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Inflazione Stati Uniti

Inflazione in Usa ai livelli di 10 anni fa, quanto durerà?

L'analisi a cura di Richard Flax, Chief Investment Officer Moneyfarm

Negli ultimi mesi, tutti – consumatori e investitori – ci siamo accorti dell’aumento dei prezzi di beni e servizi. I recenti rapporti sull’inflazione, in particolare negli Stati Uniti, raccontano di una impennata dell’inflazione piuttosto marcata. Questo riflette ciò di cui molti consumatori si erano già accorti mentre facevano la spesa: i prezzi sono aumentati. Il grafico qui di seguito mostra che l’inflazione annua degli Stati Uniti è tornata ai livelli di 10 anni fa.

Quando si pensa ai fattori che determinano l’inflazione il modo più semplice è considerare la dinamica della domanda e dell’offerta, se i beni sono più scarsi o più richiesti i prezzi salgono, se un prodotto è più abbondante o più richiesto costerà di meno.

Durante la pandemia, abbiamo assistito per molte categorie di beni a veri e propri shock dell’offerta: aziende che improvvisamente chiudevano o tagliavano i costi, ampie fasce della popolazione (e quindi forza lavoro) in isolamento. E abbiamo assistito anche a shock della domanda, sia in positivo sia in negativo: non è stato un buon periodo per le compagnie aeree, ma chi vendeva disinfettanti per le mani ha visto il proprio prodotto andare a ruba.

Il grafico mostra l’indice delle vendite al dettaglio negli Stati Uniti e ci racconta la rapidità con cui la spesa negli Stati Uniti si è ripresa, per poi addirittura aumentare dopo i primi giorni della pandemia.

Questi scossoni della domanda e dell’offerta sono sicuramente alla base dell’aumento dei prezzi. Sebbene le persone non si muovano ancora così tanto, per le merci è vero proprio il contrario. Tutti i beni che le persone hanno deciso di acquistare durante il lockdown, come le cyclette e le scarpe da corsa, hanno esercitato una certa pressione sulle catene di approvvigionamento globali.

Il grafico sottostante mostra il costo di spedizione di un container attraverso alcune delle rotte marittime più comuni. Questo costo è aumentato parecchio negli ultimi 6 mesi e i consumatori ne avranno notato l’impatto sul prezzo finale dei beni che hanno acquistato.

Ora che l’economia si avvia verso una graduale normalizzazione, la domanda che tutti si fanno è se gli squilibri della domanda e dell’offerta sono destinati gradualmente a rientrare, così come la pressione sulle catene di approvvigionamento.

In circostanze normali un aumento delle attività dovrebbe portare l’industria della logistica a riorganizzarsi per far fronte a una maggiore domanda, e questo sembra che stia effettivamente avvenendo. Secondo IHS Markit, oggi i nuovi ordini di navi portacontainer sono ai massimi da cinque anni (nell’ultimo periodo erano stati piuttosto limitati, così come anche prima della pandemia) ma molto probabilmente sarà solo nel 2024 che vedremo davvero i risultati di questa riorganizzazione.

Il cambiamento repentino delle dinamiche di domanda e offerta sta creando dei colli di bottiglia nell’economia globale, che si traducono in prezzi maggiori per il consumatore finale. Ci aspettiamo naturalmente che alcuni colli di bottiglia si sblocchino man mano che riapre l’economia globale. Dopotutto, il numero di cyclette o monopattini elettrici da acquistare è di per sé limitato. Ma ci vorrà del tempo per aumentare considerevolmente la capacità di produzione.

La storia è simile per quanto riguarda le materie prime. Il prezzo del rame, ad esempio, è aumentato drasticamente (come si può vedere nel grafico sotto), in parte sulle aspettative che sarà tra le materie prime a beneficiare maggiormente dell’aumento dell’elettrificazione del settore automobilistico. Ironicamente si costruiscono nuove miniere per un prodotto che dovrebbe fornire una risposta riguardo alle crescenti preoccupazioni ambientali.

Ma la costruzione di una nuova miniera di rame richiede in genere molto più tempo della costruzione di una nave portacontainer. Quindi una risposta dell’offerta potrebbe richiedere diversi anni: di qui l’aumento del prezzo.

C’è infine un altro esempio: il mercato del lavoro. Anche in questo caso, l’esperienza statunitense è paradigmatica. Il grafico qui sotto mostra il numero di offerte di lavoro e la percentuale di datori di lavoro che hanno difficoltà ad assumere. Dai dati emerge un ambiente molto positivo per i lavoratori: molte opportunità e datori che affermano di non riuscire a trovare personale. I proprietari di piccole imprese hanno fatto anche notare che grandi imprese come Walmart e Amazon stanno aumentando i loro salari orari per trovare più personale.

Nel Regno Unito si registra una situazione analoga nella ristorazione, dove i datori di lavoro hanno difficoltà a trovare personale di servizio.

Nel grafico sotto si può notare che il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è aumentato notevolmente l’anno scorso durante il blocco e da allora è diminuito, ma rimane ben al di sopra dei livelli che abbiamo visto prima della pandemia.

Qualcosa non quadra: il tasso di disoccupazione è ancora alto, ma i datori di lavoro devono aumentare gli stipendi per trovare lavoro. È possibile che le persone, nelle regioni in cui esiste ancora un sostegno al reddito da pandemia, abbiano deciso di aspettare fino alla fine prima di cercare lavoro. Se questa ipotesi è corretta, potremmo vedere più persone in cerca di lavoro dopo l’estate.

Quindi, quando pensiamo all’inflazione, all’offerta e alla domanda, ci sono elementi differenti da considerare. C’è il mercato del lavoro, in cui ci aspettiamo di vedere più persone cercare occupazione dopo l’estate, c’è la questione dei container, dove ci aspettiamo di vedere nel breve termine i benefici di una certa normalizzazione, ma dove dovremo attendere almeno uno o due anni prima di vedere un aumento consistente della capacità di produzione. E da ultimo il rame, se la cui domanda resta alta dovremo attendere del tempo prima che l’offerta la soddisfi.

Ci sono insomma molte variabili da considerare quando pensiamo all’inflazione, ma questi esempi suggeriscono che parte dell’inflazione che abbiamo visto sarà probabilmente transitoria anche se potrebbe volerci del tempo prima di tornare a dove eravamo pre-pandemia.

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