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McKinsey nasconde la mano sulle consulenze al governo cinese?

McKinsey sostiene il contrario, ma il Financial Times ha scoperto che la società ha offerto consulenza al governo cinese in passato, suggerendo anche l'integrazione delle tecnologie civili e militari. Tutti i dettagli.

Come rivelato dal Financial Times, un think tank guidato dalla società di consulenza americana McKinsey ha raccomandato alla Cina sia di approfondire la collaborazione tra le imprese e il comparto militare, sia di espellere le aziende straniere dai settori sensibili.

I consigli, risalenti a un progetto del 2015, erano contenuti in un libro commissionato dall’agenzia di pianificazione del governo centrale cinese al think tank Urban China Initiative. Alla stesura del libro, che si apriva con la prefazione di uno dei senior partner di McKinsey, prese parte anche il gruppo di ricerca interno della società di consulenza. Il documento rientrava nelle ricerche del governo cinese per il tredicesimo piano quinquennale, che copriva il periodo 2016-2020: in quel piano rientrava la famosa politica “Made in China 2025” per lo sviluppo del settore manifatturiero che contribuì all’aumento delle tensioni tra Pechino e Washington.

MCKINSEY MINIMIZZA I RAPPORTI CON LA CINA, MA…

Anche per via di questa conflittualità politica, McKinsey ha chiuso l’Urban China Initiative nel 2021 e ha cercato di minimizzare i suoi rapporti con il governo cinese per allontanare le critiche di quei politici statunitensi che consideravano incompatibile il lavoro di McKinsey con il governo cinese e con il dipartimento della Difesa americano. Sulla questione, McKinsey ha dichiarato recentemente di non aver mai lavorato per il Partito comunista cinese o per il governo centrale della Cina, precisando che le sue attività in Cina sono principalmente servizi di consulenza alle società multinazionali americane o cinesi (ma private, non statali).

McKinsey ha detto anche che il suo progetto del 2015 per il governo cinese “non è stato scritto da McKinsey e non è un lavoro di McKinsey”. Ha definito la Urban China Initiative come “un’iniziativa no-profit co-fondata nel 2011 con la Columbia University e l’Università Tsinghua. L’Urban China Initiative non è McKinsey, e non ha svolto lavori per conto di McKinsey”.

La nascita dell’Urban China Initiative, nel 2011, è figlia di un diverso contesto geopolitico, quando le relazioni tra Stati Uniti e Cina non erano tese come adesso. Diverse persone sentite dal Financial Times e coinvolte nell’Urban China Initiative, però, hanno descritto il think tank come un’iniziativa di McKinsey, differentemente da quanto sostenuto dalla società. L’ente, peraltro, aveva lo stesso indirizzo della sede di McKinsey a Pechino.

COSA C’È NEL DOCUMENTO PER LE AUTORITÀ CINESI

Il documento redatto dall’Urban China Initiative per le autorità centrali cinesi, intitolato Scientific and Technological Revolutions around the World, era un testo di 310 pagine volto a fornire “una mappa delle opportunità per lo sviluppo scientifico e tecnologico della Cina” durante il tredicesimo piano quinquennale. Il libro offriva analisi su quattordici tecnologie – dal cloud computing alla stampa 3D ai veicoli elettrici – che avrebbero potuto aiutare la Cina a raggiungere “aumenti di produttività notevoli” e a distaccarsi dal suo modello di crescita basato sugli investimenti pubblici.

In particolare, il documento invitava Pechino ad “accelerare la conversione della tecnologia militare all’uso civile” e a “promuovere il trasferimento e la diffusione bidirezionale della tecnologia dei materiali militari e civili”. Le cosiddette tecnologie duali (dual-use), cioè dall’uso sia militare sia civile, vengono spesso evocate nelle restrizioni statunitensi al commercio con la Cina.

Il documento dell’Urban China Initiative, tra le altre cose, invitava poi il governo cinese a non affidarsi a fornitori esteri per le infrastrutture di cloud computing, in modo da rafforzare la sicurezza e la sovranità nazionali, e ad investire maggiormente nel sostegno alle aziende tecnologiche cinesi così che potessero estromettere quelle straniere.

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