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Tunisia

Le ossessive fissazioni di Mario Monti

Caro Monti, è il mescolare cose diverse che non torna: il risentimento, da un lato; le pur giuste preoccupazioni di carattere politico, dall’altro. L'analisi di Gianfranco Polillo

 

L’editoriale di Mario Monti dalle pagine de Il Corriere merita un commento malizioso. Al pari di alcune affermazioni ellittiche, per la verità, alle quali l’ex Presidente del Consiglio, nonché Senatore a vita, si è abbandonato. De minimis. Ma sulla necessità di giungere alla ratifica del Mes, nessuna obiezione.

Il problema di fondo non è quello di non “mettere le dita negli occhi dell’Europa”, ma di avere comunque uno strumento in più di pronto intervento nella malaugurata, ma purtroppo probabile, ipotesi di una nuova crisi. Una sorta di assicurazione sulla vita. Strumento imperfetto quanto si vuole, ma capace, in ogni caso, di garantire finanziamenti a tasso agevolato, rispetto alle dinamiche del mercato. Ed una provvista non soggetta alle restrizioni tipiche di un’economia sull’orlo del default.

Si considerino le ultime decisioni della Bce. Prese a rimorchio della Fed americana. Secondo una vecchia regola, mai codificata, ma sempre rispettata. Come era avvenuto agli inizi degli anni ‘80, quando l’allora Presidente, Paul Volcker, decise ch’era giunto il momento di porre fine all’inflazione degli anni ‘70. Fu un filotto. Tra i primi ad adeguarsi in Europa, la Bundesbank, quindi Via XX settembre e poi, a seguire, tutte le altre Banche centrali. Esempio luminoso, già allora, di “sovranità limitata”.

Ciò che oggi più preoccupa non è tanto il rialzo di 50 punti base dei tassi d’interesse che, a differenza di allora, rimangono negativi in termini reali. Le apprensioni sono relative alle decisioni della Bce di vendere i titoli accumulati, nella stagione del quantitative easing, per un importo pari a 15 miliardi al mese. Vale a dire per 180 miliardi l’anno, che per l’Italia equivalgono a 25 miliardi. Per cui il Tesoro, ogni anno, oltre alle normali esigenze, dovrà trovare ulteriori finanziatori disposti a sottoscrivere quella quota aggiuntiva.

Quindi più che interrogarsi sui possibili rapporti con l’Ue, il primo tema dovrebbe essere: cosa fare per ridurre un salasso, altrimenti preoccupante? Puntare, come pure si ipotizza, su titoli autarchici, particolarmente favorevoli da un punto di vista fiscale, ma riservati solo ai residenti? E con quali conseguenze di carattere sistemico? Altro che buttarla in politica, come fa Mario Monti. Gli interrogativi maggiori riguardano le future strategie. Di cui non si parla. Non è la sola debolezza di quell’intervento.

Almeno due le cose che non hanno convinto. Che poi sono riconducibili ad un solo argomento. La polemica nei confronti di Mario Draghi, ritenuto responsabile di due distinti e contrapposti episodi. La stretta finanziaria, conseguente la famosa lettera firmata con Trichet, che segnò la fine del Governo Berlusconi. Quindi l’eccessiva prodigalità della sua gestione come Presidente della Bce. “Quel mondo” – scrive il Senatore a vita – responsabile degli “eccessi di restrizione …. imposti intorno al 2010-2012 e che avevano aggravato la recessione” salvo poi pensare di “potere stabilmente inondare i mercati finanziari e le economie con liquidità virtualmente illimitata e tassi di interesse nulli o negativi.” Nella presunzione di poter poi “conferire la qualifica di «buono» a fette rilevanti del disavanzo pubblico e del debito.”

Oggi, nel mutato contesto nazionale ed internazionale, questa la tesi non esplicitata, si deve “ritornare allo Statuto”. Alle vecchie regole auliche della stabilità finanziaria. A quel vecchio liberismo che non ha mai considerato John Maynard Keynes un membro di famiglia. La solitudine accademica di Federico Caffè. Pur non condividendola, questa impostazione, nei limiti, ci può anche stare. È il mescolare cose diverse che non torna: il risentimento, da un lato; le pur giuste preoccupazioni di carattere politico, dall’altro. Che, a sua volta, fa emergere una mancanza di generosità, che non aiuta a far capire quale sia la reale portata della posta in gioco.

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