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Mediobanca, perché Caltagirone e Del Vecchio stoppano Nagel su Banca Generali?

Perché non è stata realizzata l'operazione architettata da Mediobanca di Nagel su Banca Generali. Fatti, numeri, indiscrezioni e ricostruzioni. L'articolo di Emanuela Rossi

 

Un affare sfumato un po’ alla chetichella. Nei giorni scorsi è saltato il passaggio della maggioranza di Banca Generali (50,17%) da Generali a Mediobanca. Secondo indiscrezioni, a far saltare l’operazione non solo le condizioni di mercato non proprio favorevoli ma anche il niet di alcuni azionisti di peso del primo gruppo assicurativo nazionale, ovvero Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio.

QUALCHE NUMERO SU BANCA GENERALI

Fondata nel 1998, Banca Generali è guidata da marzo 2017 dall’amministratore delegato e direttore generale Gian Maria Mossa. Nel 2019 il suo fatturato è stato di 578 milioni di euro; al 30 giugno scorso – come informa il sito dell’istituto di credito – le masse in gestione erano pari a 68,9 miliardi (di cui 5,1 miliardi in consulenza evoluta) e l’utile netto a 131,9 milioni mentre il CET1 ratio si attestava al 14,3% e il Total Capital Ratio al 15,7%. Alla stessa data Banca Generali poteva vantare una rete di oltre 2.000 tra private banker e wealth advisor e una squadra di 868 dipendenti, di cui più del 50% donne, sparsi in 46 filiali e 138 uffici, e aveva in portafoglio oltre 5.200 strumenti finanziari. Da novembre 2006 Banca Generali è quotata alla Borsa di Milano.

Per parlare degli ultimi dati a disposizione, va ricordato che la raccolta netta totale a settembre è risultata positiva per 390 milioni e ha portato il valore cumulato da inizio 2020 a sfiorare i 4,1miliardi. Un dato – come sottolineato dai vertici della banca – ampiamente superiore, su base mensile e annuale, a quanto realizzato lo scorso anno. In particolare, le soluzioni gestite sono più che raddoppiate sia su mese (154 milioni, +105%) sia a livello complessivo da inizio 2020 (1.836 milioni, +111%). Tra queste predominante il contributo della Sicav lussemburghese LUX IM (83 milioni, 1,3 miliardi da gennaio). A settembre si è registrato anche un significativo incremento del risparmio amministrato (273 milioni), spinto dai flussi di liquidità nei conti correnti (159 milioni), che tradizionalmente trovano spazio nei mesi successivi. “Le incognite sul voto in America e gli effetti della pandemia invitano alla cautela ma il trend che stiamo registrando in queste settimane ci rende fiduciosi su un finale d’anno positivo per la Banca” ha commentato l’ad Mossa secondo cui “oltre 4 miliardi di raccolta netta e 2 miliardi di gestita da gennaio nonostante l’impatto della crisi e il ritorno della volatilità sui mercati sono un risultato importante”.

L’ACQUISTO SFUMATO

Tornando all’affaire che non si è concluso, l’agenzia Bloomberg ha rivelato che nei mesi scorsi Mediobanca avrebbe valutato con attenzione l’acquisto ma non avrebbe proseguito perché – in base alle condizioni di mercato – non avrebbe ottenuto quanto voleva. Non solo: l’amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel (sotto tiro di Del Vecchio, del fondo Bluebell e, indirettamente, anche del proxy advisor Frontis), avrebbe pure avuto contatti diretti con Generali. A Trieste però si sarebbe levata la voce proprio di Caltagirone e di Del Vecchio, azionisti con il 5,20% e il 4,84%. I due imprenditori avrebbero manifestato la contrarietà a disfarsi di una partecipata che ha garantito flussi di dividendi importanti pure in un anno particolarmente difficile come quello attuale. Senza contare che il titolo di Banca Generali non ha nemmeno risentito troppo della crisi per la pandemia.

Ma, come ricorda Business Insider Italia, non è la prima volta che l’editore e il patron di Essilor-Luxottica hanno le stesse vedute su un’operazione che sta prendendo il via: quando Generali ha annunciato l’acquisizione del 24,4% di Cattolica Assicurazioni per 300 milioni di euro, diventandone primo azionista, entrambi hanno chiesto di apportare modifiche alla transazione in modo che fosse più rigida. Anche in questo caso la posizione di Caltagirone e di Del Vecchio si scontrava con quella del board di Mediobanca, primo socio di Generali con il 12,86% del capitale.

L’ANALISI DI DE BIASI

Sul Corriere Economia di ieri Edoardo De Biasi sottolinea che – se fosse andato in porto l’acquisto di Banca Generali-Mediobanca avrebbe rafforzato la propria presenza nell’asset management così come previsto dal piano industriale (e come auspicato da tempo da parte di Del Vecchio; quindi non si comprende l’atteggiamento su Banca Generali, secondo alcuni osservatori). Ciò però non è accaduto perché erano “in disaccordo alcuni grandi azionisti del Leone di Trieste” e perché “Mediobanca ha preferito aspettare” in quanto “le condizioni non avrebbero consentito di chiudere l’Ops nel modo in cui era stata studiata”. Piazzetta Cuccia, scrive De Biasi, avrebbe voluto pagare una parte della transazione con azioni del Leone, titolo che ha perso negli ultimi tempi oltre il 30%.

“Un reverse merger tra Generali e Mediobanca – prosegue – avrebbe potuto aiutare a risolvere molti problemi sul controllo dell’assicurazione. Forse per questo la scorsa settimana Caltagirone ha arrotondato la sua quota nella compagnia triestina salendo al 5,25%”. Una partecipazione che peraltro potrebbe crescere ancora in vista dell’assemblea del 2022 che sceglierà il nuovo vertice del gruppo assicurativo. Un appuntamento atteso pure da Del Vecchio che la scorsa settimana ha aumentato sia la partecipazione in Generali sia quella in Mediobanca grazie alla facoltà concessa dalla Banca Centrale Europea di salire al 20%. Un “altro fattore”, rileva De Biasi, che ha contribuito a raffreddare l’interesse di Nagel per Banca Generali in vista dell’assemblea che cambierà consiglio e statuto di Piazzetta Cuccia.

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