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Quota 100

Non solo Leonardo, perché i sindacati sbagliano sul green pass

La posizione dei sindacati sul green pass in azienda commentata dall'ex sindacalista Giuliano Cazzola

‘’Che sensazione di leggera follia…’’ cantava il grande Lucio Battisti. Ma si trattava di un momento di attesa piacevole, ben diversa da quella, tutt’altro che ‘’leggera’’, che avverte un ex sindacalista come chi scrive quando s’imbatte in uno dei quotidiani contorcimenti dei dirigenti sindacali quando devono difendere le loro posizioni sul green pass.

Innanzi tutto mi sorprende che non si senta nessuna voce in dissenso dalle posizioni enunciate dai supremi ayatollah (tra i quali spicca un accigliato Maurizio Landini, forte della sicumera che lo sostiene). Persino nella Lega vi sono stati importanti personalità (come i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga) che hanno stigmatizzato il comportamento di quei parlamentari che parteciparono alla manifestazione nazionale dei No Vax di nuovo conio, dove fu sonoramente spernacchiato lo stesso Mario Draghi). Eppure è talmente evidente che qualche divinità maligna ha confuso la mente dei dirigenti sindacali, che basterebbe il classico bambino a denunciare la loro nudità intellettuale.

Ripercorriamo brevemente il labirinto degli specchi dove si è smarrita la ‘’linea’’ delle grandi organizzazioni dei lavoratori, soffermandoci in particolare su quella della Cgil per due particolari motivi: in primo luogo perché Landini è il segretario che più si è messo in mostra; inoltre perché ormai le altre due confederazioni sono diventate delle succursali della Cgil.

Seguiamo insieme l’itinerario del pensiero debole. 1) La Cgil è favorevole alle vaccinazioni di massa e non ha obiezioni di principio nei confronti del green pass, tuttavia è contraria a sanzioni e a discriminazioni (sospensioni, demansionamento, ecc.) per quei lavoratori che rifiutano il vaccino;

2) La Cgil sfida il governo – se proprio insiste – a fare votare dal Parlamento un legge che sancisca l’obbligatorietà della vaccinazione. Il che risulta incomprensibile essendo il green pass un requisito per accedere in luoghi dove vivono, lavorano, si divertono, mangiano, studiano altre persone, non già la conseguenza di un obbligo di legge. Occorrerebbe poi una riflessione su di un altro aspetto della questione: se la somministrazione del vaccino è stabilita per legge, la violazione dell’obbligo sarà sanzionata in qualche modo e il datore avrà un argomento in più per risolvere il rapporto di lavoro con il ‘’renitente’’ non solo al vaccino ma anche alla legge.

Nelle ultime ore la follia ha compiuto un salto di qualità. Le Federazioni nazionali dei metalmeccanici hanno reso noto un documento intitolato ‘’Leonardo’’ (perché riferito al personale di quel gruppo di eccellenza dell’industria italiana).

Dopo aver ricordato – giustamente – quanto è stato compiuto in quella impresa per poter lavorare in sicurezza e contrastare l’espansione dei virus, i sindacati si sostituiscono al governo, alla comunità dei virologi, alle istituzioni sanitari per indicare la nuova strategia nella lotta al Covid-19.

Poiché sono in arrivo, ad ottobre, terapie farmacologiche in grado di curare i contagi con effetti lievi non si giustificano le misure assunte (‘’con effetti devastanti’’) per le mense.

In verità – pensiamo noi – se il green pass diventa obbligatorio per accedere in azienda, non si sarebbe la necessità di presentarlo all’ingesso nella mensa. Se non abbiamo capito male le federazioni dei metalmeccanici si candidano per il Nobel della medicina.

In sostanza, dicono, occupiamoci più della cura che della prevenzione. Perché fare tanto casino per un po’ di febbre che sarà curata con una pillola e se necessario un clistere?

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