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O rete o aumento di capitale. Il dilemma di Tim, Vivendi e Cdp

Che cosa ha in mente davvero Vivendi su Tim? Fatti, indiscrezioni, analisi e approfondimenti

Ma quali sono gli obiettivi reconditi di Vivendi su Tim?

È questa la domanda saliente che analisti finanziari, addetti ai lavori ed esponenti della maggioranza di governo si stanno ponendo da giorni per comprendere le mire reali dei francesi di Vivendi dopo gli ultimi sbuffi e le recenti mosse in Tim.

VIVENDI VUOLE AZZOPPARE LABRIOLA DI TIM

Ultimo, ma non per ultimo, il no di fatto (sotto forma di astensione) alla politica di remunerazione del management: un vero e proprio siluro indirizzato implicitamente al capo azienda del gruppo Tim, Pietro Labriola, voluto alla testa di Tim proprio dai francesi.

PIROETTE E CONTRADDIZIONI DI VIVENDI IN TIM

Ma si sa che Vivendi, da quando è primo azionista (con il 23,75%), fa il bello e il cattivo tempo (quasi sempre cattivo) in Tim, scaricando su altri quelle che sono responsabilità tipiche, appunto, del maggior azionista.

DOSSIER RETE PER TIM E NON SOLO

Il gruppo di Bolloré vuole ora azzoppare Labriola, tentato di dire sì alle offerte per la rete? È quello che ci si chiede da giorni a Piazza Affari e non solo. Questo perché Vivendi punta a incamerare circa 30 miliardi dalla cessione della rete fissa, che consentirebbe anche di deconsolidare tutto o in parte il debito che grava su Tim.

LE FOLLI RICHIESTE DI VIVENDI PER LA RETE DI TIM SECONDO MILANO FINANZA

Ma nessun analista e nessun report di banche d’affari stima il valore della rete come quello auspicato dai francesi. Anche perché, se così fosse, tutto il resto di Tim (Brasile, servizi, Sparkle e quota Inwit) varrebbe zero. “Irrazionale”, ha commentato Milano Finanza. “E non è un caso che gli analisti da tempo ipotizzino un valore della rete intorno a 20 miliardi e su quei valori, poco più poco meno, si sono formalizzate le offerte del tandem Cpd-Macquarie e di Kkr per la rete”.

IL BUCO DI VIVENDI CON L’INVESTIMENTO IN TIM

Di sicuro le fibrillazioni dei francesi sono frutto della perdita potenziale da oltre 3 miliardi di euro per l’investimento di Tim. “Per Vivendi l’avventura in Tim è cominciata a più riprese nel lontano 2016 con un rastrellamento di titoli, convinti che la china discendente di Tim in borsa fosse finita. Mai errore fu più grande”, ha scritto Fabio Pavesi, giornalista finanziario di lungo corso già al Sole 24 Ore, su Milano Finanza. “Vivendi ha speso poco più di 4 miliardi di euro per costruire la posizione a un prezzo di carico di 1,07 euro per azione. Nel 2022 ha deconsolidato Tim portando il valore a quello di mercato, sceso a poco più di 0,21 euro con l’ultima svalutazione delle tante occorse negli anni, che portano le minusvalenze subite su Tim al livello di 3,2 miliardi di euro. L’80% dell’investimento bruciato in soli sei anni. Quasi un record da criptovalute. Solo nel 2022 il prezzo da pagare è stato 1,34 miliardi dopo i 728 milioni svalutati nel 2021. Ma ancor prima Vivendi aveva dovuto più volte allineare il valore di Tim ai valori di mercato. Finale di partita con 3,2 miliardi persi per strada”.

VENDITA DELLA RETE O AUMENTO DI CAPITALE PER TIM

Per questo cerca di far incassare più soldi possibile a Tim con la rete. Anche per evitare così un aumento di capitale: “Se Vivendi farà saltare la vendita della rete per salvare l’azienda non resta che ricorrere a un aumento di capitale da svariati miliardi – ha scritto Giovanni Pons su Affari & Finanza del quotidiano Repubblica – L’aumento dei tassi e il rating sotto l’investment grade non permettono infatti alla società di finanziarsi adeguatamente sul mercato. La società brucia cassa, è in ritardo con la realizzazione del Pnrr, perde clienti nel mobile a causa della concorrenza ed è costretta a investire pesantemente per trasformare la rete in rame con la fibra. Ma Vivendi, imperterrita, continua a sfidare il governo italiano, sfoglia la margherita del prossimo ad, scelto in base alle preferenze dei consulenti di De Puyfontaine e non tra manager con il curriculum all’altezza di una grande società di tlc”.

IL RUOLO DI RUVINETTI PER VIVENDI FRA TIM E PALAZZI

A curare i rapporti con l’esecutivo, i francesi di Vivendi si sono affidati da Daniele Ruvinetti, con agganci solidi nel centrodestra e ben apprezzato in ambienti dei servizi (qui l’approfondimento di Start Magazine su Ruvinetti). Anche perché Vivendi è azionista pure di Mediaset, e il gruppo berlusconiano è da tempo al centro di manovre industriali e finanziarie che hanno aspetti anche molto politici e istituzionali.

LE TENSIONI FRA LABRIOLA E I FRANCESI

I francesi, secondo rumors politici, giudicano al momento Labriola molto attento al ruolo di Cdp (socio di Tim con il 9,81%). Significativo, in questo senso, un passaggio dell’intervento del numero uno di Tim pubblicato nei giorni scorsi dal Sole 24 ore: “Per valutare la nostra strategia dobbiamo però allargare il nostro campo visivo e osservare i dati degli operatori storici europei, in Germania, Spagna, Francia e Regno Unito (…) Chi performa meglio a livello di Ebitda? Orange e Deutsche Telekom che hanno mantenuto una maggiore centralità a livello di sistema paese (lo Stato francese detiene il 23% di Orange e quello tedesco il 30% di Deutsche Telekom). Un secondo aspetto molto chiaro è che tutti gli operatori storici a livello domestico hanno perso linee a favore della concorrenza, oltre 55 punti di quota di mercato dalla liberalizzazione a oggi. Non potrebbe essere altrimenti, considerato che partivano da una posizione di monopolio”.

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