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L’Unione europea dice sì alla riduzione dei pesticidi (ma con calma)

Il nuovo regolamento all’interno della strategia “Dal produttore al consumatore” proposto lo scorso giugno dalla Commissione Ue chiedeva agli agricoltori degli Stati membri di ridurre del 50% l’uso dei pesticidi entro il 2030 ma ora è stato raggiunto un accordo bipartisan più flessibile. Tutti i dettagli

 

Ridurre del 50% l’uso dei pesticidi entro il 2030. Era la proposta della Commissione europea nel quadro del nuovo regolamento all’interno della strategia “Dal produttore al consumatore” che aveva preoccupato e scatenato proteste sia tra gli agricoltori che tra i politici italiani di tutti gli schieramenti.

Ieri, però, la commissione Agricoltura del Parlamento europeo ha approvato una soluzione più flessibile.

L’ACCORDO UE SUI PESTICIDI

Il pressing dei contrari alla proposta della Commissione Ue ha permesso di arrivare a un nuovo piano: la riduzione dell’uso dei pesticidi nei campi europei avverrà infatti in modo più graduale. Il dimezzamento dovrebbe avvenire entro il 2035 invece che entro il 2030 e, inoltre, i target di riduzione obbligatori a livello nazionale degli Stati membri vengono abbassati al 35%.

Il voto di ieri – con 26 voti a favore, 3 astenuti e 9 contrari -, per l’europarlamentare del Pd e membro della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo, Paolo De Castro, “dimostra come quando il confronto si concentra sul merito delle questioni, superando posizioni ideologiche e polarizzazioni inutili, si possono raggiungere accordi pragmatici e in grado di trovare un equilibrio tra i tre livelli di sostenibilità: ambientale, sociale ed economica”.

“Un approccio pragmatico che, data l’impossibilità di arrivare a un rigetto della proposta, ha portato a prevedere un calendario più realistico, con l’obiettivo di una riduzione del 50% a livello Ue dell’uso dei pesticidi fissato per il 2035. Non solo – prosegue De Castro – gli Stati membri ottengono un certo margine di flessibilità, con target di riduzione obbligatori a livello nazionale del 35%”.

PERCHÉ L’ITALIA ERA CONTRARIA AL DIMEZZAMENTO ENTRO IL 2030

“Non possiamo immaginare una riduzione drastica dei fitofarmaci, che servono ad arginare alcune patologie, e nel contempo non trovare soluzioni alternative col rischio di favorire nazioni che utilizzano prodotti chimici in quantitativi esponenziali rispetto a noi”, aveva detto il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf), Francesco Lollobrigida.

A preoccupare erano infatti le ricadute economiche. “Le commodity, già cresciute nel 2021, sono schizzate nel 2022: riso (+69%), soia (+12%), frumento (+42%), mais (+39%). L’inflazione pesa su tutto il settore food (+13,1% annuo) con picchi per pasta (+20%), prodotti lattiero-caseari (+17,4%) e olio (+16,2%). Allo stesso tempo, tutti i settori agricoli sono stretti dall’aumento generale dei costi di produzione (+22%), guidati dal +55% della voce energia”, si legge nel Comagri report 2022.

Inoltre, per il presidente della Cia, Cristiano Fini, “in assenza di difesa dai parassiti e dalle malattie si stima un calo del 70% per le rese di grano duro, del 62% per l’olio e addirittura dell’81% per il pomodoro da salsa, dell’84% per il riso e dell’87% per il mais”.

GLI SFORZI FATTI DALL’ITALIA

“I negoziati guidati dalla collega Clara Aguilera (capogruppo S&D in Commissione Agricoltura), che ringrazio per l’importante lavoro svolto – ha aggiunto De Castro -, hanno portato a un cambiamento del periodo di riferimento per il calcolo della riduzione che tiene meglio conto degli sforzi già fatti da alcuni Stati membri, in particolare l’Italia, nella riduzione dell’uso di fitofarmaci”.

Nel nostro Paese, infatti, stando all’europarlamentare, “dal triennio 2011-2013 (nuova base di calcolo) ad oggi”, gli agricoltori “hanno già ridotto di oltre il 20% l’utilizzo della chimica”. E a inizio anno anche Il Messaggero affermava che“nei campi italiani è comunque iniziato da tempo il percorso di riduzione dei fitofarmaci (-38% rispetto a cinque anni fa) e vengono impiegati per il 45% prodotti ammessi nelle coltivazioni bio. Già oggi sono 2,2 milioni gli ettari convertiti a biologico”.

“Tutto ciò, insieme alla clausola di revisione che ne valuterà la fattibilità, rende più realistico e raggiungibile l’obiettivo al 2035 – ha concluso De Castro -, ma solo se accompagnato da un importante sforzo in innovazione, che metta a disposizione alternative concrete per contrastare le fitopatie, a partire dalle TEA [Tecniche di evoluzione assistita, ndr], le nuove biotecnologie sostenibili”.

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