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I regali di Natale del governo Conte 2

L'intervento Michele Poerio, segretario generale Confedir e presidente nazionale Federspev

“Abbiamo francamente dubbi che il “Governo degli opposti” (Conte 2, ndr) possa generare miracolosamente il bene del Paese, visto come è nato e si presenta, tuttavia non chiediamo di meglio che essere smentiti”, scrivevo nelle conclusioni di un articolo pubblicato qui su Start Magazine l’8 settembre 2019.

Ma non vedo smentite all’orizzonte perché l’inizio dell’attività legislativa non mi pare sia stato molto brillante avendo emanato, il governo giallorosso, come primo provvedimento importante, il taglio dei parlamentari senza, peraltro, il varo dei correttivi costituzionali rinviato a data da destinarsi.

Inoltre il parto della nota di aggiornamento al DEF del 30 settembre scorso, fra furiose liti, certamente non ci aiuta a credere in alcun genere di smentita. Si evince, invece, che questa manovra da oltre 30 mld (23 mld per sterilizzare l’aumento dell’IVA, 2-3 per le spese indifferibili e 5 per ridurre il cuneo fiscale) porterà all’economia solo lo 0,1- 0,2% di PIL in più mentre mancano gli investimenti, lo sblocco delle infrastrutture, la riduzione delle tasse su redditi da lavoro e da pensione e quant’altro. Infatti il Fondo Monetario Internazionale (FMI) recentemente ha previsto una crescita zero per quest’anno e solo dello 0,4-0,5 % per il prossimo anno!

Il problema è costituito dalle risorse limitate e dalla necessità di non aumentare le tasse che, comunque, aumenteranno, come sostenuto dal Centro studi di Confindustria.

Dove recuperare i fondi?

Afferma il ministro Gualtieri, titolare del dicastero dell’Economia:

  • dalla lotta all’evasione fiscale 7,2 mld circa con i pagamenti in moneta elettronica e restituzione di una piccola parte dell’IVA direttamente nell’estratto conto del cittadino, ipotesi che è stata criticata da Bankitalia, dalla Corte dei Conti e dall’ufficio parlamentare di bilancio che hanno definito piuttosto velleitario l’obiettivo di ricavare 7,2 mld dalla lotta all’evasione se basato solo attraverso strumenti per favorire il conflitto d’interesse. Preciso che un tale recupero in un solo anno non è mai stato realizzato da alcun paese europeo;
  • dall’auspicata flessibilità che la Commissione Europea potrebbe concedere al 2,2% con il recupero di 14,4 mld (da restituire);
    dalla plastic tax (oltre 1 mld) che terrorizza tutto il PD e, nello specifico, il Presidente dell’Emilia Romagna, dove si produce oltre il 60% della plastica monouso, per le ripercussioni che avrà sulle prossime elezioni del 26 gennaio 2020, per cui certamente sarà rivista;
  • dalla fantasiosa ipotesi di privatizzazioni di quote di società pubbliche e vendita di immobili (2,8 mld);
  • dalla ipotesi di tagli alla spesa pubblica (ministeri 1,8 mld);
  • da una serie di investimenti green (green bond) da scorporare dal bilancio (se l’Europa lo concederà);
  • dalla tassa sulle auto aziendali (332 mln), peraltro, da rivedere.

Il ministro, con molto ottimismo, auspica anche asili nido gratuiti (di competenza e carico dei comuni), a cui si aggiungono un assegno unico per ciascun figlio, il bonus nascite e 10 giorni di congedo di paternità ed altre misure per baby sitter e figli disabili richiesti dalla ministra della famiglia Elena Bonetti con il suo family act con un costo di circa 4 mld.

Niente tagli a scuola, università e sanità, garantendo quota 100, ma con un divieto assoluto di cumulo con altri redditi, e reddito di cittadinanza, che hanno avuto un limitatissimo effetto sull’occupazione e sui consumi.

Personalmente li considero due eclatanti fallimenti: il reddito di cittadinanza viene erogato da oltre sei mesi, senza alcun controllo, a circa 840mila nuclei familiari. Ad oggi risulta che l’attività dei cosiddetti navigator non ha prodotto alcun posto di lavoro né un’ora di lavoro socialmente utile.

Flop, peraltro, certificato anche dalla SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno): “il meridione così è condannato all’assistenzialismo”!

Analogamente dicasi per quota 100 che i renziani vogliono abrogare per il suo eccessivo costo ma che la ministra del lavoro Nunzia Catalfo e Di Maio difendono a spada tratta.

Nessuna novità per le pensioni in atto se si esclude un probabile favoloso aumento di 50 centesimi netti/mesi (circa 8 € lordi/anno) della perequazione di quelle comprese nella fascia tra 3 e 4 volte il minimo INPS, pensioni che verranno rivalutate al 100% anziché al 97%.

In soldoni una demenziale presa per i fondelli da salutare con un vigoroso “vaffa”…

Rimane, comunque, il taglio del cuneo fiscale (cioè la riduzione di tasse e contributi sul lavoro per aumentare la busta paga netta dei lavoratori) al quale saranno interessati solo i soggetti che hanno un reddito inferiore ai 26mila euro lordi anno e noi, come FEDERSPeV, CONFEDIR e FORUM, chiediamo per i pensionati una congrua riduzione della tassazione, anche in rapporto all’età, come avviene nei più importanti paesi dell’UE.

Nel 2020, per carenze di fondi, saranno disponibili per il cuneo fiscale solo 2,7 mld e l’aumento in busta paga scatterà a partire da luglio con un incremento di circa 40 euro lordi mensili. Discorso diverso per il 2021 quando lo stanziamento dovrebbe raddoppiare per arrivare a 5,4 mld di euro.

In ogni caso si tratta di cifre insufficienti!

Al momento non sono previsti i fondi necessari per il rinnovo dei contratti pubblici per gli oltre 3 milioni di dipendenti per il triennio 2019-21, anche se, recentemente, il Governo ha messo sul piatto 5,4 mld (cifra irrealistica) rinviando la discussione ad un tavolo tecnico presso la Ragioneria generale dello Stato.

Per ora solo l’ineffabile ministro dell’Istruzione Fioramonti si è spinto a promettere un fantasioso aumento di 100 euro lordi al mese per i soli insegnanti che costerebbe all’erario oltre 2 mld ipotizzando di raccogliere fondi con la tassazione di bibite gassate e zuccherate.

Ma non solo! Ha pensato di togliere i crocifissi e la foto del Presidente della Repubblica dalle aule e giustificare le assenze dei “gretini”. E’ stato uno dei suoi primi atti pubblici. Il riferimento è alla inopportuna e diseducativa circolare ai Presidi degli istituti pubblici e paritari in cui invitava a giustificare le assenze scolastiche degli studenti che il 27 settembre u.s. avrebbero partecipato alla manifestazione per il clima. Ma ci saranno altre manifestazioni del genere visto che Greta le ha già sollecitate? Greta, comunque, ha il grande indiscutibile merito di avere rinverdito il problema scatenando i giovani.

Ci saranno certamente altri nobilissimi motivi per cui scioperare. Ma chi deciderà in tal senso? Gli studenti continueranno ad essere giustificati dall’ineffabile ministro di cui abbiamo anche letto sui social inqualificabili affermazioni che dovrebbero farlo sprofondare al centro della terra?

Il ministro dovrebbe sapere che il compito primario della scuola è quello di istruire e di educare ma prima di tutto all’etica e alla serietà e responsabilità dell’ufficio cui si adempie.

Non bisogna, quindi, strumentalizzare i giovani per fini politici, nobili o meno nobili che siano, e la politica va sempre tenuta lontana dalle aule (vedi la demenziale proposta di voto ai sedicenni). Non si può, perciò, sostenere di marinare la scuola, perché di questo si tratta, fosse pure per uno scopo che si ritiene nobile. Se si apre questa porta, ci saranno sicuramente altre occasioni per giustificare le assenze e per delegittimare ancor più quella che dovrebbe essere una delle istituzioni cardine della nostra civiltà.

Ritornando al problema del rinnovo dei contratti pubblici secondo il ministro delle Finanze i soldi dovrebbero arrivare dalla spending review (da 15 anni manca il Commissario), dalla riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente e dal tesoretto di circa 4-5 mld derivante dall’attuale calo dello spread e quindi dai minori esborsi per gli interessi. Cifra, questa, non semplice da calcolare data la volatilità dello spread che varia anche giornalmente.

Preciso che il nostro spread attualmente è il doppio di quello della Spagna e del Portogallo, e finanche più alto di quello greco!

Noi come FEDERSPeV, CONFEDIR e FORUM dei pensionati chiediamo all’attuale governo di fare un passo avanti nella lotta senza quartiere all’evasione-elusione fiscale, di effettuare una riforma della pubblica amministrazione che metta fine all’asfissiante burocrazia, di investire nelle infrastrutture e realizzare una significativa riforma fiscale, con un taglio adeguato del cuneo fiscale.
La riforma della PA centrale e periferica è indispensabile perché la burocrazia, unita ai tempi biblici della giustizia, è un gravissimo impedimento allo sviluppo dell’imprenditoria ostacolando anche gli investimenti esteri.

Ma l’assurdo è che dobbiamo trovare 23 mld per evitare l’aumento dell’IVA in un paese in cui l’evasione fiscale generale è stimata in 110 mld anno e quella dell’IVA in 40 mld anno!

Quello che più preoccupa, però, è il contrasto fra PD, M5S e Italia Viva in materia di politica fiscale.

Comunque, siamone certi, a pagare saranno sempre e solo i soliti noti!

Sulla sanità viene confermato il precedente stanziamento di 2 mld per il 2020 e di 1,5 mld per il 2021, quindi nessun aumento ma anche nessun taglio. Per ora!

Il neo ministro Speranza (il cui nome è, già, tutto un programma) presenterà un disegno di legge collegato alla manovra nel quale proporrà di eliminare il super ticket e il principio del ticket uguale per tutti: “chi ha di più deve pagare di più, chi ha di meno deve pagare di meno”. Mi ricorda tanto il principio bertinottiano: “anche i ricchi devono piangere”.

Personalmente ritengo che alzare i ticket ai redditi medio-alti per abbassarli a quelli medio-bassi sia l’ennesima bastonata-truffa al ceto medio, oltre che favorire la sanità privata. Se questa idea balzana fosse confermata nella legge di bilancio, saremo costretti ad impugnarla in quanto, a nostro avviso, e non solo, incostituzionale perché il c.2 dell’art.53 della Costituzione afferma che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività” per cui il dettato costituzionale in materia di progressività fiscale è pienamente assolto da chi paga le tasse anche per quanto concerne l’assistenza sanitaria pubblica.

In un contesto in cui nel 2017 l’IRPEF è stata pagata per il 50,77% dai lavoratori dipendenti, il 30,05% dal 50% dei pensionati (il restante 50% degli stessi paga poco o nulla) e il 19,18% da tutte le altre categorie di persone in attività, è obiettivamente reale il rischio che a pagare di più i ticket siano i soliti noti ed a pagarli di meno siano i soliti ignoti.

Il Consiglio dei ministri, comunque, ha approvato il disegno di legge di bilancio e il decreto legge fiscale che lo accompagna con la formula “salvo intese”, il che significa che le forze politiche di maggioranza non sono riuscite a trovare pieno accordo sui provvedimenti.

I contrasti tra i vari partiti e movimenti che costituiscono il Governo, soprattutto sull’uso del contante, sul carcere per gli evasori, sulla plastic tax, sulla giustizia, ecc., evidenziano un alto livello di conflittualità nella maggioranza e sarà un miracolo se Conte, con il voto di fiducia, riuscirà a portare a compimento questa legge di bilancio. Basti considerare che tra un anno il governo, qualunque esso sia, dovrà riaffrontare il problema della sterilizzazione degli aumenti dell’IVA trovando 18 mld.

Sarebbe come dire che siamo punto e a capo!

E se a tutto ciò aggiungiamo le crisi aziendali (158 sono i tavoli di confronto presso il Ministero dello Sviluppo Economico che mettono a rischio 250mila posti di lavoro) a cui bisogna aggiungere le crisi dell’ex ILVA e di ALITALIA, le micro tasse del tipo aumento da 50 a 150 € delle imposte sul trasferimento dell’immobile tra privati, il bollo di 2,4 € per ciascun foglio dei certificati penali, le detrazioni fiscali sui redditi superiori a 220mila € (meno dell’1% dei contribuenti oltretutto già tartassati) ci ritroviamo di fronte ad una manovra modesta, di respiro corto tanto da indurre la Corte dei Conti ad un durissimo giudizio: “manca un quadro organico delle misure. Rischi su efficacia”.

P.S. Mentre scrivo è in corso la discussione parlamentare sulla legge di bilancio per cui le cifre e i provvedimenti proposti potrebbero subire delle variazioni.

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