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Quota 100

Perché boccio il pensionamento a rate proposto da Tridico (Inps)

Le proposte del presidente dell'Inps, Tridico, commentate da Giuliano Cazzola

 

Mentre il governo continua a tacere su cosa intende fare in materia di pensioni e non replica al pressing dei sindacati che provano di vendere una loro proposta fuori mercato ben più onerosa di quota 100 (due possibili opzioni per coloro a cui si applica il sistema misto: 62 anni con almeno 20 di contribuzione oppure 41 anni di versamenti senza tener conto dell’età), è sceso in campo con due interviste parallele (sulla Stampa e sul Foglio) Pasquale Tridico, il presidente evergreen dell’Inps, l’Istituto reduce da un anno di superlavoro perché incaricato di smaltire gli interventi disposti dal governo per fare fronte agli effetti economici della pandemia. Tridico – a modo suo – sviluppa, con garbo e destrezza, alcune considerazioni che cercano di smorzare il fuoco della propaganda sindacale.

Innanzi tutto, il professore si smarca dai luoghi comuni sulla riforma Fornero e riconosce che “il sistema previdenziale italiano è stato scolpito da due grandi riforme: la Dini del ’95 e la Fornero nel 2011. È quello il nostro impianto ed è proprio qui dentro – aggiunge – che dobbiamo incrementare i livelli di flessibilità’’, tenendo “presente che abbiamo bisogno di equità e sostenibilità”. Tutto il contrario di quanto andava dicendo, per esempio, il ministro Nunzia Catalfo inflessibilmente (e incautamente) schierata per il superamento definitivo della disciplina introdotta nel 2011.

Ma soprattutto Tridico sdrammatizza la minaccia dello “scalone” (da 62 a 67 anni) che viene utilizzata dai sindacati per  perorare la loro causa. “Non è corretto portare sempre il discorso sullo scalone. Dopo Quota 100 – conferma Tridico – non c’è la fine del mondo, ci sono diverse misure di flessibilità da ampliare: l’Ape sociale, i precoci, gli usuranti”. Ma proprio qui – absit iniuria verbis – casca l’asino.

Perché se il pacchetto “Ape e dintorni” – introdotto nella legge di bilancio 2017 proprio per trovare soluzioni di esodo anticipato nei casi di effettiva necessità senza dover scassinare la riforma Fornero  – può coprire in larga misura lo spazio che quota 100 lascerà vuoto alla sua scadenza, a che cosa serve il pensionamento a rate proposto da Tridico?

Ne ricordiamo i capisaldi:  la possibilità di andare in pensione dai 62-63 anni solo con la quota che è maturata in regime contributivo a cui il pensionato aggiungerebbe quella retributiva al compimento dei 67 anni. Peraltro sarebbe utile che Tridico corredasse la sua proposta con l’indicazione di qualche  ulteriore requisito e un po’ di dati sui costi. Ci spieghiamo meglio.

Per poter incassare la prima rata è previsto un minimo di contributi versati (i sindacati indicano un periodo di almeno 20 anni)? Sappiamo che i lavoratori (tuttora in numero assolutamente prevalente) in regime misto (retributivo + contributivo) hanno, nella seconda parte del montante,  versamenti  in generale compresi tra un minimo di 9 e un massimo di 25 anni.

Basta riflettere su questi numeri per accorgersi che potrebbe verificarsi i seguenti casi: non avere abbastanza  contributi per dare un minimo di consistenza alla prima rata oppure portarsi appresso, all’appuntamento con i 67 anni, un’appendice retributiva della quale diventerebbe difficile persino calcolare il valore.

Quanto ai costi l’Inps è in grado di stimare la maggiore spesa derivante dalla proposta dei sindacati e di detrarre il risparmio che produrrebbe la “variante Tridico’’ (ammesso e non concesso che sia utile).

Intanto aspettiamo che la Sfinge di Palazzo Chigi dica la sua.

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