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Sanzioni Russia

Eni, Intesa Sanpaolo, Unicredit. Ecco l’impatto delle sanzioni anti Russia per l’Italia

Giorgetti lancia l'allarme: per effetto delle sanzioni alla Russia, molte imprese italiane rischiano la chiusura delle attività. Ecco le contromisure studiate dal governo e le mosse delle grandi aziende come Eni, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Generali, Leonardo e non solo

 

“Alcune filiere già denunciano una situazione di gravissima sofferenza al punto che le relative imprese rischiano di dover molto presto cessare l’attività”. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti nell’informativa che è stata presentata al Consiglio dei ministri ieri sulle sanzioni alla Russia per l’invasione dell’Ucraina.

PROBLEMI DI APPROVVIGIONAMENTO PER LE SANZIONI ALLA RUSSIA

Nel documento – come riporta Il Sole 24 Ore – si parla di “gravi rischi sia relativamente agli approvvigionamenti di materie prime e semilavorati sia con riferimento al rallentamento degli scambi commerciali”.

L’Italia importa dalla Russia soprattutto prodotti minerari, petroliferi e metallurgici (ad esempio ferro, ghisa e acciaio). Vi esporta principalmente macchinari, abbigliamento, apparecchi elettronici e prodotti chimico-farmaceutici.

Come spiega il quotidiano, le sanzioni bloccano le esportazioni a uso duale, sia civile che militare, di alcuni prodotti per la prospezione petrolifera e la raffinazione del greggio. L’export italiano verso la Russia vale circa 8 miliardi di euro; si stima che i beni colpiti direttamente dalle sanzioni ammontino a 320 milioni.

Dal lato dell’import, le filiere italiane più colpite sono quelle della ceramica e della siderurgia, che stanno riscontrando difficoltà di approvvigionamento di argilla e materiali ferrosi. Ci sono problemi anche per le forniture di rame, che – assieme all’alluminio – vale il 3,2 per cento del valore totale delle importazioni dalla Russia.

COSA FA IL GOVERNO PER TAMPONARE LE SANZIONI ALLA RUSSIA

Per sostenere i settori più colpiti dalla crisi delle materie prime e dei semilavorati, il governo sta prendendo in considerazione un plafond dal valore compreso tra i 600 milioni e 1 miliardo. O anche l’introduzione di un divieto di esportazione di prodotti strategici come i rottami ferrosi, applicando dazi. In ultimo, si sta lavorando alla ricerca di fornitori alternativi sia alla Russia che all’Ucraina, e all’istituzione di stoccaggi di materiali strategici per le industrie (non solo il gas).

COORDINAMENTO TRA I MINISTERI

Oltre al ministero dello Sviluppo economico, anche il ministero degli Esteri (che ha competenza sul commercio internazionale) ha istituito un lavoro di lavoro dedicato ai problemi riscontrati dalle imprese.

Sulle materie prime agricole come i cereali, di cui sia la Russia che l’Ucraina sono importanti produttori, il ministero delle Politiche agricole di Stefano Patuanelli ha presentato un’informativa al Consiglio dei ministri con alcune proposte: gli incentivi per la rinegoziazione e la ristrutturazione del debito bancario delle aziende più colpite, ad esempio, oppure la sospensione degli oneri previdenziali a carico dei datori di lavoro.

COSA DICE LEONARDO SULLA RUSSIA

La società di difesa e aerospazio Leonardo ha fatto sapere di non essere “esposta in maniera significativa” verso la Russia e l’Ucraina: il portafoglio degli ordini verso la prima ammonta a 25 milioni circa, mentre verso la seconda a 8 milioni.

“L’esposizione patrimoniale netta nei confronti di operatori direttamente coinvolti dal regime sanzionatorio verso la Russia”, ha detto Leonardo, “è di circa 30 milioni”. Ieri le sue azioni sono salite dell’1,49 per cento a 8,18 euro.

L’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, ha dichiarato che il gruppo sta “monitorando” la situazione in Russia e che è allineato “alle politiche del governo”.

“Abbiamo una attività minore di elicotteri civili che è stata sospesa in queste circostanze”, ha precisato.

COSA DICE UNICREDIT

Secondo uno studio di Credit Suisse, UniCredit è la banca italiana più esposta verso la Russia, nonché terza a livello europeo dopo Raiffeisen Bank International e Société générale.

Nonostante la guerra in Ucraina  e le sanzioni internazionali a Mosca, l’istituto ha confermato il dividendo agli azionisti di 1,2 miliardi e anche il riacquisto di azioni fino a 2,58 miliardi. L’esposizione in Russia vale l’1,3 per cento delle attività complessive di UniCredit.

Come comunicato dalla banca, “UniCredit Bank Russia ha una posizione creditoria autofinanziata di 7,8 miliardi di euro a fine 2021, RWA di 9,4 miliardi di euro e un patrimonio netto di 2,5 miliardi di euro. Al netto delle coperture sui cambi, la nostra esposizione diretta a UniCredit Bank Russia si riduce a circa 1,9 miliardi di euro”.

“Le controparti impattate dalle sanzioni”, ha aggiunto, “rappresentano meno del 5% della esposizione cross border complessiva”.

Qui l’approfondimento di Startmag sull’esposizione di UniCredit alla Russia.

COSA DICONO E FANNO INTESA SANPAOLO, GENERALI ED ENI

In maniera non troppo diversa da UniCredit, anche Intesa Sanpaolo, che gestisce da sola oltre a metà delle relazioni commerciali tra la Russia e l’Italia, non ha mostrato ripensamenti sulle sue attività in Russia. Possiede nel paese asset per 1 miliardo di euro.

La compagnia assicurativa Assicurazioni Generali ha annunciato venerdì 4 marzo la chiusura del suo ufficio a Mosca e l’uscita dal consiglio di Ingosstrakh, una delle principali società di assicurazione del paese, di cui possiede una quota di minoranza del 38,5 per cento.

Eni, invece, ha fatto sapere di voler vendere la sua quota nella joint venture paritaria con la società gasifera statale russa Gazprom sul gasdotto Blue Stream, che trasporta combustibile dalla Russia alla Turchia.

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