La scorsa settimana quasi simultaneamente, sia il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) sia il Ministero della Difesa hanno annunciato lo sblocco di 7,2 miliardi di euro di finanziamento da parte dello stesso MISE per diversi programmi di investimento delle Forze Armate.
Era ormai da mesi che già a livello di narrazione si era ripetuto più e più volte il concetto di “taglio alle spese militari inutili”.
Tagli che però a oggi non possono essere ancora quantificatati con precisione in assenza del Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa (DPP) 2019-2021 che dovrebbe essere peraltro in fase d’imminente pubblicazione.
L’unico strumento cioè che consente di avere un quadro completo (e possibilmente aggiornato) della situazione relativa al bilancio delle Forze Armate. Fino a ora, infatti, si possono mettere insieme solo in parte dati certi integrati da previsioni o supposizioni.
Il dato certo è che sul bilancio della Difesa 2019, l’ammontare delle risorse disponibili per l’Investimento era già in diminuzione di 435,6 milioni di euro rispetto al 2018.
Confermate poi dal Documento di Economia e Finanza 2019 (DEF) e dalle recenti del Governo in funzione dell’assestamento di Bilancio, l’esercizio delle clausole di salvaguardia sui conti pubblici contenute nella stessa LdB 2019-2021 porteranno a un altro taglio di 150 milioni di euro.
Discorso simile per ciò che riguarda i fondi iscritti nello Stato di Previsione del MISE; in questo caso a mancare sono sia le cifre realmente destinate ai programmi di Investimento della Difesa così come da LdB (che dovrebbero registrare una diminuzione di circa 300 milioni sul 2018), sia quelle derivanti dall’esercizio delle stesse clausole di salvaguardia sul MISE (altri 150 milioni, segnalati alla voce “Competitività e sviluppo delle imprese”, quella cioè comprendente fondi che sostengono la Difesa?).
Insomma, la somma delle varie voci potrebbe portare a un intervento riduttivo pari a circa 1 miliardo di euro.
Come detto, per avere maggiore chiarezza occorrerà attendere la pubblicazione del DPP 2019-2021 (che a termini di legge doveva essere presentato al Parlamento entro il 30 aprile…) e a quel punto che si capirà davvero l’entità dell’intervento effettuato e la sua “qualità”; quanto cioè della riduzione apportata sarà un taglio netto di risorse e quanto sarà invece costituito da rimodulazioni, cioè uno spostamento dei pagamenti in anni differenti.
In questo quadro, dunque, la notizia di uno sblocco di risorse a favore dei programmi d’investimento della Difesa (ma tutti sostenuti finanziariamente dal MISE) viene certo accolta con favore anche se appare necessario un approfondimento.
Il dato che emerge è che, come già più volte ricordato, il tutto costituisce solo uno sblocco di risorse già messe in programma negli anni scorsi per programmi già avviati.
Non meno importante un altro aspetto, quello legato alla reale copertura come dimostrano i documenti ottenuti da Analisi Difesa.
In essi, infatti, si precisa il profilo finanziario dell’impegno che in realtà dovrebbe essere stato assunto e da dove provengono (almeno parte) delle risorse oggetto dello sblocco.
Nella fattispecie, si tratta di quanto contenuto nel “Fondo investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese.” prodotto con la LdB 2019 (Articolo 1 comma 95); e, più in particolare, di quanto messo a diposizione dal MISE stesso per il comparto Difesa.
Qui però sorge subito un problema perché, sempre secondo la documentazione disponibile, allo stato attuale le risorse effettivamente stanziate sarebbero in realtà pari a 3,832 miliardi di euro mentre per il pieno finanziamento di tutti i 13 programmi indicati sarebbero necessari 5,233 miliardi.
Solo attraverso la piena disponibilità di questa somma, aggiungendovi poi fondi già iscritti a bilancio e finora bloccati, si potrebbe per l’appunto raggiungere la cifra finale di 7,2 miliardi indicata negli annunci della Difesa e del MISE stesso. Dunque, già a oggi, mancherebbero in realtà 1,4 miliardi (quale differenza tra i 3,8 disponibili e i 5,2 realmente necessari) per l’effettivo sviluppo di quanto annunciato.”
Eccezion fatta per il N-EES, l’U-212 NFS e l’EF-2000, tutti gli altri programmi soffrirebbero di un deficit di risorse; anzi, in alcuni casi (come per gli NH-90 di EI e MM, l’MLU dei Tornado e il B1 NT per la MM) la scopertura sarebbe totale. E come se non bastasse, con la maggior parte degli stanziamenti concentrati nel periodo che va dal 2027 in poi.
Tornano così in mente le parole utilizzate dal MISE circa “l’impegno preso insieme al Ministero della Difesa, a finanziare un piano complessivo di circa 7,2 miliardi di euro”.
Ma i dubbi non finiscono qui. Prendendo infatti a riferimento i dati contenuti nel DPP 2018-2020, il fabbisogno complessivo per il completamento dei 13 programmi oggetto dello sblocco richiede la somma di quasi 11,1 miliardi di euro nel periodo dal 2019 fino al momento del loro completamento.
Ancora di più considerando il pieno sviluppo del programma U-212 NFS.
Dunque, all’appello mancherebbero almeno 3,9 miliardi. In questo senso sarà ancora una volta fondamentale la pubblicazione del DPP-2019-2021 per comprendere il loro esatto destino.
Come minimo, per molti di essi si prevede un’ulteriore “spalmatura” su più anni, allungando i tempi del loro completamento, almeno da un punto di vista dell’impegno finanziario con rischio che, in assenza di risorse, si possa procedere con nuovi tagli.
Tra l’altro, sempre con riferimento ai programmi CSG, Teseo Mk. 2/E e U-212 NFS, va ricordato che questi ultimi sono tra i primi a essere coperti dalle risorse iscritte nel “Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese”, istituito con la LdB 2017, all’Articolo 1 comma 140.
Si tratta di quello che spesso viene definito “fondone” e che con la successiva LdB 2018 (all’Articolo 1 comma 1072) è stato ulteriormente rifinanziato.
La sua dotazione totale (per quanto di competenza diretta della Difesa e per quanto proveniente dal MISE) è pari a 12,7 miliardi di euro nel periodo 2017-2032, con riferimento a quanto disposto dall’Art.1 co.140, e 9,3 miliardi di euro nel periodo 2018-2033, con riferimento a quanto disposto dall’Art.1 co.1072.
Senza però tenere conto delle riduzioni di fondi già impostate proprio con l’ultima Legge di Bilancio. Ebbene, adesso questi stessi programmi compaiono nell’elenco di quelli finanziati dal “Fondo investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese.” prodotto con la LdB 2019 (Art.1 co. 95)
Alcuni programmi di quelli il cui finanziamento era previsto dallo stesso fondo definito dall’Art.1 co.140, hanno per ora conosciuto una sorte diversa.
Come il sistema missilistico CAMM-ER (Common Anti-air Modular Missile – Extended Range) assegnato alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati per l’esame parlamentare nel settembre scorso e poi ritirato dal ministro della Difesa suscitando interrogativi e perplessità a Londra con la quale dovremmo realizzare il sistema d’arma nell’ambito della società missilistica MBDA.
Secondo le anticipazioni sul DPP 2019-2021 rese note da RID, il programma sarebbe stato nuovamente reinserito nella programmazione finanziaria del ministero della Difesa, con stanziamenti però limitati (almeno per ora) alla sola fase di sviluppo.
Quest’anno verrebbe reso disponibile solo un milione di euro, stanziamento che salirebbe a 10 milioni nel 2020 e a 15 milioni nel 2021 per raggiungere un totale di 95 milioni di costi di sviluppo entro il 2024.
La precedente pianificazione del programma CAMM ER prevedeva costi stanziamenti per 13 milioni nel 2018, 25 per il 2019 e altrettanti per il 2020.
In totale il sistema missilistico prevedeva costi per 545 milioni di euro, tutti provenienti dal bilancio della Difesa, spalmati tra il 2019 e il 2031: 95 per lo sviluppo dell’arma e 450 per la sua acquisizione.
Non meno complicato l’abbandono del programma di acquisto degli APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto) Piaggio P2HH, presentato in Parlamento nelle ultime fasi del governo Gentiloni che prevedeva l’acquisto dei droni che avrebbero dovuto venire gestiti dall’Aeronautica (che non li voleva) per 776 milioni di euro.
Al suo posto è stato varato un piano da 716 milioni, teso comunque a salvare l’azienda ligure ma basato sull’acquisto di altri 9 velivoli leggeri da trasporto P180, il retrofit di 19 aerei di quel tipo già in servizio, attività di manutenzione ai motori e l’acquisto di un singolo sistema APR del tipo P1HH.
Negli ultimi mesi era stato cancellato il programma per 528 milioni di euro relativo a 4 elicotteri CH-47F ER (Extended Range), destinati alle Forze Speciali e anche quello del Polo Unico della Difesa (spesso definito il “Pentagono italiano”) da realizzare nelle sede dell’ex aeroporto militare di Centocelle.
In questo contesto, appare difficile discutere oggi come potranno essere gestite le risorse provenienti dal “fondone” creato nel 2017 e, ancora meno, dal suo successivo rifinanziamento nel 2018.
Così come resta da capire se questa dotazione di fondi sarà davvero resa disponibile per le Forze Armate e/o se tali risorse siano da considerarsi aggiuntive o sostitutive di nuovi tagli.
È non che le anticipazioni del prossimo DPP mutino sostanzialmente il quadro; perché oltre alla “mini-ripartenza” del CAMM-ER, l’unica altra novità sarebbe l’avvio del programma interforze LUH (Light Utility Helicopter) per il rimpiazzo degli elicotteri AB-205/AB 212 e AB 412.
In attesa del nuovo documento programmatico resta la constatazione che nell’ultimo anno non è stato presentato e dibattuto in Parlamento un solo nuovo programma di ammodernamento e rinnovamento delle Forze Armate.
(Estratto di un articolo pubblicato su analisidifesa.it; qui l’approfondimento integrale)