La debolezza della crescita dell’Italia negli ultimi vent’anni non è dipesa né dall’Unione europea né dall’euro; quasi tutti gli altri Stati membri hanno fatto meglio di noi.
Quelli che oggi sono talvolta percepiti come costi dell’appartenenza all’area dell’euro sono, in realtà, il frutto del ritardo con cui il Paese ha reagito al cambiamento tecnologico e all’apertura dei mercati a livello globale. La specializzazione produttiva in settori maturi ha esposto l’economia alla concorrenza di prezzo di quelle emergenti.
Le esitazioni nel processo di riduzione degli squilibri nei conti pubblici hanno compresso i margini per le politiche volte alla stabilizzazione macroeconomica e a innalzare durevolmente la crescita.
Sta a noi maturare la consapevolezza dei problemi e affrontarli, anche con l’aiuto degli strumenti europei. Altri hanno saputo farlo in modo efficace. Sebbene la moneta unica abbia rappresentato un passo cruciale nel processo di integrazione europea, l’Unione economica e monetaria rimane una costruzione incompiuta. Chi ne ha disegnato l’architettura ne era consapevole, richiedeva e confidava in progressi successivi.
(estratto dalle Considerazioni di Visco; qui la versione integrale)
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GLI ESTRATTI DALLE CONSIDERAZIONI FINALI DI IGNAZIO VISCO:
CARE BANCHE, SIETE TROPPO LENTE NEL FINTECH
CRESCITA BASSA IN ITALIA? COLPA DEI GOVERNI