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economia russa

Il petrolio russo e lo yuan cinese spingono il Pakistan ad abbandonare il dollaro

Il Pakistan ha ricevuto il primo carico di petrolio greggio dalla Russia, pagato in yuan cinesi anziché in dollari. Il paese, in condizioni economiche disperate, vuole staccarsi dalla valuta americana?

È appena arrivata al porto di Karachi la prima partita di greggio acquistata non dai consueti fornitori mediorientali ma dalla Russia, con un forte sconto e il pagamento effettuato non in dollari ma in yuan. Pakistan avviato dunque verso la dedollarizzazione? La realtà è diversa e rimanda alle condizioni disperate in cui versa un Paese sull’orlo del default e costretto a espedienti di ogni tipo, incluso il baratto, per pagare le proprie importazioni e sopravvivere.

Le trattative tra Russia e Pakistan

Era stata Reuters nel mese di aprile a dare notizia dell’accordo tra Mosca e Islamabad per la fornitura di partite di greggio al Pakistan a condizioni di favore.

L’accordo è arrivato dopo mesi di negoziati, inclusa la visita a Mosca lo scorso novembre di una delegazione pakistana guidata dal Ministro del petrolio Musadik e la successiva visita a Islamabad, lo scorso gennaio, del Ministro russo dell’energia Nikolay Shulginov.

Le trattative sono state ovviamente riservate sia perché la Russia è sotto sanzioni sia perché sull’oro nero di Mosca grava il tetto al prezzo fissato dal G7 in 60 dollari al barile.

Come aveva dichiarato all’epoca il Ministro pakistano del petrolio Malik, l’accordo prevedeva la fornitura di greggio e non di prodotti raffinati, con un volume di importazioni che avrebbe dovuto raggiungere i 100.000 barili al giorno.

A precisa domanda da parte di Reuters, il ministro si era rifiutato di precisare se le transazioni con Mosca sarebbero state regolate con valute alternative al dollaro e, in particolare, con lo yuan cinese o il dirham degli Emirati. “Non rivelerò niente sulla parte commerciale dell’accordo”, era stata la sua dichiarazione.

L’arrivo del primo cargo

Gli effetti dell’intesa tra il Paese di Vladimir Putin e il suo nuovo cliente si sono visti domenica scorsa, quando il primo cargo carico di greggio è arrivato nel porto di Karachi.

In una intervista rilasciata a Reuters il ministro Malik ha dichiarato che il primo acquisto pakistano di petrolio russo ha riguardato 100.000 tonnellate di greggio degli Urali, di cui le prime 45.000 a bordo della nave attraccata a Karachi.

Pagamento in yuan

Malik si è rifiutato di rivelare alla stampa i dettagli commerciali dell’operazione, occultando dunque l’entità dello sconto pattuito con Mosca, ma ha precisato che il pagamento è stato effettuato in yuan.

“Questa è una normale operazione commerciale tra Pakistan e Russia”, ha affermato a tal proposito il Ministero degli esteri cinese in risposta a una domanda di Reuters.

“In linea di principio”, ha aggiunto il Ministero, “siamo favorevoli al pagamento in yuan dei flussi commerciali di petrolio.

Il Pakistan sull’orlo del baratro punta al baratto

Rivolgersi a Mosca, e dunque allo storico alleato dell’arcinemica India, tradisce le condizioni disperate in cui versa il Pakistan, Paese sull’orlo del default e che ha riserve in valuta estera talmente assottigliate da poter sostenere non più di un mese di importazioni controllate.

I guai economici del Pakistan sono talmente pressanti che il governo ha appena varato un decreto per permettere il commercio sotto forma di baratto per le importazioni di beni, inclusa l’energia, da Russia, Iran e Afghanistan.

Spiegando alla stampa le ragioni dietro l’approvazione del cosiddetto Business-to-business Barter Trade Mechanism 2023, il vicedirettore del Sustainable Development Policy Institute, Sajd Amin, ha affermato che lo schema si è rivelato necessario alla luce della carenza ormai cronica di dollari nelle casse dello Stato.

Il meccanismo studiato dal governo, ha aggiunto Amin, consentirà di condurre le transazioni per il petrolio russo e iraniano senza che esse vadano ad intaccare le riserve in dollari del Pakistan.

Sull’orlo del default

Con appena 3,7 miliardi di dolari di riserve di valuta estera rimasti in cassa, una drammatica crisi economica e una turbolenza politica che non accenna a diminuire, il Pakistan raschia il fondo del barile per scongiurare uno scenario peggiore che solo l’intervento del Fmi sarebbe in grado di evitare.

Ma le trattative con l’istituzione finanziaria di Washington sono in stallo a causa sia della difficoltà di Islamabad di restituire il prestito da 7 miliardi di dollari concesso lo scorso anno dopo le devastanti inondazioni che hanno colpito il Paese sia per la diffidenza del Fmi nei confronti di una nazione che si avvia verso le elezioni più incerte della sua storia e che ha appena tratto in arresto il suo ex Primo ministro Imram Khan innescando scontri violentissimi tra i supporter di Khan e la polizia.

Economia al collasso

Gli indicatori economici del Pakistan sono tutti in rosso. La rupia ha perso metà del suo valore nel solo ultimo anno; l’indice di borsa ha subito un tonfo a due cifre. Già inchiodati al livello bassissimo di 32 cent, i bond governativi continuano a perdere valore.

La Banca centrale intanto ha rivisto le proprie previsioni sulla crescita da un quasi rassicurante 1.3% a una soglia prossima allo zero. La stessa Banca ha ammonito circa un possibile “choc da stagflazione” causato dal combinato disposto dell’altissimo tasso di interesse fissato al livello record del 21% e del mancato accesso, per ora, ai nuovi prestiti targati Fmi.

Montagne di debito

Ma il Pakistan è soprattutto schiacciato da una montagna di debito pubblico che ha raggiunto il 73,5% del Pil. Si tratta per di più di debito contratto con un Paese, la Cina, seccamente contraria ad ogni forma di rinegoziazione.

Un debito, quello contratto con Pechino, che potrebbe addirittura essere più ingente di quanto rivelano le cifre ufficiali a causa dell’opacità con cui la Cina gestisce le sue relazioni finanziarie con l’estero.

In queste condizioni drammatiche, acquistare petrolio a prezzi scontati pagandolo con una valuta diversa dal dollaro come lo yuan, o addirittura barattandolo, rappresenta un sorta di ultima ancora prima del naufragio.

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