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Mps, ecco il palio fra Tesoro, M5s e Lega sul Monte dei Paschi di Siena

L'articolo di Michele Arnese

Continua il subbuglio sul Monte dei Paschi di Siena. Su Mps si sta giocando una partita finanziaria che vede la politica al centro: il gruppo bancario ora è controllato dal Tesoro.

Gli accordi con Bruxelles prevedono che entro la metà del prossimo anno lo Stato esca dall’azionariato della banca, ma chi comprerà? Ecco perché alcuni nel governo, anche al Tesoro, pensano ad un’ipotesi BancoPosta, la controllata di Poste Italiane. Ma non tutti nella maggioranza sono concordi. Piuttosto fra M5s e Lega si preferisce un ribaltone ai vertici per silurare l’amministratore delegato, Marco Morelli, voluto dal governo Renzi. Un altro motivo di tensione fra partiti di maggioranza e il ministero dell’Economia?

Ecco fatti, indiscrezioni e analisi.

Il nuovo elemento di discordia nel governo si chiama Mps, l’istituto salvato grazie ad una ricapitalizzazione autorizzata dalla Commissione europea e che il Tesoro si è impegnato a mettere sul mercato. Un obiettivo non gradito dalla maggioranza che nel contratto di governo aveva stabilito di rivederne “mission e obiettivi” proprio nella prospettiva, stabilita sempre nel contratto di governo, di costituire una banca pubblica per gli investimenti, per sostenere “lo sviluppo dell’economia e delle imprese italiane utilizzando le strutture e le risorse già esistenti”.

Un passaggio che ha sempre condotto verso due possibili soggetti: Cdp e Mps. Nessun passo è stato fatto ancora in un senso o nell’altro ma ieri c’è stato un incontro fra il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, e il presidente di Mps, Stefania Bariatti.

Da giorni si sono intensificati i rumors su un possibile cambio dei rappresentanti dello stesso azionista di controllo pubblico nel board della banca senese. Nel mirino, ci sarebbero Antonino Turicchi (direttore privatizzazioni del Mef e nel mirino del Movimento 5 Stelle, come raccontato in questo articolo di Start Magazine) e anche quella del consigliere indipendente Angelo Riccaboni, ex rettore dell’Università di Siena.

In via XX Settembre c’è chi sostiene che il rimpasto potrebbe essere subito allargato anche all’ad invece di attendere la primavera 2019, come previsto inizialmente, ha scritto il Giornale: “Tanto da lasciar filtrare i nomi di alcuni papabili: quello dell’ad di Ubi, Victor Massiah, e del presidente di Fondazione Fiera Milano, Giovanni Gorno Tempini. Che però sarebbe in lizza anche per prendere il posto di Giuseppe Guzzetti al timone della Cariplo, il prossimo anno. Ed è lecito ritenere che, al netto dei desiderata del Tesoro, fra le due opzioni sceglierebbe Milano piuttosto che Siena”, ha scritto Camilla Conti del quotidiano milanese.

Comunque, entro metà 2019 il Tesoro, ora azionista di maggioranza di Mps, dovrà presentare a Bruxelles un piano per l’uscita dal capitale della banca. E starebbe prendendo corpo “l’ipotesi di coinvolgere BancoPosta, la struttura di Poste Italiane che si occupa della raccolta del risparmio”, secondo Mf/Milano Finanza: “Un progetto simile a quello realizzato in Germania fra Deutsche Bank e Postbank”, ha scritto Luca Gualtieri del quotidiano del gruppo Class. Un’idea, accarezzata dal Tesoro, che secondo le indiscrezioni di Start Magazine trova la contrarietà dei vertici del Movimento 5 Stelle.

Ma le attenzioni di ambienti del Movimento capeggiato da Luigi Di Maio non mancano per il gruppo bancario. Il giornalista di Repubblica, Luca Piana, ha svelato lunedì una lettera che il piccolo azionista Bluebell Partners di Londra ha inviato al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e ai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Che cosa chiede a nome di Bluebell Giuseppe Bivona nella missiva datata 8 ottobre? “Oggi per la prima volta nella storia della banca il ministero dell’Economia ha la possibilità di nominare un vertice che non sia designato  da governi locali o centrali di matrice Partito democratico”, scrive Bivona che da tempo ha intrecciato rapporti con ambienti del Movimento 5 Stelle e in particolare, sottolinea Affari & Finanza, con l’esponente pentastellato Carlo Sibilia, sottosegretario al ministero dell’Interno.

Non è la prima volta che Bivona scrive a Tria. A metà luglio, quando il ministro doveva nominare il nuovo direttore generale del Mef al posto di Vincenzo La Via, il numero uno del fondo londinese aveva invitato il titolare del Tesoro a non indicare per quel ruolo Alessandro Rivera, responsabile della direzione Sistema bancario e finanziario del ministero dell’Economia. La nomina, secondo Bivona, sarebbe stata “in contrasto con lo spirito e la lettera del programma di governo”. “Bivona, che è ascoltato da diversi esponenti del M5S, ha inviato la stessa lettera, per conoscenza, anche ai vicepresidenti del Consiglio Luigi Di Maio e Matteo Salvini e a quattro sottosegretari al Mef”, scrisse Gianni Dragoni del Sole 24 Ore sul suo blog personale Poteri Deboli.

Il ministro dell’Economia non ascoltò l’inedito suggerimento di Bivona, nominando proprio Rivera come direttore generale del ministero dell’Economia e delle Finanze. Significativa, comunque, la sponda che Bluebell avrebbe in settori del Movimento capeggiato da Luigi Di Maio, Ma questa volta Bivona sarà ascoltato da Tria?

Di sicuro al dicastero dell’Economia si fanno i conti dell’investimento del Tesoro nel Monte. E i conti finora piangono. Lo Stato italiano infatti sta perdendo 5,5 miliardi dei 6,9 investiti in Mps.

Il decreto per la nazionalizzazione finalizzata al salvataggio pubblico risale al dicembre 2016 e prevedeva una prima ricapitalizzazione da 5,4 miliardi a carico dello Stato (per una quota del 52,18%) e successivamente l’ascesa al 68,24% per 1,5 miliardi nell’ambito del piano di swap bond-azioni a tutela dei risparmiatori detentori delle vecchie obbligazioni, ha ricostruito Alessandro Graziani del Sole 24 Ore: “In totale, l’esborso per lo Stato è di 6,9 miliardi. Oggi il 100% della banca vale poco più di 2 miliardi, e il 68,24% in mano al Tesoro corrisponde a circa 1,36 miliardi”.

Ma nella maggioranza di governo non si auspica una vendita da parte del Tesoro, mentre governance e vertici restano nel mirino.

Nel “Contratto” di governo siglato da Movimento 5 Stelle e Lega, quando si parla di Mps è scritto: “Lo Stato azionista deve riprovvedere alla ridefinizione della mission e degli obiettivi dell’istituto di credito in un’ottica di servizio”.

Il cambio di governance di Mps “non entra nel contratto” di governo fra Lega e Cinque Stelle, “ma è abbastanza probabile, quasi naturale pensarlo”, disse a metà maggio Claudio Borghi, economista ed esponente di punta della Lega, che aggiunse: “E’ inutile mettere nel contratto ‘e poi cambiamo l’amministratore delegato'”.

Ma che cosa significa di preciso quel passaggio sul Monte dei Paschi di Siena nell’accordo fra Movimento 5 Stelle e Lega? “In buona sostanza”, secondo Borghi, l’obiettivo è “abbandonare l’idea di farci i profitti vendendola a chissacchì”, ma mantenerla “come patrimonio del Paese”.

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