I dati Istat sul Mercato del Lavoro relativi al mese di luglio forniscono una importante conferma, anche se modesta dal punto di vista quantitativo, dell’inversione di segno nelle dinamiche economiche già segnalata alla fine del II trimestre dell’anno: per luglio Confindustria segnalava una crescita della produzione del 7,5%, e il Pmi (che indica i programmi di acquisto delle imprese) era indicato al 51,6, 4 punti più di giugno. Già a partire da maggio le ore lavorate pro capite erano aumentate e le assenze dal lavoro diminuite: si tratta di due dati che illustrano l’andamento dell’utilizzo reale della Cassa Integrazione, a prescindere dalle ore richieste e autorizzate, e mostrano chiaramente come stia diminuendo il ricorso alla Cassa.
Come ci si aspettava il mese di luglio (che conferma queste dinamiche positive) fa registrare finalmente un’inversione di segno sul piano occupazionale, che come il solito segue con 2-3 mesi di ritardo le ricadute delle tendenze dell’economia sulle imprese: gli occupati aumentano di 85.000 unità, pari allo +0,4%.Vale la pena di notare due particolari: in primo luogo degli 85.000 occupati in più ben 80.000 sono donne. Sarebbe interessante capire quanti di questi contratti sono part time, ma il dato non è ancora stato pubblicato; tuttavia qualche idea ce la può fornire il Focus di Anpal sugli avviamenti al lavoro, che si ferma al mese di giugno ma che ci dice che tre soltanto erano i settori con un bilancio attivo tra avvii e cessazioni: agricoltura, costruzioni e assistenza famigliare. Quest’ultima è di gran lunga l’attività col maggior numero di avviamenti, e ciò fa pensare che si tratti di un trend proseguito anche a luglio e che giustifica in buona parte l’insolita predominanza di assunzioni di personale femminile.
In secondo luogo i dati indicano un boom del lavoro dipendente a tempo indeterminato: +138.000 rispetto a giugno, e addirittura +181.000 rispetto a giugno 2019. Per mettere a fuoco questo dato occorre precisare che gli 85.000 occupati in più sono la differenza tra 138.000 tempi indeterminati + 7.000 a termine meno 60.000 autonomi: è molto verosimile che questo dato sia “drogato” dal divieto di licenziamento per motivi economici che ovviamente si applica ai tempi indeterminati. Per cui il pur positivo dato occupazionale sarebbe il combinato disposto di nuove assunzioni che vanno ad assommarsi ad un serbatoio di cessazioni “congelate” destinato ad esplodere non appena scaduto il divieto con effetti facilmente prevedibili.
Discreto il dato sulle ore lavorate procapite, che aumenta sia pure lievemente a 33,1 ore settimanali. Erano 33 nel mese di giugno, il che interrompe una serie molto virtuosa iniziata a maggio ma si giustifica in parte con l’aumento degli addetti in parte con l’aver significativamente ridotto il delta con le ore lavorate pre crisi (35,3 a Febbraio).
Infine è un segnale positivo circa le aspettative delle persone per il futuro il fatto che continui a diminuire il tasso di inattività, a luglio in modo particolarmente significativo: -0,6%. Significa che più gente ha fiducia e necessità di trovare lavoro e si attiva per cercarlo: naturalmente in un mercato del lavoro ancora debole i più non lo trovano e quindi sale, come dato statistico, il tasso di disoccupazione. Ma per ora non è da considerarsi un dato negativo: l’Osservatorio Excelsior (Unioncamere) informa che le imprese programmano 200.000 assunzioni in agosto, con il settore costruzioni in evidenza ma anche con una marcata ripresa del settore ristorazione.
Abbiamo quindi indicatori di ripresa ormai relativamente consolidati, ma si profila per la fine dell’anno, quando esploderà la bolla dei licenziamenti congelati, una situazione occupazionale ben difficile da gestire, se governo e parti sociali non saranno capaci di mettere in piedi un sistema capace di favorire e accompagnare la mobilità lavorativa in modo efficiente.