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Le Figarò

La Francia gufa contro l’Italia sul Recovery Plan

Il quotidiano francese Le Figaro mette in guardia l'Europa su eventuali frodi ad opera delle "mafie italiane"  

 

Le nubi sulle difficoltà operative del Recovery Fund si addensano. Dopo il monito del vice presidente esecutivo Valdis Dombrovskis contro frodi e mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati che bloccherebbero immediatamente i pagamenti, oggi arriva un minaccioso articolo del quotidiano francese “Le Figaro” che ha titolato “Europa: occhio alle frodi con i fondi del Recovery plan”. Si evidenzia il rischio di frodi ad opera delle “mafie italiane” e ci mette nella lista dei Paesi più interessati da inchieste per frodi sull’utilizzo dei fondi strutturali europei. Questo sarà un altro dei motivi che minaccia di bloccare questo strumento: per consentire di spendere rapidamente circa 200 miliardi in 6 anni sarà necessario allentare i controlli e le procedure burocratiche. Ma questo significherà inevitabilmente attirare illeciti appetiti.

Quindi delle due, l’una: o non riusciremo a spendere tutti i fondi in tempo utile o, se procederemo speditamente, Bruxelles potrebbe bloccarli per la presenza di episodi fraudolenti o corruttivi. Tertium non datur.

Una dozzina di deputati hanno scritto il 26 aprile a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. Temono che il 20% dei fondi destinati all’Ungheria nell’ambito del piano di ripresa europea post Covid “scompaia in strutture di finanziamento opache e libere dal controllo di bilancio e il cui obiettivo è distruggere ulteriormente la libertà di istruzione e l’autonomia istituzionale in Ungheria”.

Il giorno successivo, il parlamento del Paese ha approvato una legge che pone le università sotto l’egida di fondazioni controllate dall’entourage del primo ministro Viktor Orban, prevedendo lo stanziamento di 2,8 miliardi di euro dalla dotazione di aiuti dell’UE destinati alla “modernizzazione” dell’istruzione. “I parenti, gli amici e la famiglia di Orban si arricchiscono con i fondi dell’Unione europea. E la Commissione chiude un occhio”, lamenta l’eurodeputato tedesco dei Verdi Daniel Freund, tra i firmatari della lettera.

I 750 miliardi di euro del Next Gen Ue non sono ancora stati ratificati, in particolare da Budapest, che contesta le condizioni legate al rispetto dello Stato di diritto. Ma in Europa stanno già emergendo tentativi di appropriazione indebita o frode. I fondi suscitano avidità, dai governi nepotisti dell’Europa centrale alle mafie italiane. Un motivo di preoccupazione per la Commissione, che ha appena avviato la revisione formale dei piani nazionali degli Stati membri. Il suo vicepresidente, Valdis Dombrovskis, promette un “sistema solido che garantirà il corretto utilizzo dei fondi dell’UE”. Questo resta però da dimostrare.

All’Ungheria è stato ordinato nel 2017 di restituire all’Unione europea circa 200 milioni di euro per appropriazione indebita di sussidi per la costruzione di una linea metropolitana. Il primo ministro ceco Andrej Babis è uno dei principali beneficiari dei sussidi delle politiche agricole nel suo Paese, attraverso il suo impero agrochimico Agrofert, bloccato a causa del conflitto di interesse emerso solo da un recente rapporto della Commissione che chiedeva il rimborso di 10 milioni di euro.

In Italia le mafie hanno già mosso le loro pedine, prendendo il controllo di aziende indebolite dalla crisi, per appropriarsi dei sussidi destinati al Paese, più di 200 miliardi di euro. La Banca d’Italia ha registrato un aumento del 7% delle transazioni finanziarie societarie ritenute discutibili lo scorso anno. Un’impresa per professionisti: secondo un rapporto del Senato italiano una quota significativa dei fondi strutturali di Bruxelles a favore delle regioni più povere del continente sta già finendo nelle mani delle organizzazioni criminali.

Dietro un obiettivo dichiarato di “tolleranza zero”, la Commissione europea “manca della volontà politica” di agire, secondo Nicholas Aiossa della Ong Transparency International. “Non ha risorse sufficienti” per combattere il fenomeno e “non usa abbastanza quelle che ha”.

La sua azione dovrebbe essere rafforzata dalla creazione di una Procura europea (EPPO), che dovrebbe entrare in carica il 1 ° giugno. Ma solo 22 dei 27 stati sono pronti ad unirsi: Irlanda, Danimarca e Svezia, così come Ungheria e Polonia, non ne fanno parte, indebolendone la portata.

L’adozione, nel corso di quest’anno, del principio di condizionalità sul rispetto dello Stato di diritto per ricevere le sovvenzioni europee dovrebbe anche, in teoria, fornire alle istituzioni le armi per fare pressione sui paesi colpevoli. A condizione di mostrare una fermezza che non deve essere sacrificata sull’altare dei compromessi politici necessari al funzionamento dell’Europa a 27.

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