La Francia è stato il Paese membro dell’Unione europea che più ha spinto per l’innalzamento di barriere commerciali contro le auto elettriche cinesi e, tra le altre misure anti-dumping con cui Pechino ha risposto, c’è l’imposizione di dazi al cognac.
Un duro colpo per il produttore Hennessy, che fa parte dell’impero del lusso Lvmh. Per aggirare il problema, avrebbe quindi pensato di cambiare le strategie di esportazione, facendo imbottigliare in Cina i suoi prodotti, ma i lavoratori francesi non hanno apprezzato.
LE MISURE ANTI-DUMPING DELLA CINA
Dall’11 ottobre la Cina richiede agli importatori di brandy europei, di cui il cognac rappresenta il 95% del totale, di depositare una cauzione o una garanzia bancaria presso le dogane cinesi, nell’ambito di un’indagine anti-dumping.
Per i produttori francesi è una bella grana perché la Cina rappresenta il secondo mercato più grande al mondo per il loro cognac, dopo gli Stati Uniti, ed è quello che garantisce i maggiori profitti anche se ultimamente le vendite sono in calo a causa del deterioramento delle condizioni economiche.
Le minacce di sovrattasse sui brandy europei venduti in Cina riguardano attualmente solo quelli esportati in contenitori da meno di 200 litri. “Hennessy – scrive Sud Ouest – sarebbe l’azienda più colpita, con una sovrattassa del 39% (contro il 38,1% di Rémy Martin, il 30,6% di Martell e il 34,8%, in media, delle aziende che hanno risposto all’indagine anti-dumping aperta il 5 gennaio 2024 a Pechino)”.
IL PIANO DI HENNESSY
Hennessy quindi, per non incorrere in sovrattasse, sembrerebbe voler delocalizzare parte del processo di produzione. Contattata dall’AFP ha dichiarato di “negare formalmente qualsiasi piano di trasferimento della produzione dal comune di Cognac” e ha aggiunto che “il test riguarderebbe solo il servizio di imbottigliamento, che potrebbe essere temporaneamente affidato a un fornitore di servizi con sede in Cina, in base ai risultati degli studi che verranno effettuati”.
Per il momento, quindi, assicura che “non è stato deciso nulla” e che “l’obiettivo dell’azienda è quello di lottare su tutti i fronti per trovare soluzioni che tutelino i suoi interessi e quelli dell’intero ecosistema di Cognac”.
Secondo i sindacati, il primo test di esportazione entro la fine del 2024 misurerà se il prodotto rimane “qualitativo” dopo il trasporto.
LO SCIOPERO DEI DIPENDENTI
In risposta alle intenzioni di Hennessy, ieri circa 500-600 dipendenti hanno scioperato nella regione della Charente, patria del cognac, nel sud-ovest della Francia.
“La direzione ci ha detto di voler fare dei test sull’esportazione dei prodotti in tini in vista di un futuro imbottigliamento in Cina da parte di un fornitore di servizi” anziché in Francia, ha dichiarato all’AFP Frédéric Merceron, rappresentante della FO presso Hennessy. “Possiamo ben immaginare l’impatto sull’occupazione”, ha aggiunto, descrivendo la notizia come una ‘doccia fredda’.
Il solo impianto del comune di Cognac conta 1.100 dipendenti con contratto a tempo indeterminato.
“Il calo dei volumi spediti in Cina non può giustificare questo progetto, viste le conseguenze potenzialmente disastrose a lungo termine. Migliaia di posti di lavoro saranno a rischio domani, non solo nella nostra azienda ma in tutta l’industria locale – vetreria, cartone, tappatura, etichettatura, ecc.”, hanno detto Matthieu Devers del sindacato CGT e segretario del Consiglio sociale ed economico dell’azienda, e il suo collega Bertrand Bruand.
Al picchetto erano presenti anche delegazioni di dipendenti di altre aziende quali Martell, Rémy Martin e Courvoisier e della vetreria Verallia.
LA “BENEDIZIONE” DELL’ENTE COMMERCIALE DEL COGNAC
Il Bureau national interprofessionnel du cognac (Bnic) non ha voluto “commentare le strategie individuali delle aziende”, ma in un comunicato ha affermato che “tuttavia, va notato che in attesa di una soluzione negoziata, e di fronte al deterioramento osservato, alcune aziende potrebbero essere costrette a esplorare tutte le strade che consentirebbero loro di mantenere la presenza della denominazione sul mercato cinese”.