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Pandora Papers

Tutta l’ipocrisia dell’Europa sui Pandora Papers

L’Olanda è un paradiso fiscale di cui hanno approfittato le multinazionali e anche tante aziende italiane come Luxottica, Ferrero, Campari, Exor e Mediaset. L’approfondimento di Alberto Negri, giornalista ed ex inviato speciale di esteri al Sole 24 Ore

Fa parte del gioco: dall’Unione europea alla Gran Bretagna si fa finta di non vedere quello che è sotto gli occhi di tutti. Il caso Blair.
Cose nuove e cose risapute ma soprattutto una domanda: perché il dossier “Pandora Papers” sui conti nei paradisi fiscali è un’inchiesta giornalistica e non un’indagine della finanza e delle autorità competenti dei vari Paesi? La risposta è semplice: c’è una larga connivenza a livello internazionale che lascia prosperare i paradisi fiscali e i metodi illegali travestiti da legalità. L’ipocrisia fiscale è il vero male da combattere: i ricchi evadono, i poveri pagano.
Dopo di che possiamo anche divertirci con i nomi contenuti nell’inchiesta che è destinata a restare un gossip giornalistico, sia pure ben documentato, se non ci saranno conseguenze e indagini della magistratura e della polizia internazionale. E’ chiaro che per avere indagini serve una decisione politica ben chiara che è quella di farla finita con i paradisi fiscali mentre la gente comune paga regolarmente le tasse e i servizi che usano anche questi delinquenti in giacca e cravatta, in diversi casi non solo politici ma anche uomini dello spettacolo, dello sport, ovvero idoli delle folle e dei social. Non si tratta di fare una caccia alle streghe ma di avviare indagini delle autorità competenti serie su evasori fiscali e paradisi fiscali.
“Pandora Papers” è un’inchiesta coordinata dall’International Consortium of Investigative Journalists, che svela le operazioni off-shore di decine di figure di spicco di oltre 90 stati, arriva fino in Italia. E’ basata su circa 12 milioni di documenti relativi a oltre 25 anni di attività, l’indagine è frutto delle rivelazioni di una fonte interna allo studio legale Alemán, Cordero, Galindo & Lee e testimonia l’esistenza di oltre 29 mila beneficiari di società offshore, intenzionati a occultare in paradisi fiscali parte delle loro ingenti ricchezze per sfuggire al fisco. L’inchiesta, come i “Panama Files”, mette in fila operazioni, in alcuni casi al limite della legalità, messe in atto da 14 società internazionali incaricate da clienti facoltosi nel gestire capitali miliardari. Nella maggior parte dei casi l’attività principale è stata creare strutture “offshore” e “trust” in paradisi fiscali come Panama, Dubai, Isole Cayman e in paesi deve la riservatezza mette al riparo da controlli fiscali, come Monaco e Svizzera.
E non c’è forse neppure bisogno di andare troppo sull’esotico per rincorrere i paradisi fiscali: alcuni come l’Olanda li abbiamo nel cuore dell’Europa magari non riguardano singole persone ma ancora peggio intere multinazionali. Da tempo abbiamo scoperto che l’Olanda è un paradiso fiscale di cui hanno approfittato le multinazionali e anche tante aziende italiane famose come Luxottica, Ferrero Campari, Exor, holding della famiglia Agnelli, e Mediaset.

Sono cose davanti agli occhi di tutti ma che l’Unione europea tollera, come tollera che la “frugale” Olanda faccia la morale ai Paesi europei come l’Italia che non hanno i conti in ordine. Non è un caso che nell’elenco degli azionisti schermati dal velo delle società offshore ci sia anche il ministro olandese dell’Economia, oltre al premier della Repubblica Ceca, l’ex capo del governo britannico Tony Blair, il Re di Giordania e presidenti in carica di Paesi come Ucraina, Kenya, Cile, Ecuador. Nella lista spiccano i nomi di molte celebrità dello sport, della moda e dello spettacolo. Ma ci sono anche criminali. Ex terroristi. Bancarottieri. Trafficanti di droga. E boss mafiosi, anche italiani, con i loro tesorieri.

Insomma c’è un’ipocrisia ai massimi livelli istituzionali internazionali che poi è anche quella che consente di prosperare ai paradisi fiscali fuori dell’Europa. Va bene indagare sui paradisi fiscali ma prima ancora l’Unione europea deve fare pulizia dentro casa.
(Estratto di un post pubblicato sul profilo Facebook di Negri)
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