche Intesa Sanpaolo, sugli indici di fiducia a luglio La fiducia sia delle imprese che delle famiglie è risultata all’incirca stabile a luglio, battendo le attese degli analisti (che si aspettavano un calo). In pratica, dopo l’accentuata volatilità dei due mesi precedenti, dovuta agli…

La fiducia sia delle imprese che delle famiglie è risultata all’incirca stabile a luglio, battendo le attese degli analisti (che si aspettavano un calo). In pratica, dopo l’accentuata volatilità dei due mesi precedenti, dovuta agli scossoni sul fronte politico e finanziario visti tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, la fiducia sembra essersi stabilizzata (su livelli inferiori ai recenti picchi, ma non lontani da massimi pluriennali). In altri termini, non c’è evidenza del fatto che il cosiddetto “rischio politico” stia avendo un impatto sulla fiducia degli operatori economici e in generale sull’economia reale. Il ritmo di espansione è sì più basso rispetto a quello visto nel 2017 (ci attendiamo che il PIL possa rallentare ulteriormente nel 2° trimestre, a 0,2% t/t), ma il fenomeno è comune agli altri principali Paesi dell’eurozona ed appare dovuto più al minor vigore della domanda mondiale che non a fattori domestici.

La fiducia sia delle imprese che delle famiglie è risultata all’incirca stabile a luglio, battendo le attese degli analisti (che si aspettavano un calo).
L’indice composito sul morale delle aziende diffuso dall’Istat è calato marginalmente a 105,4 a luglio da 105,5 di giugno (rivisto al rialzo di un decimo). Specularmente rispetto al mese precedente, la fiducia delle imprese è calata nei servizi (a 106 da 107,4) e nel commercio (a 102,6 da 103,9).

Il morale è migliorato significativamente nelle costruzioni (a 139,9 da 132,9), raggiungendo un nuovo massimo da oltre 10 anni. Nel settore manifatturiero, il clima di fiducia è rimasto invariato a 106,9: il dato è superiore alle attese di consenso che puntavano a un calo, ma si tratta comunque del livello più basso da febbraio 2017. L’indagine registra un’ulteriore diminuzione delle valutazioni correnti delle aziende sugli ordini, particolarmente dall’estero. Viceversa, le aspettative sugli ordini e le valutazioni sia correnti che attese sulla produzione sono migliorate. Anche le valutazioni prospettiche su economia e occupazione sono diventate più ottimistiche.

La fiducia dei consumatori è salita marginalmente a 116,3 a luglio, da 116,2 il mese precedente. Il dettaglio è misto:
L’indagine registra una flessione delle componenti che spiegavano il miglioramento di giugno e cioè il clima economico nazionale (141,7 da 142,8) e le aspettative per il futuro (121 da 122,4). Al contrario, sia la situazione personale degli intervistati che le condizioni correnti sono salite, a 107,8 da 107,1 e a 113,3 da 111,8 rispettivamente.
Le preoccupazioni delle famiglie sulla disoccupazione sono risalite moderatamente a 12,5, dopo il vistoso calo a 9,5 registrato il mese precedente (che rappresentava un minimo da due anni e mezzo).

Gli intervistati registrano un miglioramento delle valutazioni correnti sia sulla situazione economica dell’Italia che sulla condizione economica della famiglia, ma un peggioramento delle aspettative per il futuro.
In sintesi, dopo l’accentuata volatilità dei due mesi precedenti, dovuta agli scossoni sul fronte politico e finanziario visti tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, la fiducia sia delle imprese che delle famiglie sembra essersi stabilizzata a luglio. I livelli degli indici di fiducia sono inferiori ai recenti picchi, ma non sono troppo lontani da massimi pluriennali e perciò restano coerenti con una prosecuzione della fase di espansione dell’attività economica.
In altri termini, non c’è evidenza del fatto che il cosiddetto “rischio politico” stia avendo un impatto sulla fiducia degli operatori economici e in generale sull’economia reale. Il ritmo di espansione è sì più basso rispetto a quello visto nel 2017 (ci attendiamo che il Pil possa rallentare ulteriormente nel 2° trimestre, a 0,2% t/t), ma il fenomeno è comune agli altri principali Paesi dell’eurozona ed appare dovuto più al minor vigore della domanda mondiale (da notare il calo degli ordini dall’estero nell’indagine sulle imprese manifatturiere) che non a fattori domestici.
In ogni caso, i rischi sulla nostra previsione di crescita per l’economia italiana quest’anno (1,3%) restano verso il basso, ma appaiono di entità piuttosto contenuta (uno-due decimi di punto percentuale). Le scelte di politica fiscale che verranno fatte in occasione della prossima Legge di Bilancio potrebbero invece risultare decisive per quanto concerne le sorti del ciclo nel 2019 (nostro scenario di base: 1,2%).

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