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Coco Bond

Perché è utile un bond di scopo per il rilancio dell’Italia

L'intervento di Francesco Giuliani, avvocato tributarista, partner dello Studio Fantozzi e Associati 

Ripensare il rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria. In questo momento di emergenza dovuto al Coronavirus è opportuno sostituire alla legislazione del sospetto la cultura della fiducia. E’ certamente utile dare ossigeno ai contribuenti, ma poi si dovrà passare da una fase di “difesa” a una di “attacco”.

A proposito delle misure messe in campo dal legislatore in queste settimane il giudizio sulla sospensione dei termini di riscossione e del contenzioso è sicuramente positivo, così come la mancata conversione della norma che prolungava di ben due anni il termine per le attività di riscossione da parte dell’Agenzia delle Entrate. Sarebbe stato un allungamento dei tempi totalmente insensato, contrario alla Costituzione, alla Cedu, alla Carta di Nizza. Insomma, una follia. Giusto e direi meritato anche il coro di critiche con cui è stata accolta la “covid tax” proposta dal Pd, per i percettori di redditi superiori agli 80.000 euro: in un Paese dove il 2% dei soggetti paga già il 25% dell’Irpef totale, non servono certo altre “mazzate” tese a spremere ulteriormente chi già paga tanto. Dato e non affatto concesso, peraltro, che nel 2020 i suddetti percettori mantengano il loro reddito precedente.

Tuttavia, come ho premesso, per reagire alla crisi non bastano le sospensioni dei versamenti di contributi e imposte finora disposti dall’erario. Bisogna mettere in campo azioni più incisive. Provo a elencare alcuni suggerimenti concreti per il prossimo futuro, anche aderendo ad alcune delle molteplici proposte emerse in questo delicato periodo. Il primo è certamente lo sblocco dei debiti della Pubblica Amministrazione, che consentirebbe l’immissione, secondo alcuni studi, di circa 50 miliardi di euro di liquidità nel sistema. Il secondo è l’emissione di “titoli patriottici”, ossia bond di scopo, mirati al rilancio del Paese, che garantiscano ai detentori non necessariamente un tasso di interesse bensì un credito di imposta del 2-3%, da utilizzare nel corso dei successivi periodi d’imposta.

Anche sul piano più strettamente fiscale lo Stato non può rimanere inerte né i contribuenti possono accontentarsi di rinviare o rateizzare pagamenti che comunque dovranno prima o poi eseguire. Bisogna da subito eliminare la stortura degli acconti d’imposta, che già appaiono anacronistici in un regime normale, e che oggi risultano anche di difficile previsione. Occorre poi ripristinare la transazione dei ruoli, abrogata in passato per una serie di ragioni anche politiche, ma che in questo momento sarebbe auspicabile.

Sarebbe poi importante l’introduzione di incentivi fiscali per attrarre investimenti esteri e convincere imprese che svolgono attività extra-Ue a trasferirle in Italia, cosa che oggi tali soggetti non trovano conveniente, soprattutto per la lentezza della burocrazia e la nebulosità e l’incertezza della normativa, e in particolare di quella fiscale. Fra i settori per i quali prevedere robusti incentivi fiscali vi sono senza dubbio quelli della tecnologia e della ricerca scientifica in campo medico. Infine, da tempo sostengo – proprio nell’ambito del ripensamento del rapporto fra cittadini e Stato, e in particolare fra contribuenti e amministrazione finanziaria – l’importanza di introdurre un “sistema di prevedibilità della variabile fiscale”, vale a dire la possibilità di un accordo preventivo con il Fisco che consenta al contribuente di conoscere e prevedere il proprio carico fiscale per alcuni anni, ciò che oggi avviene grazie alla cooperative compliance solo per poche grandi imprese. Un modo per garantire all’erario il gettito necessario e giusto ma anche alle aziende e alle persone fisiche una gestione aziendale e finanziaria senza sorprese.

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