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Pnrr

La moneta buona e la moneta cattiva

La lettera dell’avvocato Antonio de Grazia

 

Egregio Direttore,

quando le cose non vanno bene, bisogna avere il coraggio di mettere in discussioni principi e luoghi comuni. Principi e luoghi comuni che, a volte, diventano irrazionalmente dogmi.

Fino all’entrata dell’euro, l’Italia aveva la possibilità e il diritto (dal 1981 tramite la banca centrale italiana) di creare moneta dal nulla, semplicemente emettendo e stampando banconote.

Con l’introduzione dell’euro, tale attività autonoma (a ben vedere la sovranità monetaria è forma essenziale di sovranità dello Stato, principio di rango costituzionale) è vietata.

L’Italia, quando ha bisogno di liquidità, deve indebitarsi con una moneta estera, l’euro: di fatto, i Bonds Italiani vengono acquistati in gran parte dalla Banca Centrale Europea.

Il debito italiano è in moneta estera.

E il debito continuerà ad espandersi: e tanto avviene anche per gli altri stati aderenti all’euro.

A sua volta, la Bce non impiega il suo patrimonio per acquistare i Bonds italiani: semplicemente crea moneta, ora moneta digitale, con un clic quasi faustiano.

Gli effetti sono paradossali: il patrimonio della Bce aumenta nominalmente a dismisura, avendo in portafogli innumerevoli bonds italiani e di altre nazioni europee aderenti all’euro. Bonds che non sono costati nulla, perché la Bce li acquista (o li rinnova) con moneta digitale creata dal nulla.

E’ evidente che gli Stati aderenti all’euro avranno un rating inferiore, di solito, a Stati con sovranità monetaria (Regno Unito con Bank of England, Usa con Federal Reserve).

Una soluzione coraggiosa, sparigliante? L’Europa e la Ue vogliono investimenti seri?

Ebbene, ciascuno Stato aderente all’euro potrebbe avere il diritto di emettere e stampare danaro per una quota del Pil, ma solo per investimenti (una quota, ad esempio, non inferiore al 2% del Pil).

L’ascensione del debito interno avrebbe una battuta d’arresto, a costo zero, e il beneficio per gli Stati investitori sarebbe tangibile.

Così è se vi pare.

Un caro saluto.

Avv. Antonio de Grazia

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